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Alla fine, non rimane che parlare delle due tifoserie. Lazio vs Roma si è giocata soprattutto (solo?) sugli spalti, dove alla coreografia dei padroni di casa che ha coinvolto tre settori dello stadio (difficoltà altissima di realizzazione) si è in contrapposta quella – con tanto di scenografia – degli ospiti, che hanno ricordato le proprie origini divine. Poi in campo è stata tutto meno che una partita olimpica, nonostante a quel nome si rifaccia lo stadio.

Un tempo a testa

La Roma è partita decisamente meglio, sfruttando la fragilità della fascia sinistra della squadra di Sarri, debilitata dall’assenza di Zaccagni e dal recupero-lampo di Adam Marusic, che ha chiuso la partita a 10’ dalla fine vittima dei crampi. Da quel lato, come detto, sono arrivati i primi due – e forse unici – pericoli per la porta di Ivan Provedel: prima il gol annullato a Cristante per fuorigioco di rientro dopo la parata dell’ex spezzino su tiro ravvicinato di Karsdorp. Poi ancora l’olandese, su affondo di Spinazzola dalla sinistra, ha calciato al volo sopra la traversa da buona posizione.

Quasi scossa dal buon avvio degli ospiti, la Lazio ha cominciato a giocare diventando prima pericolosa ma senza pungere, poi andando vicinissima al bersaglio grosso con Luis Alberto – palo interno clamoroso – e infine divorandosi il gol dell’1-0 sempre con lo spagnolo, dal limite dell’area di rigore, su assist arretrato di Mateo Guendouzi. Il francese è stato il migliore in campo per distacco, ma sullo 0-0 c’è anche la firma di Rui Patricio, decisivo sul finire del primo tempo su colpo di testa ravvicinato di Romagnoli. La Lazio insomma ha avuto tre occasioni nitide, ma non le ha sfruttate. Nella ripresa, qualche rissa contenuta, molti gialli e praticamente nessuna vera occasione da gol. I due portieri non si sono mai dovuti sporcare le mani – il tiro di Vecino da 30m non è un’occasione, di certo – e il pubblico ha giocato la propria partita in assenza di quella in campo.

Due squadre in (parziale) difficoltà

Cosa ci ha detto dunque questo derby? Sintetizzando, che queste due squadre stanno vivendo un momento difficile della propria storia: la Roma di Mourinho, che in Europa va molto forte, punta al traguardo Champions più per nomi in campo che per gioco espresso, ma questo è dibattito noto. Alla fine con Mou sono i risultati che vanno valutati, e al momento la classifica racconta di una Roma a -3 dal quarto posto del Napoli. A -4, in nona posizione, c’è la Lazio di Sarri, che ha avuto senza dubbio il peggior calendario delle ‘sette sorelle’ finora, ma da cui ci si aspetta qualcosa in più in fase realizzativa – anche se la Lazio, con nove, è la squadra insieme al Frosinone ad aver colpito più pali in questa Serie A.

Quantomeno, però, i biancocelesti stanno ritrovando quella solidità difensiva che lo scorso anno è stata autentico fattore: con quello di ieri salgono a tre i derby senza subire gol per la Lazio (quattro solo nel 1996, anno da cui non si ripeteva questo dato). Le due squadre però non pareggiavano 0-0 dal 15 aprile 2018, e la Lazio non rimaneva a secco in attacco per due gare di fila in Serie A da due anni (novembre 2021): stesso destino per la Roma, che non è riuscita a segnare in trasferta per due gare di fila, cosa che non accadeva da due anni.

È evidente insomma come le due squadre, che dietro stanno ritrovando alcuni automatismi – molto bene anche la linea giallorossa, Ndicka su tutti –, debbano crescere ancora molto davanti: Lukaku e Immobile devono essere serviti meglio, e non possono da soli reggere il peso dell’attacco. Da una parte (Dybala) e dall’altra (Zaccagni, o Felipe Anderson) c’è bisogno di qualche gol in più dagli altri dell’attacco, auspicandosi di mantenere sempre questa solidità difensiva: se viene a mancare quella, le due romane faticheranno parecchio ad entrare in Champions League.

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