Vai al contenuto

In moltissimi sport di squadra il fattore campo viene preso in considerazione come elemento in grado di influenzare il risultato.

Il dibattito su quanto questa affermazione sia vera, e in quale misura, è sempre molto vivo e anni di studi e comparazioni non hanno mai portato ad una parola definitiva sull’argomento.

Se ci focalizziamo sul calcio, e in particolare sul campionato italiano, possiamo analizzare i numeri per cercare di trarre delle conclusioni e da lì analizzare quanto effettivamente conti il fattore campo e da cosa può essere influenzato.

Prendiamo ad esempio l’ultima stagione, 2020-2021 e mettiamola a confronto con il campionato di 60 anni prima, la Serie A 1960-1961: l’anno scorso il campionato (380 partite) si è chiuso con 156 vittorie interne (il 41,05%) e 128 vittorie esterne (il 33,68%); nel 1961 la stagione si è archiviata con 168 vittorie casalinghe (54,90%) e 55 vittorie delle squadre ospiti (17,97%) su un totale di 306 match.

Appare evidente come l’importanza del fattore campo sia enormemente minore al giorno d’oggi rispetto ad un tempo.

Possiamo cercare di estrapolare una tendenza guardando a come queste percentuali siano cambiate di decennio in decennio, cercando così di trovare una visione d’insieme evitando di essere distratti da campionati che presentano dei risultati eccezionali.

Come è cambiata l’influenza del fattore campo nei decenni

DECENNIOVITTORIE
INTERNE
%VITTORIE
ESTERNE
%TOTALE PARTITE
GIOCATE
1960-1970137347.93%57620.13%2862
1970-1980104243.42%43117.96%2400
1980-1990115145.46%43417.14%2532
1990-2000147748.27%63220.65%3060
2000-2010162646.40%86524.69%3504
2010-2020170944.97%112629.63%3800
Vittorie esterne ed interne in Serie A per decennio. Dati Opta

Fino agli anni ‘80 notiamo come il fattore campo sia un fattore decisamente importante, con più del doppio delle vittorie ottenute in casa rispetto a quelle ottenute in trasferta.

Anche negli anni ‘90 la tendenza è la stessa, anche se aumentano le vittorie in trasferta, a causa della modifica regolamentare che assegna 3 punti, e non più 2, alle vittorie e che quindi spinge le squadre a cercare maggiormente la vittoria piuttosto che il pareggio.

Il divario tra vittorie in casa e vittorie in trasferta diminuisce sensibilmente nei primi anni 2000, con più della metà delle vittorie avvenute fuori casa. Nell’ultimo decennio l’aumento percentuale è stato sostanziale, con 2 vittorie su 5 avvenute in trasferta.

A ben vedere, analizzando i dati per decennio, il calo delle vittorie casalinghe non è stato così marcato dagli anni ‘60 ad oggi, ma quello che stupisce è l’aumento dei successi fuori casa che sono andate ad erodere la quota dei pareggi complessivi.

Quali possono essere i motivi dietro questo cambiamento?

Cosa determina il fattore campo?

Le ragioni per cui il fattore campo ha un tale effetto sulle gare sportive è oggetto di studio da molto tempo, e per quanto nessun motivo sia stato individuato con certezza, sono stati riconosciuti diversi elementi che possono influire sulle prestazioni della squadra casalinga piuttosto che su quelle degli ospiti.

Innanzitutto, la maggioranza del tifo sugli spalti può dare un traino psicologico alla squadra di casa, minando al contempo la concentrazione e l’autostima della squadra ospite.

Allo stesso tempo può aiutare l’abitudine a giocare su un determinato campo, con la sua conformazione del terreno, la sua illuminazione, i suoi spazi (sia reali, date le oscillazioni nelle misure del campo permesse dal regolamento, che percepiti, con spalti più o meno a ridosso che possono “comprimere” la percezione spaziale dei giocatori).

Infine, trasferte più lunghe e sistemazioni più o meno comode possono influire sul riposo e sugli allenamenti dei giocatori, inficiando il loro stato psico-fisico durante la gara.

Cosa è cambiato negli ultimi anni per influenzare il fattore campo

Tra questi fattori, l’unico su cui si può notare un effettivo mutamento negli anni è quello legato al tifo. La diffusione della televisione, con la possibilità di seguire a distanza le partite della propria squadra del cuore, ha causato un calo sensibile dei tifosi che seguono le squadre in trasferta, in particolare quelle meno agevoli.

Di conseguenza i team che contano su una base di tifosi meno ampia soffrono normalmente per una grande differenza tra il supporto che possono ricevere nelle partite in trasferta rispetto alle squadre che possono contare su numeri assoluti ben più ampi e tifoserie più diffuse sul territorio.

Ma non solo: il divario crescente tra i club di livello internazionale rispetto agli altri ha reso molto più semplice per quel ristretto gruppo di squadre che stazionano abitualmente ai primi posti della classifica imporsi sul campo di squadre di livello inferiore.

Torniamo con la mente ai campionati degli anni 80′ quando il livello della serie A era mediamente alto: anche squadre cosiddette “piccole” potevano annoverare nelle loro fila campioni di caratura mondiale (pensiamo all’Udinese di Zico) e queste provinciali erano perfettamente in grado di mettere a ferro e fuoco le grandi quando le ospitavano nel loro campo.

Per le prime della classe – tradizionalmente Milan Juve e Inter – andare a vincere a Bergamo, Parma, Foggia, Udine, Verona era davvero operazione complessa, molto più di quanto avviene ora con formazioni di classifica comparabile.

Se quindi per le squadre di media-bassa classifica il fattore campo è ancora tangibile quando giocano tra di loro, questo svanisce nel momento in cui ospitano le squadre più forti, le quali giocano una sorta di “campionato a parte”.

La quota di vittorie fuori casa quindi aumenta considerevolmente più aumenta il divario tra le prime in classifica e le altre squadre, tendenza che si sta acuendo a partire dalle riforme delle coppe europee e dei diritti TV da metà degli anni ’90.

Questo fattore, unito alla tendenza avviata dalla riforma dei 3 punti a vittoria, che ha di fatto dimezzato i pareggi, ha quindi portato alla crescita sempre più netta delle vittorie esterne.