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“Quei due non dureranno insieme!”

E’ proprio vero: ci sono matrimoni, talvolta, che si annunciano fallimentari prima ancora che si compiano. E questo è un dogma che vale anche nel calcio: l’apparentamento di Marcello Lippi sulla panchina dell’Inter, durato un anno e pochi mesi, apparteneva al novero delle “tragedie annunciate”.

Lippi e la separazione bianconera

Immaginiamo di fare un passo indietro, al 7 febbraio 1999. Quella sera il Parma di Malesani sbanca clamorosamente il Delle Alpi di Torino, con un 2 a 4 umiliante per la vecchia signora. La conferenza stampa post-partita riserve sorprese ancor più grandi: Marcello Lippi, l’uomo che ha guidato la Juve a vincere tutto quanto si potesse vincere, decide di dare le dimissioni.

Lo fa, a suo dire, “per dare una scossa all’ambiente”, per far ritrovare alla Juve “la fame di vittorie”, come avrebbe del resto fatto qualsiasi tifoso innamorato dei colori bianconeri.

In estate, però, arriva la sorpresa: Moratti coglie l’occasione di un Lippi disoccupato per portarlo all’Inter, seguendo la filosofia del “meglio farsi amici i peggiori nemici”.

Lippi arriva a Milano con un palmares incredibile: 3 scudetti, una Coppa Italia, 2 Supercoppe Italiane, una Supercoppa Europea, una Coppa Intercontinentale, una finale di Coppa Uefa persa contro il Parma, 3 finali di Coppa Campioni (2 perse, una vinta).

Una rivoluzione nerazzurra

Già dopo la firma, però, emergono tra i tifosi le prime perplessità: Lippi vuole godere di un potere decisionale pressoché assoluto (dopo essersi svincolato dalla marcatura della triade Moggi-Giraudo-Bettega, evidentemente fautori di ogni scelta tecnica), e in prima istanza decide di epurare lo spogliatoio facendo fuori alcuni simboli della vecchia guardia nerazzurra: via Bergomi (totem interista), Simeone e Pagliuca, tutti beniamini della Curva Nord.

Oltre a loro, Lippi ottiene la cessione dei vari Taribo West, Winter, Dabo, Paulo Sousa, Kanu, Djorkaeff, Ze Elias, Silvestre; fa acquistare a Moratti Michele Serena, il giovane colombiano Ivan Cordoba, il serbo Jugovic (già alla Juve con Lippi) il portiere Peruzzi, il centrale Laurent Blanc (34 anni, al posto di Bergomi, 36), Domoraud, Panucci,  il nazionale Di Biagio, il greco Georgatos, il talento rumeno Mutu, il rientrante dal Venezia, Recoba. Dal mercato di Gennaio arriverà, dal Real Madrid, anche l’olandese Clarence Seedorf

Una vera rivoluzione, che però non finisce qui: il colpo da 90 di Moratti è senza dubbio quello legato all’acquisto di Christian Vieri dalla Lazio, per affiancare Ronaldo in un duo d’attacco da sogno. Peraltro, l’Inter aveva a disposizione pure un certo Roberto Baggio: sulla carta, l’attacco era il migliore del mondo per distacco.

La prima conferenza stampa dell’epoca Lippiana comincia con un “Non permetterò a nessuno di rovinare il mio lavoro. Chi rompe, lo prendo e lo butto fuori”: è chiaro l’intento del mister Viareggino di compattare lo spogliatoio e far remare tutti nella stessa direzione.
Obiettivo che fallirà miseramente.

Esordio promettente, ma poi..

Nelle prime cinque giornate Lippi accumula 13 punti, infondendo fiducia nell’ambiente. Ma a poco a poco, le sue scelte mescolate ad alcune sfortune faranno precipitare la situazione.

Ronaldo e Vieri vivono una stagione colma di infortuni (col brasiliano che prima si lesionerà il ginocchio contro il Lecce, per poi rompersi del tutto drammaticamente in Coppa Italia con la Lazio), e il feeling con Baggio latita. Anzi, i due non si sopportano proprio.

L’annata è un logorio continuo, non essendoci coppe da giocare: le panchine per Baggio si sprecano. Del resto, Lippi preferisce la coppia Zamorano-Recoba alle gesta del divin codino, inimicandosi tutti i tifosi nerazzurri e mezza italia pallonara, che vorrebbe vedere Baggio titolare.

L’Inter si smarrisce presto, i tifosi non legano con il mister, e a metà anno la squadra è già fuori dalla lotta scudetto.

L’Inter termina il campionato al quarto posto in coabitazione col Parma: essendo quello l’ultimo posto utile per la qualificazione alla Champions, tocca disputare uno spareggio in campo neutro: si va a Verona per l’atto conclusivo della stagione.

La moria di attaccanti costringe Lippi a schierare il suo acerrimo nemico Baggio titolare, e quest’ultimo trascina letteralmente la squadra alla vittoria con una punizione incredibile e un siluro mancino da fuori area. L’Inter vince 3-1 e nel dopopartita Baggio saluta amaramente, sputando veleno contro l’allenatore e rendendolo ancora più antipatico al pubblico nerazzurro.

L’epilogo

Nessuno ha mai capito cosa sia passato per la mente a Lippi nell’estate del 2000. Nonostante il rapporto con tifosi e società fosse ai minimi termini, il viareggino decide di restare in sella anche nella stagione successiva, anche se la frattura generata da Baggio pare di difficile risanamento.

La campagna acquisti è di tutt’altro tenore rispetto a quella dell’anno precedente: arrivano un elevato numero di bravi ragazzi che tutto sono tranne che dei campioni.

Giungono quindi a Milano Cirillo, Brocchi, Ferrari, Gresko, Farinos, Vampeta, Robbie Keane, Hakan Sukur: a posteriori, un vero e proprio museo dell’orrore calcistico, che riempie ancora oggi la top 11 dei bidoni interisti all time.

Il primo appuntamento della stagione è il preliminare di Champions League con i modestissimi svedesi dell’Helsingborg: l’andata in trasferta si conclude con una sconfitta per 1-0 maturata a pochi minuti dalla fine, ma Lippi confida di ribaltare comodamente tutto al ritorno, tanta è la differenza tecnica delle due squadre.

Nel ritorno di San Siro, però, l’Inter fatica terribilmente, sembra spaesata e priva di idee. Non trova quasi mai la via del tiro, e gli svedesi si difendono ordinatamente. All’ultimo minuto, tra le grida disperate dei tifosi che intravedono il baratro, viene concesso un rigore all’Inter che la porterebbe ai supplementari: va Recoba, ma Andersson para. Inter fuori dalla Champions prima ancora che cominci.

L’ambiente è già allo sfascio e siamo solo ad agosto: Lippi non si dimette, anzi: perde la Supercoppa Italiana con la Lazio e, come se non bastasse, perde in casa della modesta Reggina sotto i colpi di Possanzini e Marazzina alla prima di campionato.

A furor di popolo, il tecnico viareggino si dimette, lasciando a Tardelli una rosa con gravissime lacune (sarà quella che perderà poi il famoso derby per 6-0 nel maggio 2001).

Col senno di poi, da Italiani, è stato un bene che Lippi abbia avuto tempo per dedicarsi alla nazionale: tuttavia, ogni tifoso interista non può che ricordare con amarezza quella triste parentesi nerazzurra.

Del resto, un simbolo della juventinità come Lippi era difficile da collocare nell’universo nerazzurro: era davvero un matrimonio che non s’aveva da fare.