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Sono diverse e tutte ugualmente complesse le interpretazioni che gli esegeti ebraici e cristiani hanno dato nel corso del tempo dell’episodio narrato all’undicesimo capitolo di Genesi (1-9): la Torre di Babele.

La lettura più semplice vi vede l’origine della diversità dei popoli ad opera di Dio. Quella più teologica, invece, la conseguenza di un imperdonabile atto di superbia: l’elevazione, dalla terra al cielo, dell’uomo fino a Dio; da cui la punizione divina, appunto, della perdita di un linguaggio comune e della conseguente incapacità di comunicare.

Comunque la si voglia mettere, rimane il senso di fondo: quando non si parla lo stesso linguaggio, non ci si ascolta – o viceversa. E solo così nascono le più grandi incomprensioni, duelli, persino guerre tra gli uomini. Ad Einstein che si chiedeva come fosse possibile che solo l’uomo tra gli animali costruisse trappole per la propria specie, bisogna dunque rispondere con un problema di linguaggio e comunicazione originari.

Il primo scontro a Sky tra Allegri e Adani

Prendete quindi il grande scontro ideologico tra Massimiliano Allegri e Lele Adani. Sbocciato – come vedremo nel dettaglio – nell’aprile del 2018, prosegue tutt’oggi, certo a distanza e senza possibilità di confronto (ammesso che quello delle origini fosse così definibile).

Allegri si è detto con orgoglio un pratico, Adani è stato detto sempre dall’allenatore livornese un teorico. I termini della questione, antitetici per eccellenza, non cambieranno sostanzialmente mai. Curiosamente però Adani un teorico non si è mai definito, mentre Allegri di recente ha provato ad aprirsi una breccia nel dibattito al di là del pragmatismo. Un aspetto sul quale torneremo e che Adani ha correttamente fiutato, in quanto sintomo di un disagio comunicativo profondo del tecnico bianconero.

Come in tutte le grandi inimicizie, comunque, anche quella tra Allegri e Adani ha una data precisa: 27 aprile 2018.

La Juventus di Allegri, capace di vincere sei Scudetti consecutivi (tre dei quali vinti dal tecnico livornese), è sì in testa al campionato corrente ma alle sue spalle c’è la grande minaccia del Napoli di Sarri. Una squadra non semplicemente molto forte, ma bellissima esteticamente, che gioca un calcio pulito e brillante – o, per usare un’espressione cara ad Adani, identitario.

Il clima che precede quell’intervista è già molto teso: infatti il Napoli dopo aver vinto allo Stadium pare a un passo da uno storico titolo. Ma tutto cambia quando i partenopei si sciolgono a Firenze (3-0 per la Viola) e i bianconeri vincono in rimonta a San Siro per 3-2 – partita che per inciso precede quella del Franchi.

In quell’occasione, Adani aveva chiesto ad Allegri se fosse possibile per la sua Juventus vincere in maniera meno “episodica” e più autoritaria, magari attraverso la ricerca di un (pre)dominio tecnico-tattico del gioco.

Al che Allegri aveva risposto: « Sono tutti ragionamenti che lasciano il tempo che trovano. Purtroppo il calcio è diventato troppo teorico. Sento troppo parlare di schemi ».

Prendendo la palla al balzo, Cattaneo (conduttore quel giorno negli studi di Sky Sport) aveva paragonato il calcio al basket, facendo infuriare ancora di più Allegri (grande amante dell’ippica, da cui la celebre teoria del corto muso): « Questo è il male del calcio italiano: non si parla mai di gesti tecnici. Il calcio è molto semplice, non lo rendete complicato. Lasciate perdere, continuate con la vostra teoria che fate bene, per me il calcio è un’altra cosa ».

Secondo round del match tra Allegri e Adani

I toni del dibattito, mai davvero aperto – Adani e Cattaneo non ascoltavano Allegri, ma lo incalzavano su una questione che evidentemente non interessava l’allenatore livornese, mentre Allegri forte dei risultati si rifugiava nel suo pragmatismo tutto italiano ripudiando gli scolastici del pallone –, esploderanno l’anno dopo: 27 aprile 2019.

La Juventus stavolta ha già vinto il campionato, ma in Europa nonostante l’acquisto di CR7 non è andata oltre i quarti di finale, eliminata dall’Ajax dei giovani fenomeni – e dal calcio spumeggiante. Quale miglior occasione, per Adani, di riaprire il dibattito con Allegri sul tema dell’identità di gioco?

« Quanto un allenatore come te può incidere nel rapporto tra tecnica, qualità, smarcamento, nel maggior riempimento dell’area avversaria e, per quanto riguarda la Champions League, nell’essere più dominante? Quanto questa squadra ne ha bisogno? Quanto tu puoi orientare questa caratteristica di dominio del gioco? ».

La domanda è chiaramente retorica, volutamente provocatoria, e parte da incisi prestabiliti dal commentatore di Sky (chi lo dice che una squadra in Europa debba essere più dominante? Da un punto di vista statistico infatti le ultime edizioni sono state vinte dalla miglior difesa, ad esempio). Ma la risposta di Allegri è ancor più destabilizzante, perché riprende l’antico dibattito tra giochisti e risultatisti.

« Far l’allenatore non significa fare gli schemi tattici, infatti c’è un problema in Italia: stanno diventando tutti teorici ».

Al che Adani, di getto, risponde ad Allegri che anche lui è un teorico, accusandolo di prendersi uno spazio televisivo (che in realtà è tale da contratto) per dire cose senza senso.

È la fine. Allegri risponde: « Te sei il primo che legge i libri e di calcio non sa niente. Non hai mai fatto l’allenatore, sei lì dietro e non sai niente. Quindi adesso parlo io e tu stai zitto ».

Ma Adani, che allenatore non sarà stato, è stato calciatore e ribatte: « Stai zitto lo dici a tuo fratello, se vuoi ripartiamo con le teorie del basket ». Allegri si toglierà l’auricolare e prometterà all’ufficio stampa juventino di non parlare più fino a fine stagione.

In realtà la domenica successiva, dopo l’1-1 nel derby di Torino, l’allenatore livornese torna ai microfoni di Sky Sport e dopo essersi scusato con Adani ribadisce: « Ciò che ci hanno insegnato i vecchi allenatori non è da buttare. Questo non è un mestiere scientifico, bisogna formare i nuovi tecnici miscelando ciò che ci è stato insegnato con le nuove teorie. L’allenatore ha un dovere verso l’azienda, quello di portare a casa i risultati. Comunque ciò che è successo sabato è chiuso lì, perché io ho grande rispetto ».

Ma Adani continua ad incalzarlo sul campo, non su questioni di azienda – che certo coincidono a grandi livello con quelle di campo. Al che Allegri risponde, stavolta più pacatamente: « L’errore che si fa in Italia è quello di provare a scimmiottare il DNA di altre squadre. Nel calcio ci sono le categorie, i giocatori di spessore fanno la differenza ».

Frecciate a distanza

Ecco, nel calcio ci sono le categorie, e il calcio è anche doveri verso l’azienda.

Sono due cavalli di battaglia che Allegri ripeterà fino alla noia negli anni successivi, quando a due anni dal suo addio alla Juventus (17 maggio 2019) ad esempio va al Club di Fabio Caressa e tiene una sorta di lectio magistralis sul calcio semplice e a misura d’uomo, riconciliando i poveri di spirito con i dotti del pallone.

« Io non so come si fa l’allenatore, dice. È una cosa che non si spiega, non c’è scritto sui libri ». Poi: « I giocatori vincono le partite, io non ho mai visto un allenatore fare gol. L’allenatore più bravo è quello che fa perdere meno partite ».

E Adani? Nel frattempo Adani aveva fondato insieme a Ventola, Vieri e Cassano la BoboTV, un programma streaming su Twitch di commento al calcio (con la F di Futbol) scanzonato e aneddotico, trasformatosi in breve da passatempo da quarantena a vero e proprio business televisivo. Un anno e qualche mese dopo (a tre mesi di distanza dalla lectio di Allegri al Club, marzo 2021) Adani verrà licenziato da Sky Sport dopo “giusto una telefonata”, scriverà lo stesso Adani in uno strappalacrime (e like) post di Instagram.

Alla BoboTV Adani spremerà a non finire quei concetti che già aveva espressi nei suoi anni di Sky Sport – e poi alla Rai, da cui commenta le partite della/e nazionale/i di calcio – fino a ribadirli una volta per tutte qualche giorno fa, all’indomani di Juventus 1-1 Nantes e del clamoroso litigio negli studi di Sky tra il tecnico livornese e Stefano De Grandis, reo di aver semplicemente chiesto ad Allegri come mai la Juventus dopo l’1-0 smettesse sostanzialmente di giocare.

Allegri aveva risposto: « Poi mi stufo anch’io a sentire ste cazzate. Non voglio la Juve dell’1-0. Non l’ho mai voluta. È un modo comune che ormai viene detto, che io voglio vincere 1-0. Ho sempre avuto la miglior difesa e il secondo miglior attacco, guardate i numeri. Dati di fatto, da quelli non scappi ».

Ma non è vero, come ha poi giustamente fatto notare Adani alla BoboTV: infatti in undici anni di allenatore in Serie A, Allegri ha ottenuto il primo o il secondo miglior attacco solamente in quattro occasioni. Eccolo allora l’errore di Allegri: mettersi a discutere sui dati, soprattutto se poi i dati danno ragione ai suoi oppositori.

In fondo anche questo è un fenomeno del linguaggio.