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“La devi smettere di parlare sempre con gli arbitri”. E poi: “Per una volta che vinco, mi viene a fare la morale? Ho sempre perso, ca..o!”. Cuori forti e per questo destini forti: non c’è spazio per le debolezze se si parla di Luciano Spalletti e di Massimiliano Allegri. Figurarsi se li si contrappone, se tra i due c’è un bel ‘VS’ nel mezzo: due scuole di pensiero a confronto, l’empirismo di Max e l’idealismo di Lucio. Due mondi paralleli che però, almeno due volte all’anno, collidono, non possono non scontrarsi.

Sarà un bel vedere, questo Napoli-Juventus. Non solo perhé c’è una tradizione di quasi cinquant’anni di battaglie da rispettare, non solo perché negli ultimi 16 le due squadre hanno dato vita a partite incredibili: ci sarà da godere per la presenza dei due strateghi, per un po’ agli antipodi, per certi versi ancora oggi distanti, per altri estremamente simili e con una carta d’identità particolarmente chiara sulle origini. Toscana. Massimiliano di Livorno, della poesia viaggatrice di Caproni; Luciano di Certaldo, casa del classicismo di Boccaccio. Vi sembra poco? Mettiamoci pure un pezzo di scudetto in palio.

I precedenti

L’ultima volta se le sono date (verbalmente) di santa ragione. L’11 settembre del 2021, nella teza giornata, al vecchio San Paolo, dopo la sosta delle nazionali e la chiusura del mercato, la Juventus duepuntozero di Allegri deve cercare la prima vittoria in campionato: è già partita malissimo, ha pareggiato a Udine nell’ultima di Ronaldo e arriva dalla dilaniante e fresca sconfitta interna con l’Empoli.

Il Napoli è primo: è a punteggio pieno, non perderà per le otto inaugurali della stagione. Due mondi paralleli, dicevamo, anche per la disponibilità degli juventini: al Maradona, Allegri va senza cinque sudamericani (Danilo, Alex Sandro, Bentancur, Dybala e Cuadrado, infortunato). Il tecnico sa che le ore di recupero sono state poche e due giorni più tardi sarebbe stata già Champions League.

“A Napoli faremo una grande partita”, aveva raccontata Max. Ed effettivamente va così, anche se non basta: dopo il vantaggio al 10′ con Morata, arriva il pari di Politano su errore di Szczesny e il sigillo di Koulibaly a 5 minuti dalla fine. Da lì, la rabbia juventina che monta, anche per com’è maturato il risultato: “La devi smettere di parlare sempre con gli arbitri, che cosa vuoi ogni volta?”, Max a Lucio. Che pensa a uno scherzo, poi risponde: “Maremma impestata. Faccio casino con l’arbitro io? È una cosa che non si può sopportare… Non me l’aspettavo, sono andato a rincorrerlo all’inizio e alla fine per salutarlo”.

Ma è proprio così? No, Spalletti non ha sempre perso. Anzi: con Allegri, in 13 incroci, non ha affatto demeritato. Lo score totale parla di 5 vittorie per il livornese, 4 per il vate di Certaldo e 4 pareggi. Al Maradona sarà la quattordicesima volta che si sfideranno. Naturalmente, Max dai tempi della Juventus ha cambiato il trend, e il primo successo è arrivato controfirmato Spalletti. Parliamo di Roma-Cagliari 2-3, fine 2008. Il ritorno in Sardegna? 2-2.

Spalletti fa le valigie e va in Russia, Allegri firma per il Milan e vince lo scudetto. Si ritrovano in quelle stesse vesti, in Champions League: Max vince a San Pietroburgo 3-2, Lucio si riscatta con uno 0-1 a San Siro.

In bianconero, Allegri vince 1-0 a Torino contro la Roma di Spalletti (2015-2016), al ritorno Spalletti fa 3-1 all’Olimpico. Nel biennio interista, Spalletti non vince mai: due vittorie per Allegri e due pareggi. Poi si fermano entrambi, prima del ritorno alla Juve di Max e l’occasione Napoli di Luciano, che per ora comanda: la prima è tutta napoletana, la seconda è un pareggio allo Stadium. “Ho sempre perso”, ecco, proprio no.

Le frasi cult

E oggi, come sono i rapporti tra i due? Un po’ è calato il silenzio, ma non va proprio definito gelo: i due si ritroveranno a Napoli e sicuramente scatteranno bei ricordi. Causa Covid, al ritorno non c’è stato più un contatto tra Max e Luciano, che di fatto non si sono più visti dopo la rete di Koulibaly a cinque minuti dalla fine.

Sui social, naturalmente, tutti aspettano la stretta di mano, il saluto, un mezzo sorriso per due che non ne hanno mai risparmiati. Del resto, si tratta ormai di due allenatori cult, dai quali internet ha sempre trovato ispirazione. Sarà anche per la filosofia spicciola con la quale danno una traccia, una scia di esistenza e resistenza.

“Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi”, ama ripetere Luciano Spalletti, citando Shakespeare e una massima oggi decisamente di culto: uomini forti e destini forti sembra essere il mantra di questo Napoli, partito senza punti di riferimento e diventato in poche curve la squadra più bella del campionato. Lo scettro del più cinico, e forse anche del più spietato, ce l’ha però sempre Max Allegri.

Per lui, “il calcio vogliono farlo passare per scienza, invece non c’è un cavolo di niente di scientifico. E’ uno spettacolo, e lo spettacolo lo fanno gli artisti”. L’unico modo per vincere, dunque, è lasciare libera interpretazione del canovaccio tattico e, al limite, garantire una solidità difensiva.

Se per Allegri “nella vita ci sono le categorie, giocatori che vincono le Champions e le perdono”, in quale di questa figurerà Luciano Spalletti? Nel girone dei leader, di sicuro, c’è pure il mago di Certaldo. A proposito, viene fuori una famosa citazione che racconta tanto del pensiero, calcistico e non solo, dell’allenatore del Napoli: “Il vero leader sta bene in un gruppo. Non fa nulla di diverso dagli altri, ma quando c’è una situazione decisiva esce fuori e dice: ‘Questa la risolvo io'”. Risolverà anche il digiuno di scudetto, che in Campania manca da 33 anni?

Quando c’è uno scudetto in palio

Sostanzialmente, è solo la seconda volta che i due si ritrovano a giocarsi uno scudetto. Spalletti l’aveva quasi sfiorato, avvicinandosi ma mai aggredendo, nel 2017. E anche nel 2016, non ci era andato poi così lontano. Il motivo? La Juventus arrivava da un inizio tragico di campionato: le scorie post finale di Champions di Berlino si erano fatte sentire, i nuovi faticavano a ingranare eppure i bianconeri trovano una quadra.

E Allegri si ritrova a ridosso delle prime già nella sosta di Natale. E’ l’anno di Higuain, dei 36 gol a fine stagione; è la stagione di Diego Perotti e soprattutto della nuova Roma di Spalletti. Dopo 19 giornate di difficoltà, Rudi Garcia viene esonerato e il mago di Certaldo torna lì dove il grande calcio era iniziato.

A fine stagione, i giallorossi porteranno a casa 80 punti, 2 in meno rispetto al Napoli di Sarri e 11 di distanza dalla Juventus. Un anno dopo, sarà una Roma addirittura da 87 punti, con un Dzeko da 29 gol e… la solita Juventus. Dall’inizio alla fine in vetta, un piccolo crollo con l’Inter di Icardi ma mai sconfitta dalla principale competitor, proprio i giallorossi di Spalletti. Che stavolta parte da un’altra situazione, con un’altra squadra e (soprattutto) avrà davanti un avversario differente: basterà a sovvertire tutto, pure i ricordi?