Si parla molto del tennis femminile in crisi di talenti e personalità, ma se la finale di Wimbledon 2025 tra la testa di serie numero 8 e la numero 13 risulta comunque credibile, forse significa che questa crisi va ridimensionata? Oppure, più semplicemente, Amanda Anisimova e Iga Swiatek rappresentano due storie di rinascita che vale comunque la pena raccontare?
Wimbledon 2025, le curiosità sulla finale femminile Anisimova-Swiatek
- Il singolare femminile di Wimbledon 2025 vede giungere in finale la testa di serie numero 8 Iga Swiatek e la numero 13 Amanda Anisimova. Si tratta della più bassa testa di serie a giungere in finale da Angelique Kerber, che vinse nel 2018 da testa di serie numero 11, contro Serena Williams che era in quel momento senza classifica.
- Si tratterà anche del primo scontro in carriera tra Amanda Anisimova e Iga Swiatek. Per scovare altre due giocatrici che arrivano in finale di Wimbledon senza mai essersi affrontate in precedenza in carriera, bisogna risalire al 2007, quando Venus Williams diede 6-4 6-1 a Marion Bartoli.
- Nel 2019, Amanda Anisimova era diventata la prima nativa degli anni 2000 a raggiungere una semifinale del Grande Slam, al Roland Garros. Oggi, sempre la statunitense è diventata la prima della “Gen Z” a raggiungere la semifinale di Wimbledon, insieme proprio a Iga Swiatek.
- Anisimova-Swiatek sarà la prima finale di Wimbledon tra giocatrici nate entrambe negli anni 2000 e la seconda in assoluto, dopo il Roland Garros 2022 (Swiatek-Gauff 6-1 6-3).
Amanda Anisimova, prenditi il tuo tempo
Guardando Amanda Anisimova, oggi, sembra decisamente più grande dei suoi 24 anni ancora da compiere. E questa non vuole essere un’indelicatezza sessista, ma solo un modo per sottolineare il vissuto difficile che ha dovuto superare la statunitense di origini russe. Come si diceva poc’anzi, Amanda sembrava una predestinata già nel 2019, con tutte le caratteristiche per divenire una figura di primissimo piano nel tennis femminile.
Quella semifinale centrata e quel record di precocità sembravano l’imprimatur per una carriera di vertice, ma qualche mese dopo la vita inizia a mettere Amanda a durissima prova. Suo padre Konstantin, che era anche il suo allenatore e mentore, viene trovato morto nella sua casa in Florida. Infarto fulminante, a 52 anni. Il lutto è già qualcosa di difficile da assorbire, probabilmente lo è mille volte in più se devi ancora compiere 18 anni e tuo padre era una figura così preminente sotto diversi aspetti della vita.
Comunque, dopo circa un mese Amanda Anisimova torna a giocare, ma come senza convinzione. Vince sì delle partite, ma ne perde diverse che non dovrebbe perdere. Qualcosa va, molto non va. Amanda si trascina ancora fino alla primavera del 2023 ma poi, dopo aver perso da Arantxa Rus al 1° turno di Madrid, arriva il fulmine a ciel sereno: “Da un anno lotto con la mia salute mentale e contro la depressione. Per me è diventato insopportabile giocare i tornei. A questo punto, la mia priorità è il benessere mentale: devo prendermi una pausa”. Questa la dichiarazione-shock, con cui annunciava il ritiro momentaneo dal professionismo.
La decisione dura quasi 9 mesi, perché a inizio 2024 Amanda capisce che evidentemente il suo destino è lì, sul rettangolo di gioco. Torna con oltre 300 posizioni in meno in classifica (n.373 WTA dopo aver smesso da n.46) e lì inizia la sua seconda carriera, se così si può dire. Dodici mesi fa torna a Wimbledon, dove affronta con umiltà le qualificazioni, perdendo però all’ultimo turno da Eva Lys.
Serve tempo, serve pazienza, ma per una ragazza che si è ribellata alla pressione derivante dalle dinamiche del tennis professionistico, il tempo non è più un problema, semmai è un alleato. E il tempo diventa già galantuomo nel febbraio scorso, quando Amanda Anisimova torna a vincere e lo fa per la prima volta in carriera in un WTA 1000, a Doha, in finale su Jelena Ostapenko. Al Roland Garros raggiunge gli ottavi e al Queens si ferma in finale, ma il ritorno era ormai cosa fatta. Con il suo tempo, Amanda Anisimova ha raggiunto quel livello che tutti le pronosticavano da enfant prodige.
Iga Swiatek per liberarsi dai cliché
Dall’altra parte della rete ci sarà una tennista quasi coetanea, perché Iga Swiatek è esattamente tre mesi più “anziana” rispetto ad Amanda Anisimova (31 maggio 2001 contro 31 agosto). Iga la polacca è una figura particolare, quasi fuori dal suo tempo. In un tennis che vede appiattirsi le differenze tra le varie superfici e la progressiva scomparsa degli specialisti (e tra le donne l’incidenza delle specializzazioni è stata sempre molto meno marcata), Swiatek si impone come una potenziale dominatrice assoluta, ma sempre partendo dalla terra battuta. Lì vince il suo primo Slam nel 2020, nell’edizione resa unica dal Covid che ne aveva obbligato lo spostamento all’autunno. Il primo successo era stato da testa di serie numero 15, ma poi diventa rapidamente la donna da battere e lo diventa un po’ ovunque.
Il suo problema è che però, fuori dalla terra battuta, sembra balbettare più spesso di quanto il suo tennis dominante e potente suggerirebbe. Nel 2022 vince il suo primo e finora unico torneo del Grande Slam fuori dalla terra rossa, lo US Open 2022, un successo che dovrebbe smentire la sua allergia a qualsiasi cosa non sia il mattone tritato.
Tuttavia, nella sua carriera si apre una strana biforcazione: a Parigi continua a dominare e vincere alla Nadal, fuori da Parigi arrivano spesso delusioni, una sfilza di terzi e quarti turni, magari quarti di finale, ma nulla più.
A complicare le cose, ci si mette la squalifica per doping dell’autunno scorso. Una squalifica breve, che però ha un effetto devastante sulle sue certezze. Iga Swiatek sembra sparita, ha continuità ad alti livelli e le due semifinali di Melbourne e Parigi nel 2025 erano lì a dimostrarlo, ma qualcosa si è rotto. Infatti, esce per la prima volta in carriera dalla top 5 e arriva a Wimbledon da testa di serie numero 8. Negli Slam non gli succedeva dal Roland Garros 2021. Eppure, stavolta Iga arriva a Londra con qualcosa da dimostrare, forse a se stessa prima che agli altri. Questa finale, la prima a Wimbledon dopo tante occasioni mancate, potrebbe essere il primo mattoncino per un rilancio ad altissimi livelli a cui forse lei stessa aveva per un po’ smesso di credere. Una rinascita diversa da quella della sua avversaria odierna, ma nessuno si azzardi a dire che vale di meno.


