Vai al contenuto

Alla notizia dell’accoppiamento tra Benfica e Inter ai quarti di finale di Champions League sul profilo Instagram di João Mário Naval da Costa Eduardo, meglio noto come semplicemente Joao Mario, è comparsa la foto del sorteggio con una fila di emoticon della fiamma.

Per il centrocampista portoghese significa affrontare la sua vecchia squadra e tornare a San Siro, di fronte ad un pubblico che sicuramente non lo ricorda con troppo affetto, dato lo sconcertante basso rendimento avuto durante la sua avventura interista.

Ma come mai un centrocampista di spessore internazionale come Joao Mario ha così clamorosamente fallito all’Inter? Cerchiamo di capire cosa sia successo.

L’acquisto esagerato dopo l’Europeo 2016

Joao Mario arriva all’Inter nell’estate 2016, dopo la vittoria del Portogallo all’Europeo in Francia che lo aveva visto un po’ a sorpresa tra i protagonisti. La squadra nerazzurra è appena passata dalle mani di Erik Thohir a quelle del gruppo Suning della famiglia Zhang, e la nuova proprietà vuole subito investire grandi cifre per acquisire i migliori giocatori del panorama mondiale. Ecco quindi che per Joao Mario vengono pagati circa 40 milioni di euro allo Sporting Lisbona, società in cui il giocatore si è formato nei 12 anni precedenti, dopo gli inizi tra le fila del Porto.

L’acquisto di Joao Mario in realtà, così come quello contemporaneo di Gabriel Barbosa per una cifra simile, ha sicuramente denotato l’inesperienza della proprieta cinese nell’ambito del calciomercato: per quanto avesse stupito positivamente all’Europeo, una valutazione del genere era chiaramente esagerata per un giocatore che aveva giocato esclusivamente nel campionato portoghese con qualche apparizione in Europa League e nei preliminari di Champions nei due anni precedenti. Ma la volontà di presentarsi subito come una “potenza” del calcio europeo ha chiaramente avuto la meglio su qualsiasi altra considerazione più prudenziale.

Arrivato quindi a Milano con un “cartellino del prezzo” decisamente ingombrante (secondo acquisto più caro nella storia dell’Inter in quel momento) e che suscita grandi aspettative, viene immediatamente escluso dalla lista UEFA a causa proprio del suo costo così elevato, in un momento in cui l’Inter è sottoposta a limitazioni a causa del Fair Play Finanziario.

Come se non bastasse, a poche settimane dall’inizio del campionato si registrano le dimissioni del tecnico Roberto Mancini, sostituito da Frank de Boer, allenatore emergente ma senza alcuna esperienza del campionato italiano e con decisamente poco tempo per dare la sua impronta alla squadra.

Inizialmente però l’allenatore olandese valorizza al meglio Joao Mario: è sempre titolare nel ciclo positivo in campionato che inizia con la vittoria in rimonta contro il Pescara e culmina con la clamorosa vittoria in casa della Juventus. Ma questo si rivela essere il picco dell’esperienza interista di de Boer, che a causa anche di risultati sconcertanti in campo europeo (dove Joao Mario non può dare il suo contributo) viene esonerato e sostituito con Stefano Pioli.

L’allenatore italiano sposta Joao Mario qualche metro più avanti, in posizione di trequartista alle spalle di Icardi, cosa che gli consente di essere anche più ficcante in zona gol e che gli permette di portare il suo bottino stagione a 3 reti. La squadra però dopo un filotto di 7 vittorie consecutive accusa il colpo dopo le sconfitte contro Juventus e Roma, precipitando in una spirale di prestazioni mediocri e risultati negativi che portano all’esonero di Pioli e ad un 7° posto finale che esclude la squadra anche dalle competizioni europee.

Nonostante i proclami trionfali al suo arrivo, con i giornali che lo incensano come leader della squadra e pronosticano già un futuro da capitano nerazzurro, Joao Mario si dimostra incapace di staccarsi dalla deprimente mediocrità che attanaglia tutta la squadra. Sicuramente i continui cambiamenti di allenatore nella sua prima stagione italiana hanno contribuito alle mille incertezze palesate in campo da Joao Mario e da tanti altri componenti di quell’Inter.

Gli alti e bassi con Spalletti e la parentesi al West Ham

Nella stagione successiva alla guida della squadra nerazzurra arriva Luciano Spalletti. La stagione inizia in maniera positiva per il portoghese ma poi qualche guaio fisico e la folta concorrenza lo costringono sempre più spesso in panchina. Niente di particolarmente grave se non fosse che si parla del secondo giocatore più caro della storia della squadra, e i tifosi iniziano a mormorare sempre di più.

Il clamoroso gol sbagliato nel derby di Coppa Italia contro il Milan a fine dicembre del 2017 segna l’inizio della fine della sua stagione in nerazzurro: a gennaio l’Inter lo cede in prestito oneroso (1,2 milioni) con diritto di riscatto al West Ham.

In Inghilterra le cose però non migliorano molto per Joao Mario: nonostante i 2 gol in 13 presenze (schierato quasi sempre titolare), gli Hammers non reputano di spendere oltre 30 milioni (cifra che l’Inter chiede per non mettere a bilancio una minusvalenza, impensabile sotto regime di FPF) per il riscatto, e il giocatore torna quindi all’Inter in estate.

Inizialmente mai preso in considerazione da Spalletti, ad ottobre viene improvvisamente proposto titolare contro la Lazio e nella giornata successiva mette a referto un gol e un assist nella vittoria per 5-0 contro il Genoa. Sembrano i segnali di una possibile rinascita per Joao Mario, ma a marzo l’Inter entra in un periodo di crisi a causa dei problemi con il capitano Icardi, escluso e spogliato dalla fascia dopo una serie di litigi con allenatore e società, e il portoghese deve anche affrontare la scomparsa del padre.

I mesi successivi Joao Mario torna ad essere il giocatore impalpabile visto in precedenza, e con l’addio di Luciano Spalletti e l’arrivo di Antonio Conte sulla panchina nerazzurra appare chiaro che per lui non c’è più spazio.

I prestiti a Mosca e a Lisbona, con il paradosso del bonus scudetto

L’allenatore leccese inserisce immediatamente Joao Mario nella lista dei cedibili, ma il peso del suo cartellino a bilancio e l’ingaggio sono pesanti al punto che la società non trova acquirenti se non il Lokomotiv Mosca, che lo ingaggia in prestito gratuito con diritto di riscatto.

La stagione in Russia inizia abbastanza bene, ma in seguito lo scoppio della pandemia di Covid-19 sconvolge tutto il mondo del calcio e fa tramontare qualsiasi prospettiva di riscatto da parte della squadra russa.

Tornato nuovamente a Milano, parte ancora in prestito, stavolta per tornare nella squadra in cui era esploso, lo Sporting Lisbona. Respirand l’aria di “casa”, Joao Mario finalmente torna ad esprimersi ai livelli che a Milano aveva toccato solo sporadicamente: titolare fisso, contribuisce alla vittoria del campionato e della Coppa di Lega.

Il fatto che l’Inter di Conte contemporaneamente vinca lo scudetto, nonostante Joao Mario non sia più in rosa ma ancora di proprietà dei nerazzurri, porta al paradosso che lo Sporting si ritrova ad incassare anche i bonus fissati al tempo della cessione, portando il totale della spesa per il cartellino da parte della società meneghina a 44,78 milioni di euro.

Ciononostante lo Sporting non è disposto a riscattare il giocatore, mentre si fa forte l’interesse dell’altra squadra di Lisbona, il Benfica. Le Aquile trovano l’accordo con il giocatore e sarebbero pronti a trovare l’intesa anche con l’Inter, ma spunta una clausola voluta dallo Sporting ai tempi della cessione all’Inter per cui in caso di cessione ad un’altra società portoghese i nerazzurri avrebbero dovuto pagare una penale di ulteriori 30 milioni.

Dato il peso dell’ingaggio e la necessità di liberare spazio in rosa, l’Inter decide quindi di risolvere il contratto con il portoghese (mettendo a bilancio una minusvalenza di circa 7 milioni), il quale è così libero di firmare da svincolato per il Benfica.

Si chiude dopo cinque stagioni, di cui solo due e mezza effettivamente in rosa, l’avventura con l’Inter di Joao Mario, un’avventura funestata da subito dai tanti cambi di allenatore e dalle enormi aspettative generate da una cifra esagerata pagata per il suo cartellino.

Libero da questo peso, con la maglia del Benfica si è rivelato centrocampista versatile ed efficace: capocannoniere del campionato portoghese con 17 reti e quarto marcatore in Champions League con 6, è il centrocampista più prolifico d’Europa ed è tornato ad essere anche un elemento importante della nazionale lusitana.