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I vichinghi narravano del Ragnarok, il profetizzato Crepuscolo degli Dei in cui Odino e tutti gli aesir sono destinati a soccombere contro le forze dell’oscurità. Gli antichi greci raccontavano la Titanomachia, in cui Zeus e gli dei dell’Olimpo sconfissero e soppiantarono le divinità precedenti, i Titani.

La Serie A ha invece registrato una domenica in cui Juventus, Milan, Inter e Roma sono state tutte sconfitte nell’arco di poche ore. Sconfitte molto diverse le une dalle altre e di peso decisamente diverso, ma che restituiscono una classifica sorprendente, dove l’Atalanta affianca il Napoli in vetta alla classifica e l’Udinese insegue ad una sola lunghezza.

Ma se per il Milan la sconfitta con il Napoli è una battuta d’arresto facilmente superabile, Inter e Juventus sembrano sprofondare in una crisi nera e la Roma evidenzia problemi da non sottovalutare.

Juventus: la situazione è disarmante

Senza dubbio la crisi più grave è quella che attanaglia la Juventus: la squadra di Allegri non ha mai espresso un gioco particolarmente elaborato, ma quest’anno ha perso quella solidità che le permetteva di controllare le partite e vincerle “di corto muso“.

Si potrebbe pensare che l’infortunio del portiere titolare Szczesny abbia minato le certezze delle retrovie bianconere, ma in realtà il sostituto Perin è il meno responsabile di tutta la rosa. Dal capitano della Nazionale Bonucci all’esordiente in Serie A Gatti tutti stanno deludendo, e nonostante in numeri assoluti i gol incassati non siano poi così tanti, la sensazione di permeabilità della difesa bianconera è forse la prima cosa che mina le certezze della squadra di Allegri.

Ma più si sale ad analizzare la squadra, più la situazione peggiora: il centrocampo è sterile, incapace di creare gioco e di verticalizzare. Quando va bene la palla gira solo in orizzontale cercando una possibile salita dalle fasce, più spesso si gioca all’indietro, cercando una fantomatica costruzione dal basso che è francamente impossibile se davanti ai difensori non c’è alcun movimento.

Ed ecco quindi arrivare anche ai problemi di un attacco dove Vlahovic riesce a segnare solo da fermo, uniche situazioni in cui ha la possibilità di calciare in maniera pulita il pallone. Le note meno buie sono arrivate da Milik, giocatore arrivato all’ultimo momento e bollato come insoddisfacente ripiego dai tifosi dopo il tramonto della trattativa per Depay, unico giocatore che riesce a crearsi da solo le occasioni da rete.

I grandi investimenti estivi si sono rivelati nel migliore dei casi non incisivi, tra un Bremer che giocando in una linea così bassa non è il dominatore visto con il Torino ma solo uno stopper troppo falloso e un Kostic che fa sì tanti chilometri ma appare troppo isolato sulla fascia, se non dannosi, come un Di Maria che condensa tutta la frustrazione bianconera in un gesto inconsulto che gli costerà 2-3 giornate di squalifica.

Il tutto senza parlare del fantasma di Pogba che è totalmente assente dalle pagine sportive e citato solo nelle cronache giudiziarie, al momento.

Allegri ha dichiarato che la Juventus non era stata pensata così, ma viene da chiedersi se ci sia stato effettivamente un pensiero dietro. I giocatori che sono arrivati non sembrano essere stati individuati secondo una precisa idea tattica o di gioco, ma solo perché erano quelli di un certo nome e di un certo livello che erano disponibili sul mercato in quel momento.

Altre squadre hanno scandagliato il mercato andando a comprare giocatori meno conosciuti ma funzionali al gioco dei propri allenatori, talvolta azzeccando grandi colpi ma comunque aggiungendo pedine funzionali alla propria rosa. Qui c’è da chiedersi se effettivamente ci siano delle idee di gioco da parte di Allegri.

Inter: il problema è il carattere

Per quanto riguarda l’Inter, i problemi si erano già notati durante il precampionato e dopo la prima giornata: la squadra è pervasa da un nervosismo difficilmente spiegabile, a partire dal suo allenatore.

Nonostante lo scudetto perso in maniera rocambolesca, la stagione passata è stata sicuramente positiva per l’Inter: Coppa Italia e Supercoppa in bacheca, un gioco convincente e fruttuoso, molti giocatori cresciuti e responsabilizzati.

Nonostante le ormai note difficoltà economiche, i nerazzurri sono riusciti poi a compiere una discreta campagna di rafforzamento, tra il ritorno di Lukaku e nomi per ampliare le rotazioni come Mkhitaryan, Bellanova e Asllani. Inzaghi è stato anche accontentato in extremis con un suo uomo di fiducia come Acerbi in difesa. Se ne è andato Perisic e finora Gosens non è sembrato l’uomo in grado di sostituirlo adeguatamente, ma la perdita del solo croato non basta a giustificare l’involuzione nerazzurra, soprattutto dal punto di vista caratteriale.

Quello che appare evidente è la fragilità psicologica della squadra nerazzurra: nervosismo, frenesia, insofferenza agli errori dei compagni emergono ogni volta che la squadra inizia a subire le iniziative avversarie. Laddove un tempo i nerazzurri erano in grado di compattarsi e riorganizzarsi, oggi si sfilacciano e perdono la bussola.

Ora Inzaghi è sotto accusa per i cambi effettuati alla mezzora, scelta sicuramente estrema che destabilizza la squadra. C’è anche da dire però che per quanto si stava vedendo in campo l’impressione era che Bastoni era veramente ad altissimo rischio di espulsione. Il declino del centrale azzurro è paradigmatico dei problemi di tutta la squadra, in particolare del reparto difensivo in cui si include anche Brozovic, normalmente il primo schermo delle retrovie il cui apporto alla squadra quest’anno è ridicolo, se confrontato a quello degli anni scorsi.

I problemi sembrano meno gravi di quelli della Juventus, anche se simili. La squadra nerazzurra riesce però a fare gioco, a costruire azioni, ma paradossalmente la situazione di Inzaghi è più delicata di quella di Allegri. La rosa dell’Inter sembra decisamente più completa e profonda di quella della Juventus, o quantomeno assemblata con maggiore costrutto, per cui gli effetti benefici che un cambio di guida tecnica potrebbe avere in termini di atteggiamento potrebbero essere più tangibili per i nerazzurri (oltre che economicamente più sostenibili).

Mourinho: parole condivisibili devono essere accompagnate dai fatti

La Roma ha perso, probabilmente immeritatamente, una partita importantissima contro un’Atalanta cinica e irriconoscibile che ha conquistato la vetta della classifica. Appena prima del fischio d’inizio José Mourinho ha perso il suo miglior giocatore, Paulo Dybala, per un problema muscolare.

La situazione all’Olimpico era quindi sicuramente tesa, e una discutibilissima decisione arbitrale che non ha assegnato un rigore abbastanza netto per un fallo su Zaniolo dopo che quest’ultimo aveva resistito ad una trattenuta irregolare di Demiral rimanendo in piedi e cercando comunque di proseguire l’azione ha sicuramente esacerbato gli animi.

La vergognosa reazione dell’allenatore portoghese in seguito non è però perdonabile. In una situazione di gioco sicuramente concitata si sono assommati un possibile nuovo fallo da rigore su Zaniolo (fallo in realtà iniziato fuori area) e una “furbata” di Hateboer che ha cercato di rimettere la palla in gioco velocemente in maniera da far fischiare l’irregolarità e perdere tempo in un momento in cui la Roma stava spingendo.

Mourinho è esploso, facendo irruzione in campo con fare a dir poco minaccioso, trattenuto a stento e quindi inevitabilmente espulso, in un frangente in cui una reazione del genere è sembrata francamente esagerata.

Le parole nel dopo partita del tecnico sono completamente condivisibili quando dice che, in quanto allenatore, lui insegna ai suoi giocatori a non buttarsi, ma questo non può tramutarsi in uno svantaggio per cui se un giocatore non si butta non gli viene assegnato un rigore. 

Ma per quanto poi dica di non aver problemi con l’arbitro o con Hateboer, la sceneggiata fatta in campo resta impressa e non è assolutamente uno spettacolo edificante. Alle belle e argute parole del portoghese deve fare seguito un comportamento all’altezza.

Un allenatore non deve certo essere preso a modello morale (e per questo appaiono ridicole squalifiche per bestemmie come quella arrivata a Baroni del Lecce), ma sul campo da gioco ha la responsabilità di evitare gesti violenti che possono essere letti come una sorta di “invito” da parte di giocatori e tifosi.