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Raramente, nella storia del calcio italiano, si è creata un’empatia tra tecnico e tifosi simile a quella che ha legato il portoghese Josè Mourinho e la tifoseria interista tra il 2008 e il 2010.

Perchè il “Vate” di Setubal non è stato soltanto un allenatore straordinario: è stato, prima di tutto, un supporter interista, un punto di riferimento, un condottiero rivoluzionario abile dentro e fuori il campo.

L’amore per il portoghese è sbocciato fin da subito, ed è cresciuto a dismisura settimana dopo settimana. Non solo per le (tante) vittorie sul campo (Triplete in primis) , ma anche e soprattutto per gli atteggiamenti e le dichiarazioni alla stampa, che di giorno in giorno attiravano sempre più gli affetti della sua gente verso di lui e acuivano l’odio sportivo da parte degli avversari. Tanto che perfino il mitico Peppino Prisco ne sarebbe stato orgoglioso.

Abbiamo tentato (con fatica) di riassumere i cinque momenti in cui Mourinho ha fatto innamorare il pubblico interista. Sarebbero in realtà molti di più, ma ci accontentiamo di quelli più emblematici.

La prima conferenza: Mourinho non è un «pirla»

Milano, estate 2008. È in corso l’attesissima conferenza stampa del chiacchierato neo-allenatore nerazzurro Josè Mourinho, che dopo anni ricchi di vittorie al Chelsea (e prima ancora al Porto, con cui ha vinto una Champions) atterra a Milano per condurre il biscione.

L’italiano di Josè è formidabile, e riesce a sostenere l’intera presentazione nella nostra lingua, pregando anche i (tanti) giornalisti stranieri di formulare domande solo nella lingua di casa, per rendere meglio comprensibili le sue parole ai tifosi nerazzurri. Perchè ora Mourinho è il tecnico dell’Inter, non più di una squadra portoghese o inglese.

Alla conferenza non mancano però fior di giornalisti inglesi, che in qualche modo provano a punzecchiarlo circa il suo passato. Un inviato da Londra, infatti, chiede al portoghese se “giocatori come Essien o Lampard (i più rappresentativi del Chelsea di quel momento) potrebbero trovarsi bene all’Inter.

Messo alle strette da Mourinho, che subito domanda perchè gli si nominino i suoi ragazzi del Chelsea, il giornalista è costretto ad ammettere che questa fosse una domanda “furba” per creare una voce di mercato.

Ma io non sono un pirla!

Jose Mourinho nel giorno della presentazione all’Inter

La risposta di Josè fa scoppiare la sala in una risata fragorosa, col tecnico che dimostra già di essersi calato benissimo nella parte. Se il buongiorno si vede dal mattino…

L’intervista contro Lo Monaco

Nel settembre 2008, a San Siro contro il Catania, arriva la prima vittoria della stagione, propiziata addirittura da due autoreti dei siciliani. Dopo il risultato finale di 2-1 sugli etnei allenati da Walter Zenga, ai microfoni Mourinho parla di “superiorità netta” interista.

L’amministratore delegato del Catania Lo Monaco è di tutt’altro avviso, e risponde al portoghese in modo piuttosto piccato: “Mourinho è semplicemente uno da prendere a bastonate nei denti“.

Due giorni dopo, a margine della trasferta Champions sul campo del Panathinaikos, i giornalisti chiedono al tecnico interista un commento sulle parole di Lo Monaco. La risposta di Mourinho è semplicemente geniale:

“Chi? Lo Monaco? Io conosco il monaco del Tibet, il Principato di Monaco, il Bayern Monaco, il Gran Prix di Monaco. Se questo Lo Monaco vuole essere conosciuto per parlare di me, mi deve pagare!”

Josè Mourinho

Ovvero: siamo nettamente superiori anche emotivamente a chiunque, e non abbiamo certo tempo di prendercela con persone non al nostro livello. Brillante.

La conferenza degli “Zero tituli”

Marzo 2009. Lo scontro in campionato con la Roma si conclude con un 3-3 che lascia i nerazzurri abbondantemente in testa alla Serie A, ma si sprecano gli attacchi mediatici contro la decisione di Rizzoli di concedere un rigore dubbio all’Inter, segnato da un polemico Mario Balotelli.

In conferenza stampa, due giorni dopo, Josè Mourinho è un fiume in piena.

Il tecnico parla di “prostituzione intellettuale“, ovvero dichiara apertamente ciò che i tifosi interisti pensano da anni: che per destabilizzare l’ambiente vi sia una manovra giornalistico-politica finalizzata a parlare soltanto di presunti “favori” che avrebbero favorito l’Inter, di modo da manipolare l’opinione pubblica e mettere i nerazzurri in cattiva luce.

Anche perchè, dice Josè, si sta parlando da giorni di un rigore dubbio, e invece si dovrebbe parlare di una “Roma con grandissimi giocatori” o di un “Milan con tradizione e cultura vincente” o di “una Juve che ha conquistato punti con errori arbitrali” , tutte squadre che finiranno la stagione con “Zero tituli“.

I tifosi interisti gongolano, e ancor oggi quella conferenza mette i brividi.

Le manette con la Samp

Febbraio 2010. L’Inter è al comando della classifica di Serie A, e sta costruendo le fondamenta di quello che sarà un Triplete che farà la storia del calcio italiano. Per far perdere colpi alla macchina perfetta di Mourinho servirebbe qualche episodio clamoroso. A San Siro arriva la Samp di Del Neri, con cui il divario tecnico sembra schiacciante.

Per una buona mezz’ora l’Inter disegna le sue ottime trame sul prato di San Siro, pur non riuscendo a trovare il vantaggio sulla formazione blucerchiata, messa bene in campo dal tecnico dell’ ex Chievo dei miracoli.

Poi succede il primo fattaccio di una serata clamorosa: al 30′ Pozzi scappa via a Samuel, che (già ammonito) lo mette giù. Espulsione e Inter in 10. Passano 8 minuti e Cordoba, l’altro centrale interista, fa un altro fallo sempre su Pozzi, con quest’ultimo che cade a terra tarantolato: Tagliavento abbocca e espelle pure il colombiano. Inter in nove tra lo sconcerto generale.

L’Inter si risistema con un ordine tattico impressionante, e Mourinho ridisegna la squadra con un 4-2-1-1 che non concede alla Samp manco un tiro in porta. Anzi, è l’Inter che va vicina alla vittoria: a pochi minuti dal termine Maicon imbecca Eto’o a centro area, col camerunense che dopo un contatto con un doriano va giù.

Per Tagliavento tutto regolare, non per Mourinho che, esasperato, alza al cielo le mani mimando il gesto delle manette: vi è ancora odore di poteri forti. San Siro esplode in una panolada di protesta (mai vista prima nel calcio italiano). E si lega ancor di più al suo tecnico.

La corsa di Barcellona

Difficilmente si rivivrà, nella storia del calcio italiano, l’agonismo che si è visto nella doppia sfida di Champions League del 2010 con il Barcellona. I catalani all’epoca sono una formazione di extraterrestri, potendo contare su fenomeni del calibro di Messi, Ibrahimovic, Xavi, Iniesta, Henry, Dani Alves, Busquets, Yaya Toure.

Prima della gara di San Siro, Mourinho dice: “Possibilità di arrivare in finale? 50 e 50“, dando fiducia all’ambiente pur sapendo di mentire, data la caratura del team blaugrana di Guardiola.

Dopo il fantastico 3-1 di San Siro firmato Sneijder, Maicon e Milito i riflettori sono tutti su Josè, che deve proteggere i suoi come non mai. La butta addirittura sul piano politico, spiegando ai giornalisti spagnoli come l’eventualità di andare a giocarsi la finale a Madrid sia per il Barcellona un’ossessione scaturita dal sentimento catalano di anti-madridismo, mentre per l’Inter rappresenti solo un sogno.

A Barcellona, tutti si aspettano la “remuntada“, tanto più che (come pronosticato da Mourinho) dopo mezz’ora l’Inter resta in 10 per l’espulsione di Thiago Motta.

Il gol di Piquet a 10′ dalla fine fa vedere i sorci verdi ai tifosi dell’Inter, che mai hanno sofferto così tanto. Ma al fischio finale la pazza, folle corsa di Josè Mourinho, ebbro di gioia, sotto la curva dei tifosi nerazzurri accorsi in massa a Barcellona lo certificano: il portoghese è uno di loro, e li guiderà – di lì a pochi giorni – a vincere tutto.

E l’amore per il tecnico portoghese, da quel momento in avanti, durerà in eterno.