Ci sono stagioni che segnano epoche, vero. Ma ci sono anche quelle stagioni che sussurrano, con voce gentile, però ferma. Dicono che il futuro è arrivato.
Nella Serie A 2024-25, c’è stato un motivetto interessante: ha rivelato talenti che fino a poco fa erano solo nomi scritti in calce alle liste, a volte solo dei Primavera. Oggi, invece, sono realtà: giovani che hanno saputo prendersi il loro spazio con personalità, visione, coraggio.
Ecco i cinque volti nuovi che più di tutti hanno lasciato il segno in questa stagione: da Forson a Urbanski, passando per Comuzzo, Leoni e Diao. Un pokerissimo di freschezza che promette di cambiare la geografia tecnica del calcio italiano.
OMARI NATHAN FORSON (Monza)
A sorpresa, sì. Perché deve ancora dimostrare, ma lo farà. A Monza è arrivato quasi in punta di piedi, come un ragazzo qualsiasi, e invece Omari Nathan Forson ha dimostrato fin da subito di avere una marcia in più. Classe 2004, scuola Manchester United, inglese con sangue ghanese, ha portato all’ex Brianteo quella scintilla rara fatta di imprevedibilità e pensiero verticale.
Gioca come se disegnasse a mano libera. Trequartista atipico, più cervello che fioretto, ha preso per mano il Monza nei momenti in cui la squadra cercava nuove soluzioni offensive, pur venendo risucchiato nelle difficoltà. L’arsenale: inserimenti chirurgici, assist e gol. Nelle sue difficoltà, Forson è diventato uno dei leader tecnici della squadra di Nesta, comunque retrocessa.
Non è solo il talento a colpire: è il modo con cui affronta ogni partita, ogni duello. Una fiducia che sembra nata in Premier ma maturata sui campi di provincia italiani. E il Monza può ripartire da lui, se vorrà.
KACPER URBANSKI (Bologna)
Nel Bologna delle meraviglie, figlio dell’utopia razionale di Thiago Motta e sublimato poi dal gioco più avvolgente di Italiano, anche i giovani sanno recitare ad alti livelli. Urbanski, polacco del 2004, ha aspettato il suo turno con pazienza e quando è arrivato il momento, ha illuminato.
Che giocatore è? Beh, uno da geometrie e passaggi giusti. Da intuizioni, sì, che sembrano provenire quasi da un’altra epoca. A differenza di altri coetanei, Urbanski infatti non si impone con la forza fisica o la corsa: preferisce dettare i tempi con tocco e intelligenza posizionale. E’ un regista senza clamore, in fondo. E ha lo sguardo sempre rivolto in avanti.
La sua maturità tattica ha sorpreso anche i più scettici. Quando Ferguson è mancato, quando Fabbian ha faticato, è stato lui a portare ordine. E nel gioco verticale di Italiano, Urbanski è diventato un elemento fondamentale. Un giocatore da seguire, con la sensazione che il meglio debba ancora venire.
PIETRO COMUZZO (Fiorentina)
A Firenze è nato, cresciuto, e già diventato grande. Non è una piazza qualsiasi: ogni partita sembra una battaglia, eppure Pietro Comuzzo è emerso con sorprendente serenità. Come fosse inevitabile. Nato nel 2005, difensore centrale cresciuto nel settore giovanile viola, ha conquistato il cuore del Franchi con la calma di un veterano.
Alto, elegante, pulito nelle uscite palla al piede, Comuzzo non è solo un marcatore: lì dietro riesce a trovare il tempo di pensare. Legge il gioco con lucidità, sa quando rompere la linea, quando temporeggiare, quando farsi sentire con un tackle deciso. La sua personalità aveva convinto subito Italiano, che gli ha dato spazio da ragazzino.
In una stagione in cui la Fiorentina ha dovuto reinventarsi più volte dietro, Comuzzo è stato una certezza inattesa. Non c’è fuoco d’artificio nel suo calcio, ma ugualmente conquista.
GIOVANNI LEONI (Parma)
È raro vedere un ragazzo di 18 anni con l’autorità di un veterano. È ancora più raro che lo faccia in un reparto delicato come la difesa centrale. Ma Giovanni Leoni, classe 2006, quasi 2007 perché è fine dicembre, ha rotto tutti gli schemi. Con il Parma lanciato verso la salvezza, prima Pecchia e poi Chivu hanno avuto il coraggio di buttarlo nella mischia, e lui ha risposto con prestazioni che sembrano prese da un altro tempo.
Leoni è fisicamente dominante, ma è il suo senso dell’anticipo e la tranquillità nei momenti critici a stupire davvero. Non ha paura di portare palla, non esita nel marcare attaccanti esperti. E il Tardini, che ha visto crescere campioni come Cannavaro, lo ha già adottato come figlio prediletto.
ANSOUMANA DIAO (Como)
Dulcis in fundo. Il top alla fine. Perché Ansoumana Diao è il più luccicante, in questa lista. L’attaccante del Como non gioca, danza. Ala, senegalese, classe 2005, è l’ultima gemma di un club ambizioso che ha mescolato esperienza e gioventù con coraggio e visione. Diao è la sorpresa evidentemente più luminosa: uno scarto di destro, un’accelerazione fulminea, un cross tagliato come una poesia.
A differenza di molti esterni moderni, Diao non è un clone tattico: è imprevedibile, istintivo, puro. Spesso parte largo, ma ama accentrarsi per cercare il tiro o l’ultimo passaggio. In Serie A ha già fatto impazzire più di un terzino, e con il Como lanciato nella lotta per diventare sempre più grande, è diventato l’arma più forte di Fabregas.
I paragoni si sprecano, ma Diao resta se stesso. Con quel sorriso ingenuo, con la voglia di sorprendere sempre. È il tipo di giocatore che riaccende il bambino dentro ogni tifoso. Quello che ti fa tornare allo stadio solo per vedere cosa si inventerà la prossima volta.