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Non c’è niente da fare, capita ogni sessione di mercato. Tutte le società, dalle più grandi alle più piccole, sono alla ricerca non solo di qualche elemento che possa rafforzare il tasso tecnico, ma anche (se non soprattutto), qualche colpo che possa costare il giusto e magari avere una qualche plus valenza per il futuro.

Insomma un colpo al cerchio e uno alla botte, sperando che poi l’acquisto si riveli utile sotto tutti i punti di vista. Qualche volta i direttori sportivi riescono nell’impresa, ma altre indubbiamente molto meno. Ecco perché anche i società di prestigio come quella giallo rossa della Roma, nel corso della storia sono stati molti i classici “Bidoni” presi. Tanto fa farne più di una formazione, nettamente sbilanciata in attacco (tante le punte che non hanno mantenuto le attese infatti). Proviamo a sceglierne undici, consapevoli che la lista è, purtroppo, ben più lunga.

La disastrosa top 11 dei bidoni giallorossi

In porta: Mauro Goicoechea

Incontrastato padrone dei pali, se non altro in questa speciale squadra di “bidoni”. Perchè sul campo a onor del vero le sue prestazioni sono spesso state ricordate più per i suoi grossolani errori che non per le parate. Voluto fortemente da Zeaman per la sua (presunta) abilità con i piedi, entra in una rivalità interna con Stekelenburg che peggiora anche le cose, e lo si vede dai tanti errori che costano qualcosa come 24 gol subiti da lui (molti dei quali proprio per colpa sua).

Linea di difesa: Angel, Trotta, Vermaelen, Tetradze

Josè Angel: “Talento inespresso”. Si dice così a volte di quei giovani che partono benissimo (tanto da fare tutta la trafila con la nazionale spagnola giovanile), per poi finire presto nella corsia della panchina. L’esperienza romana certo non ha aiutato, in una stagione non brillantissima con Luis Enrique che si ostinava a metterlo in campo sulla fascia sinistra, pur senza mai riuscire a fare una figura decente. Motivo per cui dopo ben 28 presenze, andrà poi in prestito al Real Sociedad fino alla scadenza del contratto.

Roberto Trotta: Argentino cresciuto nell’Estudiantes, c’era grande interesse per vedere impegnato in Serie A questo prospetto voluto proprio dall’allenatore Carlos Bianchi. Nemmeno l’amore per la comune patria però, lo convinse a schierarlo più di sei partite (non tutte da titolare peraltro) e a rispedirlo al mittente già dal mercato di gennaio (andò al River Plate). Da allora solo argentina, dove in verità ha collezionato anche qualche buona prestazione, insieme a qualcosa come 17 cartellini rossi.

Thomas Vermaelen: difficile trovarlo nella lista dei “bidoni”, lui che in verità ha macinato partite a livelli altissimi con Ajax, Arsenal e Barcellona. Eppure la stagione alla Roma è stata un mezzo disastro. Espulso nella partita d’esordio, un malessere fisico lo accompagna per tutta la stagione (pubalgia) chiudendo con sole 9 presenze. Doveva essere il perno della difesa, invece vide a malapena il campo.

Omari Tetradze: Stessa stagione con Carlos Bianchi, sull’altra fascia però. Il russo era arrivato per dare un po’ di stabilità alla difesa, ma finì per giocare appena otto partite in Serie A, giusto in tempo per farsi ricordare per uno storico gol in rovesciata. Peccato che la porta era quella della Roma. Falcidiato anche dagli infortuni, passò poi al PAOK alla scadenza di contratto.

La linea di Centrocampo: Vagner, Andrade, Emanuelson

Vàgner: arrivato dal Santos con tutte le speranze del caso visti gli 8 miliardi di vecchie lire sborsati, Vagner doveva essere il “musicista della Roma” che dava i tempi al centrocampo, ma le sue note erano stonate. Undici spezzoni di partita senza alcun segno degno di nota. E l’aereo pronto per tornare al Vasco de Gama prima e poi al San Paolo senza però mai prendere il volo.

Andrade: brasiliani, croce e delizia dei giallo rossi. Ma purtroppo per un Falcao ci sono stati dieci Andrade. Arrivato dal Flamengo dove aveva collezionato già 160 presenze, i tifosi giallo rossi capirono subito che non era adatto ai ritmi della Serie A. Le sue movenze da bradipo gli portarono il soprannome di “Er Moviola”, anche se per fortuna in campo scese soltanto nove volte in quella sfortunata stagione. Tornò subito in Brasile dove chiuse la carriera qualche anno dopo.

Urby Emanuelson: impiegato praticamente in ogni ruolo mancate alla bisogna, Emanuelson rimane comunque un flop a tutto tondo. Unica consolazione per la Roma, il pensiero che al Milan avesse fatto anche peggio e fosse costato persino di più. In Italia diviene poi lo “svincolato” per eccellenza, usato come tappa buchi anche per le rose di Atalanta e Verona negli anni a seguire. Inutile dire con pessimi risultati.

Il tridente d’attacco: Iturbe, Renato Portaluppi, Fabio Junior

Juan Manuel Iturbe: non c’è dubbio che in termini di costo è stato uno dei peggiori acquisti della Roma in tutta la sua lunga storia. Oltre 25 milioni di euro sborsati dopo che a Verona in effetti aveva fatto discretamente al suo primo anno di A (33 presenze e 8 reti). Peccato che in maglia giallo rossa invece fu una mezza tragedia. Solo tre gol all’attivo su 39 presenze, una serie di prestazioni sotto tono e l’unico acuto degno di nota un gol nel derby. Un po’ poco per quel prezzo.

Renato Portaluppi: erano i meravigliosi anni ottanta, quando in Italia ogni tanto arrivavano presunti fenomeni dal Brasile, che si scioglievano poi non appena arrivati nel belpaese. Al “Gaucho” bastarono pochi mesi per adattarsi. No, non al campionato, ma alle notti romane che, si dice, furono il suo vero campo da battaglia. Bomber sì quindi, ma non con la maglia addosso. 23 inutili presenze in campionato, prima del ritorno in patria.

Fabio Junior: arrivò dal Cruzeiro con la nomea del “nuovo Ronaldo”. Ma del fenomeno aveva solo il prezzo, pagato oltre trenta miliardi di vecchie lire. Zeman allora in panchina aveva spinto per avere Schevchenko, gli arrivo invece questo attaccante che lo stesso boemo definì come “sfaticato”. Alla fine in poco meno di due stagioni mise insieme soltanto 16 partite e 4 reti. Alla faccia del fenomeno.