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Poche ore fa, in un mini-editoriale, Ivan Zazzaroni, non nuovo a certe prese di posizione quantomeno controverse, parlava di “Conte l’antipatico, il piagnone” ma anche al contempo “l’inimitabile”, sottolineando come in fondo quella di chi lo critica non sia altro in realtà che (mal)celata gelosia, invidia pura di chi ne vede, come di lontano, la grandezza, senza poterla però mai raggiungere. Mattia Garau, su Contrasti, utilizzava invece toni assai meno retorici:

“Quella di Conte, è chiaro, è solo una strategia. Eppure, non essendo lui Sun Tsu, non essendo in guerra e non essendo un grande letterato (oltre che generale e filosofo), la tattica delle lamentele continue diventa, alla fine, solo noiosa. […] Questo è l’effetto che fa Conte oggi: disagio e assurdità di fronte alla gratuità di questo modo di fare. L’età dell’oro di Mourinho&Co. è finita – e lo dico a malincuore, avendola amata. Ma c’è un tempo per tutto – e sarebbe ora che Conte lo capisse.”

Napoli: quale via di mezzo?

Queste parole venivano scritte prima dello scialbo pareggio dei partenopei in Champions League contro l’Eintracht. Una partita che ha evidenziato come il Napoli di Conte, lungi dall’essere caratterizzato da up – pochi, come quello contro l’Inter di due settimane fa – e down – decisamente più numerosi, nelle prestazioni soprattutto –, quest’anno sia proprio questo: una squadra forte, ma lunatica. Che non è in grado, al contrario, di stabilizzarsi nel mezzo tra due poli.

O meglio, una via mediana c’è, e i risultati lo dimostrano, ma il gioco – questo grande sconosciuto – probabilmente non arriverà mai. Non, perlomeno, quello che hanno in mente i tifosi del Napoli, ancora sognanti tra le trame telepatiche del sarrismo e le sfuriate verticali delle geometrie di Luciano Spalletti. Eppure, di nuovo, nel calcio contano i risultati. E Conte, come ha fatto notare anche Adani, li sta rispettando. Il suo Napoli è primo in classifica, e in Champions League è ancora pienamente in corsa per passare il turno.

La riflessione, dunque, non è tra ciò che il Napoli è e ciò che dovrebbe essere, ma tra ciò che il Napoli è e sarà da qui in avanti e quello che qualcuno si aspetterebbe che fosse. Il Napoli di Conte non sarà mai una squadra divertente, spregiudicata, offensiva, ma una squadra solida, tenace, ricca di talento in attacco e a centrocampo, estremamente cauta quando si tratta di difendere un risultato acquisito.

Bologna: sei lì, e con merito

In questo senso il Bologna, suo prossimo avversario, sembra essere l’opposto. Parliamo di una squadra invece sì quasi ossessionata dalla fase offensiva, che di punti in campionato ne ha fatti 18, appena 4 in meno del Napoli. Il Bologna ha segnato 16 gol e ne ha subiti 8, proprio come il Napoli. Gioca in Europa, come il Napoli, e come i partenopei non sta brillando ma neanche sfigurando. Sono due squadre, queste, molto più simili di quanto si pensi.

Persino l’allenatore dei felsinei, Vincenzo Italiano, ha nel nome quell’ossessione di un popolo intero che lo accomuna a Conte: l’essere vincenti, conquistatori per essere più precisi – da vincentius. E come ha chiamato la primogenita Conte, se non Vittoria? Ecco allora che da Bologna contro Napoli ci aspettiamo una partita davvero entusiasmante, ricca di colpi di scena, folate improvvise, agonismo durissimo in mezzo al campo.

Anguissa a centrocampo, con McTominay e il ritorno di Lobotka, offrono garanzie che gli acciaccati Ferguson e Freuler (non sarà della partita) non sopperiranno. Fabbian, Sulemana, Cambiaghi, Orsolini. Di questi è il destino nella contesa. E davanti, a distanza, Hojlund contro Castro sarà un duello tra giovanissimi, un 2003 – già con tanta esperienza come il danese – e un 2004 – con meno esperienza ma già molta cattiveria, e un senso del gol che gli ha permesso di realizzare già quattro centri finora in campionato. Bologna e Napoli si scontrano dunque per una partita che, tra polemiche del passato e vaticini sul futuro, premette assoluto e certo spettacolo.