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Mettiamola così: in una realtà parallela, una molto lontana e fisicamente ancora non provata, esiste un Gordon Ramsay, stella del calcio europeo.

In questa qui, però, ci godiamo lo stesso Gordon Ramsey, chef professionista e – diciamolo – anche star televisiva. Tutto questo per dire, spiegare, far capire cosa? Che Ramsay, prima di dilettarsi ai fornelli, sognava soltanto una cosa: correre e sudare, giocare e vincere per i Glasgow Rangers.

Allora perché è diventato uno chef? Probabilmente, non ha avuto poi così tanta scelta. E questa è la storia di un uomo che ha fatto del suo lavoro di riserva una carriera da sogno.

Quella prova con i Rangers

Prima di essere uno chef di fama mondiale, Ramsay voleva giocare a calcio da professionista. È cresciuto in un piccolo villaggio inglese, già famoso perché luogo di nascita di Shakespeare, chiamato Stratford-upon-Avon.

Secondo la sua biografia, Humble Pie, suo padre era un “bevitore donnaiolo” che ha reso la sua infanzia segnata da abusi e abbandono. Ma il giovane Ramsay aveva trovato una via di fuga, e proprio nel calcio.

In un’intervista al Guardian, Ramsay ha spiegato come si è fatto preda innamorata del gioco del calcio: “Mio zio Roland mi ha portato alla mia prima partita a Ibrox, avevo sette anni e sono salito sulle sue spalle. La folla era semplicemente fenomenale. Eravamo in piedi vicino alle terrazze e ricordo che ero un po’ nervoso e molto spaventato. Come si muoveva qualcuno sugli spalti, tutti poi erano tenuti a farlo. Non era sicurissimo“.

La partita era contro gli Hearts, dunque un vero e proprio derby di Scozia, una partita che si tramanda di generazione in generazione. “Era stata una partita sporca, ma davvero sporca! E i Rangers hanno vinto 1-0. Quelle partite saranno sempre sporche, anche nel prossimo secolo, perché è solo un legame di sangue. E mi è piaciuto molto“.

All’età di 12 anni, ha giocato per il Warwickshire, e quando aveva 15 anni, i Glasgow Rangers lo avevano già messo nel mirino. Ha avuto una prova con la squadra e si è allenato con loro per alcuni mesi, ma un infortunio al ginocchio ha messo fine prematuramente ai suoi sogni calcistici.

Un brutto infortunio, poi la cucina

Anche ora, da adulto, Ramsay è orgoglioso del suo passato calcistico e lo ha menzionato più volte durante le sue apparizioni televisive. Ma il suo ricordo potrebbe essere andato un po’ oltre ciò che è realmente accaduto. Sì, esiste anche una critica controversa: dopo la pubblicazione della sua biografia, Ramsay è stato accusato di aver esagerato nel raccontare la sua esperienza nei Rangers.

Un portavoce dei Rangers ha infatti confermato che è stato certamente selezionato per una serie di allenamenti, ma non aveva mai giocato alcuna partita con loro, come invece viene raccontato nel libro. Dopo aver rivisti le imprecisioni, Ramsay ha minimizzato sostenendo che i dettagli esatti, di quel tempo e di quella squadra, chiaramente sono diventati più confusi. Del resto, erano passati così tanti anni dalla sua adolescenza…

Comunque, dopo l’infortunio al ginocchio, Ramsay è stato costretto a ripensare al suo futuro. Alla fine è tornato a scuola e si è laureato in gestione alberghiera. Nel secondo libro di Gordon – intitolato Roasting in Hell’s Kitchen: tantrums, F-words and the pursuit of perfection – viene svelata la decisione di entrare nella ristorazione all’università. Per lui fu “un incidente, un incidente totale”.

Può essere stato un incidente, ma la scelta ha funzionato bene. Ha finito infatti per studiare sotto alcuni dei migliori chef e professionisti del cibo nell’intero mondo, tra cui Albert Roux, Marco Pierre White e Guy Savoy.

Facendosi strada, Ramsay è diventato capo cuoco e poi ha aperto i suoi ristoranti, facendosi un nome nel settore. Quando gli è stato offerto un programma televisivo, la sua carriera è decollata ed è diventato il famoso chef che conosciamo oggi.

Se però Ramsay non si fosse mai infortunato al ginocchio, sarebbe rimasto nel calcio o avrebbe trovato la sua strada nella cucina e nella gestione dei ristoranti? Per Gordon, nessun dubbio: avrebbe continuato a fare il calciatore.

Ecco le sue parole al Guardian: “Cambierei quello che ho raggiunto come cuoco se potessi avere lo stesso successo di un calciatore, sicuramente. Perché è una grande sensazione quando aspetti quel lancio, quando hai il pallone tra i piedi. E non me ne frega niente di quello che dicono gli altri, c’è un tremendo, tremendo impeto“. Con un impeto di onestà, poi Ramsay si è definito “non un gran calciatore”, ma “un grande chef sì”, certo che sa di esserlo.