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Dopo la 12ª giornata la storia di questo campionato di Serie A sembra frutto di un preciso lavoro di sceneggiatura: crollano contemporaneamente Milan e Napoli lasciando la corsa alla vetta alle sole Inter e Juve, in un cliffhanger che lascia i tifosi con il fiato sospeso fino a fine mese.

Siamo infatti proprio alla vigilia di un Derby d’Italia che si giocherà però solo tra due settimane, dopo una pausa dedicata alle nazionali che che altro non fa che aggiungere pathos a quello che si preannuncia come uno degli snodi fondamentali della stagione.

Serie A, 12ª giornata: sono rimaste in ballo solo Inter e Juventus

Napoli sconfitto in casa dall’Empoli ed esonero certo di Rudi Garcia, Milan che pareggia contro il Lecce dopo essere stato in vantaggio di due reti e che oltre ai punti perde anche Leao per infortunio e Giroud per nervosismo (espulso per insulti all’arbitro), Atalanta che pareggia per il rotto della cuffia a Udine e Roma e Lazio che impattano in un derby troppo brutto per una cornice così bella. Solo la Fiorentina fa punti nella parte alta della classifica sconfiggendo un Bologna imbattuto dalla prima giornata.

Alle spalle delle prime due, che distano solo 2 punti, si è già formato un solco: 6 punti tra il secondo e il terzo posto, ben 10 lunghezze tra la vetta e la quarta piazza occupata dal Napoli. Il campionato è ancora lungo, certo, ma ormai sembra che tra il terzo e il nono posto si giochi la partita per i diversi piazzamenti europei, mentre il discorso riguardante il titolo sia appannaggio delle prime due della classe.

Juventus e Inter, al comando con spiriti opposti

Da un lato la Juventus di Allegri, arcigna e compatta, con la testa solo al campionato, una difesa quasi impenetrabile e sempre più decisiva (i due gol arrivati contro il Cagliari sono arrivati da due difensori), con tanta voglia di rivalsa contro tutte le avversità che ha vissuto negli ultimi tempi.

Dall’altra l’Inter di Inzaghi, macchina quasi perfetta per quanto riguarda la gestione delle gare, in grado di vincere in mille maniere diverse, ricca di soluzioni in campo e in panchina, forte di una convinzione derivata dagli ottimi risultati giunti in Europa e nelle coppe nazionali.

Sono le due migliori difese d’Italia, e se i nerazzurri possono anche fare affidamento sul miglior attacco e sulle grandi individualità a disposizione (tra cui il capocannoniere e il miglior assistman del campionato), i bianconeri possono contare su uno stadio che già normalmente è caldissimo e che in occasione della sfida con i nemici storici sarà esplosivo.

Senza contare che due dei giocatori più importanti delle relative squadre, Bremer e Lautaro Martinez, torneranno in gruppo solo giovedì 13 dopo un volo intercontinentale e soprattutto dopo essersi affrontati in un’altra sfida ad altissima tensione, un Brasile-Argentina valido per le qualificazioni mondiali che non è mai una partita come le altre.

Non c’è mai nulla di banale quando Juventus e Inter si sfidano, men che meno quando c’è qualcosa di tangibile in palio. La sfida tra le due squadre si è guadagnata l’appellativo di “Derby d’Italia” nel 1967 grazie al genio di Gianni Brera, che così definì la partita tra le due squadre che non solo all’epoca erano le più titolate del paese, ma che erano guidate da due delle famiglie più importanti del mondo imprenditoriale italiano, gli Agnelli e i Moratti, e che per numero di tifosi sparsi nella penisola raccoglievano l’interesse di tutta la nazione.

Oggi la realtà è molto diversa: la famiglia Agnelli è sempre presente, attraverso la holding olandese Exor, ma la gestione è quella di una società quotata in borsa che deve fare capo a molti azionisti, mentre l’Inter è di proprietà della famiglia cinese Zhang, ma è corteggiata anche dal finlandese Zilliacus.

Quello che non cambia mai è l’acredine tra le due squadre: sia i tifosi della Juve che quelli dell’Inter vivono grandi rivalità con tante squadre, ma ciò che li separa va oltre la semplice rivalità sportiva. Per quanto i derby cittadini contro Torino e Milan siano partite sempre sentitissime, il momento più identitario per entrambi è il Derby d’Italia.

Un Derby d’Italia che è anche il culmine di un percorso per entrambe

Inter e Juventus arrivano a questo scontro seguendo traiettorie opposte, non solo per quanto riguarda questo campionato ma più in generale le ultime stagioni.

La Juventus guarda a questo match come ad una possibile rinascita, dopo la “caduta dal Paradiso” che ha fatto seguito allo straordinario ciclo di 9 scudetti consecutivi.

La volontà di alzare l’asticella e imporsi anche in campo europeo ha portato la società bianconera a fare il passo più lungo della gamba, facendo investimenti a cui non sono seguiti quei successi in Champions League che ci si sarebbe aspettati e soprattutto che hanno reso la situazione insostenibile dal punto di vista economico una volta scoppiata la pandemia, con troppi ingaggi stipulati confidando in incassi derivanti dalle Coppe che non sono mai arrivati e che, con la chiusura degli stadi e i conseguenti mancati incassi, si sono rivelati una zavorra per il bilancio societario.

Gli illeciti commessi in quel periodo hanno poi portato alla penalizzazione della scorsa stagione, che ha costretto i bianconeri fuori dall’Europa e ad un ridimensionamento molto marcato della rosa. Si sono aggiunte poi le squalifiche per doping di Pogba e per scommesse illecite di Fagioli ad accrescere ancor di più la “sindrome da accerchiamento” dei tifosi bianconeri che hanno visto nel giro di poco tempo la squadra che ingaggiava Cristiano Ronaldo e puntava alla supremazia europea crollare miseramente. 

Viceversa, l’Inter è al culmine di un processo di ricostruzione che è stato lento e non sempre regolare, ma che sta ripagando in pieno in questo momento. E forse non è un caso che una delle menti dietro questo percorso sia Beppe Marotta, architetto della Juventus dominatrice del decennio scorso che ha lasciato i bianconeri proprio alla vigilia della svolta dettata dalla smania di grandezza che l’ha portata poi in rovina.

Nonostante l’Inter sia stata una delle società che più di ogni altre, dal punto di vista economico, ha pagato le conseguenze del Covid, sia in termini di mancati incassi che di impatto sulle finanze della proprietà cinese, i nerazzurri sono riusciti a ridimensionarsi dopo il periodo Conte, vincente ma insostenibile finanziariamente, sacrificando giocatori importanti ma riuscendo sempre ad allestire una rosa competitiva e relativamente economica. Grazie alla crescita graduale di giocatori, allenatore e anche della stessa società, l’Inter è arrivata a disputare una finale di Champions League e ad avere una fiducia nei propri mezzi che al momento nessuna squadra italiana può vantare.

Domenica 26 novembre a Torino Juve e Inter non si giocano soltanto la testa della classifica, ma mettono in gioco anche tutto il percorso che le ha portate fino a qui. Sarà una sfida imperdibile.