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Se chiedete ad Alessandro Del Piero la maglia più strana che abbia mai indossato, lui che ha vissuto soprattutto con la pelle bianconera e azzurra, al limite con un po’ di Padova addosso, vi parlerà di quella volta a Caltanissetta.

Del Nissa, tanto per capirci. E di una Nazionale straordinaria, fortissima, che in quegli anni dominava tutte le categorie giovanili in Europa. Ogni tanto spuntava la Francia, a volte la Germania, eppure l’Italia portava su dei talenti che poi avrebbero determinato le sorti dei Campionati Mondiali.

Ecco, in quel 1994, nel novembre del 1994, l’Under 21 azzurra era guidata da Cesare Maldini. Un maestro formidabile per una squadra pronta a spiccare il volo. Del resto, ha Cannavaro in difesa e Del Piero in attacco, ha Tacchinardi in mezzo e Dionigi come regista avanzato. Tecnicamente avrebbe anche Vieri e Delvecchio, ma sono infortunati. E allora tutto il peso è su quel giovane di ottime speranze che la Juventus ha da poco fatto proprio. E Alex non sbaglia, gara e rigore.

Un passo indietro

Ma perché questa gara è passata alla storia?

“All’Under sta bene il rosso”. Vittorio Zambardino, tra i più grandi giornalisti sportivi dell’ultimo trentennio, aveva raccontato questa partita per Repubblica. E il suo rosso, o meglio “rosso fuoco”, arrivava dalla grande incomprensione che aveva animato i minuti prima di una “normale, decente partita di calcio, diventata farsa grazie all’imprevidenza di tutti i dirigenti, ad un arbitraggio da pazzi, alla concorrenza fra i corpi armati“. Sembrerebbe un gran caos, e infatti fu proprio quello. A partire dalla mezz’ora di ritardo con cui le squadre si sono presentate sul terreno di gioco.

Il gioco delle incomprensioni, comunque, partì proprio dai croati. Al campo di Caltanissetta, la Croazia si era presentata con maglie da gioco bianche e non azzurre, come avevano comunicate. Bianche come quelle dell’Italia, che nel frattempo si era organizzata con la divisa da trasferta.

Dunque, come fare? Per l’arbitro, l’Italia avrebbe potuto giocare a quel punto con le divise azzurre, almeno secondo l’arbitro. Ma nei borsoni c’erano soltanto tute da allenamento. Azzurre, sì. Ma senza alcun numero. Un bel caos, finché a qualcuno non sovvenne un’idea particolare. “Chi gioca da queste parti?”. Il Nissa. Con la divisa rossa fuoco.

Una chiamata veloce al presidente del Nissa, generoso e compiaciuto di quest’assist del destino. Ma il logo non doveva vedersi, non poteva essere mostrato. Altro problema e altra soluzione d’emergenza: i magazzinieri si fiondarono negli spogliatoi e andarono di pennarello, cancellando ‘alla buona’ il logo del Nissa, al quale rimase l’orgoglio di aver vestito l’Italia di Del Piero.

Il caos più totale

Recuperato il materiale dal guardaroba, tutto intorno allo stadio continuò il delirio.

La banda suonava “La società dei Magnaccioni”, la Rai andò in diretta commentando con imbarazzo quanto accaduto e poi il caos dei pennoni. A un certo punto rimase soltanto la bandiera dell’Uefa, niente Italia e niente Croazia. Croazia che protestò: avevano esposto la bandiera sbagliata!

Iniziata la gara, il signor Ansuategui, spagnolo, ci mise tanto del suo: rigore per gli azzurri e gol di Del Piero, al 16′ il pari croato con deviazione di Vugrinec su punizione. Poi i duelli tra Mornar e Cannavaro, e quelli tra gli attaccanti italiani e la porta avversaria. Almeno 5-6 occasioni sprecate, anche per questo Maldini non ebbe più dubbi su Inzaghi, fino a quel momento in panchina (altro lusso pazzesco, di quei tempi).

E mentre Tacchinardi litigava con tutti, provocando due espulsioni – mettiamola così – generose per i biancorossi ma di solo bianco vestiti, Dionigi piazzava il colpo del 2-1. Mettendo fine a una partita così storica, così assurda, così piena di ricordi. Tra una Nazionale fortissima e la genuinità di un errore.

Un paio di cose che non torneranno più, forse.