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Che il nostro tennista di punta potesse dire la sua in una superficie così tecnica e difficile come l’erba, lo si era già capito da qualche stagione.

I risultati di Matteo Berrettini sul verde dei tornei che precedono Wimbledon, sono sempre stati piuttosto lusinghieri, ma ciò che è successo quest’anno, porta ad avere massima fiducia su un ragazzo che potrebbe regalarci per la prima volta il titolo sull’erba inglese dove si gioca il terzo degli Slam.

Vediamo in concreto quello che il campione romano ha fatto fin qui e quali sono le speranze di sollevare al cielo il trofeo di Wimbledon.

Dall’infortunio alla gloria

Gli ultimi due mesi che hanno preceduto il rientro alle competizioni di Matteo Berrettini, sono stati intrisi di speranza per il nostro giocatore di punta e, ovviamente, per tutto il movimento tennistico nazionale.

Il blackout causato dall’infortunio al polso all’indomani del torneo di Indian Wells nel quale il tennista romano è uscito agli ottavi di finale per opera di Kecmanovic, ha costretto Matteo a saltare prima Miami e poi praticamente tutta la stagione primaverile sulla Terra Rossa.

Lasciare per strada tornei come Montecarlo, Roma e, soprattutto, il Roland Garros, hanno rappresentato un brutto colpo per la stagione del capitolino, ma la scelta dello staff tecnico e medico dell’azzurro, è stata probabilmente la nuova carta vincente di un luminare della materia come Vincenzo Santopadre.

Lungimiranza e acume che hanno prodotto un trionfale ritorno alle competizioni, tradottosi in una doppia vittoria in concomitanza dell’apertura della stagione sull’erba, vero e proprio punto di forza dell’attuale numero 1 italiano.

Paradossalmente i due risultati appena conseguiti, le vittorie di Stoccarda e del Queen’s, non sono bastate a tenere Berrettini tra i primi 10 della classifica ATP, scivolato all’undicesimo posto nonostante le 9 vittorie di seguito che lo hanno portato a trionfare nei due tornei appena citati.

Se le cose non cambieranno da qui a Wimbledon, la classifica del tennista romano dovrebbe diventare ancor più deficitaria, visto che, seppur decisa la non assegnazione dei punti in virtù del cammino dei giocatori presenti al torneo, vengono sottratti comunque i punti guadagnati 12 mesi fa.

Il problema ( ma averne di problemi di questo tipo ), è che Berrettini l’anno scorso fu sconfitto solo in finale da Novak Djokovic e i punti da difendere erano comunque davvero tanti.

Questo tipo di presa di posizione della ATP, porta l’azzurro a dover per forza lottare per la vittoria che, eventualmente, non gli porterebbe benefici se non il fatto di trionfare al torneo più nobile al mondo.

Non cambia tantissimo

Va da sé che un eventuale trionfo sul salotto verde inglese, porta quella gloria e quella soddisfazione che esulano dal mero conteggio e assegnazione dei punti.

Berrettini sarebbe il primo italiano a vincere a Wimbledon e una vittoria nel torneo più antico del mondo, equivarrebbe a toccare il cielo con un dito.

D’altronde è lo stesso Berrettini ad aver più volte dichiarato che l’obiettivo è quello di vincere sull’erba più prestigiosa del mondo.

A tutto questo pasticcio si è arrivati in virtù dell’esclusione dei giocatori russi e bielorussi da Wimbledon, cosa che non è andata giù ad ATP e WTA che hanno deciso di non mettere in palio punti per tale torneo.

Il più grande paradosso di tutta questa situazione, è che due giocatori come Djokovic e Berrettini, perderebbero rispettivamente 2.000 e 1.200 punti per il raggiungimento dell’atto conclusivo del torneo dell’anno scorso ed uno dei meno penalizzati di tutti sarebbe proprio l’escluso Medvedev, che ne perderebbe solo 180 alla luce dell’eliminazione agli ottavi di 12 mesi fa…

Le speranze di Berrettini

Ma a prescindere da tutto questo trambusto, Matteo Berrettini ha nelle corde la possibilità di vincere Wimbledon?

La risposta è decisamente affermativa, non fosse altro per la finale raggiunta nella passata edizione.

Nel 2021, Berrettini era arrivato alla porzione di season riservata all’erba, dopo uno straordinario passaggio sulla terra rossa, quest’anno saltato a piè pari per via dell’infortunio di cui sopra.

Quest’anno arriva decisamente fresco a Wimbledon, carico a molla per i due tornei vinti e con la consapevolezza di poter adattare il proprio gioco potente e performante soprattutto sull’erba, oltre che in tutte le altre superfici.

Il servizio è tornato ad essere quello dei tempi migliori e le prime cominciano a diventare il vero punto di forza anche nei momenti più difficili delle partite. L’azzurro lo ha dimostrato contro Kudla, al secondo turno del Queen’s e con Krajinovic in finale, quando alla fine del primo set è stato per certi versi disarmante.

Ancora di più lo si è notato a Stoccarda, torneo nel quale ha avuto maggiori difficoltà a chiudere gli incontri. In realtà tali difficoltà sono servite all’italiano per rientrare con una certa mentalità nel circuito, cosa che gli servirà adesso che le partite si risolveranno al meglio dei 5 set.

L’importanza dell’adattabilità

Lo sviluppo della potenza dei colpi di Matteo, vero e proprio marchio di fabbrica del nostro connazionale, è piuttosto sorprendente in una superficie come l’erba. La maggior parte dei giocatori che contano su un gioco basato sull’esplosività dei colpi, necessita di un backswing che l’erba spesso non ti dà la possibilità di sviluppare.

Sulle altre superfici vi è spesso tutto il tempo per preparare le bordate a cui Berrettini ci ha abituato, ma non altrettanto è possibile farlo sull’erba, per via della velocità con la quale la palla schizza sul terreno.

Ciò che impressiona è la capacità di Berrettini di imprimere tutta la sua potenza ad una palla che termina spesso dove lui vuole, un connubio che non è riscontrabile in nessun altro giocatore con le sue stesse caratteristiche.

Agilità, potenza e precisione, quindi, per il nostro numero 1 azzurro, che ha palesato un’altra caratteristica importante che servirà quando a Wimbledon arriveranno i giocatori più difficili da affrontare: la sagacia tattica.

Adattarsi allo stile dei suoi avversari, è diventato un nuovo punto di forza di Matteo, che ha implementato tutta una serie di risorse alle quali non ci aveva abituati. Parliamo di drop shot, passanti, pallonetti, tutti colpi che si sono sempre intravisti, ma che a Stoccarda e al Queen’s di quest’anno sono letteralmente esplosi.

Anche il rovescio, per anni considerato, a torto e a ragione, il vero Tallone d’Achille di Berrettini, ha mostrato sensibili miglioramenti, perfino quello di approccio alla discesa a rete, colpo rispetto al quale parecchi avversari hanno provato a mettere difficoltà il nostro tennista.

Ora non rimane che capire se la pressione che sarà tutta su Berrettini fin dai primi turni della prossima edizione di Wimbledon, dal 27 giugno e il 10 luglio, giocherà un ruolo fondamentale sulla testa dell’italiano, oppure se sarà quel plus che lo porterà a trionfare.