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Meno quattro alla fine, che pare un respiro trattenuto prima del tuffo decisivo. Il campionato non rallenta. Tutt’altro: si contrae, si tende, vibra. Scosse improvvise. A ogni giornata ritroviamo di fatto una sentenza potenziale, a ogni campo adesso è destinata una piccola finale.

La 34ª ha avuto il sapore delle grandi imprese (vedi San Siro) e delle resurrezioni intime, dei gol pesanti come pietre e delle emozioni che non chiedono permesso. Soprattutto per la corsa Champions, tutta da vivere, e fino alla fine.

Ecco gli undici della giornata numero 34.

SKORUPSKI (Bologna)

Non è solo un muro, è il pensiero che ferma il tempo. A Udine salva il Bologna almeno tre volte, con un finale da batticuore in cui respinge anche i dubbi. Payero, Lovric e gli altri lo trovano sempre lì, puntuale come il suono dell’ultima campanella. Il punto conquistato ha il suo sigillo, anche se sembra un’occasione persa.

DI LORENZO (Napoli)

È capitano e molto di più. Interpreta ogni zona del campo con l’intelligenza di chi sente il peso della maglia e lo trasforma in forza. Consegna ad Anguissa la chiave per aprire la partita contro il Torino, e da lì il Napoli prende il volo. Per la quarta volta verso il tricolore? Se sì, lui ci sarà in prima fila.

PALOMINO (Cagliari)

Contro il Verona è ruvido, attento, determinato. Se il Cagliari prende fiato nella lotta salvezza è anche per il suo modo di proteggere l’area con lo sguardo e il corpo. Nessuna scenografia, solo concretezza. E in certe partite, basta questo per essere un gigante.

GASPAR (Lecce)

La sorpresa più grande, e con ogni probabilità. Una partita da guerriero antico. Contro l’Atalanta gioca come se dovesse difendere non solo una porta, ma una città, col cuore naturalmente pieno di tutto. E’ ovunque, con il fisico e la mente. Una serata irreale a Bergamo, ma se il Lecce ne esce alla grande è anche grazie a lui.

NDICKA (Roma)

San Siro non fa paura e la sua partita è un graditissimo regalo a tutti i tifosi giallorossi. Ndicka si prende la scena accanto a Mancini e annulla ogni velleità nerazzurra. Prestazione matura, feroce, fondamentale. La Roma sogna la Champions, e lui si erge da protagonista.

MANDRAGORA (Fiorentina)

Un gol così non è solo un gesto tecnico. Un lampo, sembra scultura ma è nell’aria. Rovesciata contro l’Empoli, in un derby che si accende anche grazie alla sua visione, al suo tempismo, alla sua poesia. E’ nel momento migliore della carriera, e si vede.

MCTOMINAY (Napoli)

Ha il passo di chi non teme la responsabilità. Ancora in gol, ancora decisivo. Undici reti stagionali, come un attaccante. Ma lui è centrocampista e cuore pulsante di un Napoli che guarda tutti dall’alto. In tre settimane ha cambiato la traiettoria di una stagione. Ora è leggenda in divenire.

ONDREJKA (Parma)

Due gol che sembrano quadri. Il primo è eleganza pura, lo stop e tiro in apertura. Il secondo è un missile che trafigge Mandas e scuote la partita. Parma esce da una battaglia pirotecnica con la Lazio con il suo talento svedese sempre più al centro della scena.

PEDRO (Lazio)

In sei minuti trasforma una serata storta in un inno alla reazione. Ribalta il Parma con classe e cinismo. Non sente il tempo, gioca come un ragazzino ma con l’esperienza di chi ha vinto ovunque. L’anima non si spegne, Baroni poteva e doveva aggrapparsi a lui.

SOULE (Roma)

Se la Roma sogna, è anche per colpa – cioè merito – suo. A San Siro, Soulé segna il gol che ribalta l’Inter e ridisegna la lotta Scudetto. Una freccia nell’anima, già martoriata, nerazzurra, un lampo che non chiede scusa, anzi scuote. Il suo talento è in piena fioritura, il mondo lo guarda.

PAVOLETTI (Cagliari)

L’uomo delle missioni difficili. A Verona sblocca la partita con la solita fame da centravanti d’altri tempi. Cinico, determinato, essenziale. Non ha bisogno di tanti palloni per fare male. A questo Cagliari serve come l’aria.