Vai al contenuto

Lo sci alpino azzurro ha vissuto momenti gloriosi nella sua storia, dai tempi di Zeno Colò fino agli anni della “valanga azzurra”, con altri personaggi epici come Piero Gros e Gustav Thoeni.

Eppure nonostante tutti questi successi c’è stato un solo campione che è riuscito probabilmente a dare una svolta alla passione degli italiani per questo sport: Alberto Tomba.

Tomba la “Bomba”

Senza nulla togliere al talento e alla classe degli altri grandi campioni azzurri, l’arrivo di questo ragazzone bolognese nel circo bianco ha letteralmente cambiato il paradigma e le percezione di questo sport agli occhi degli italiani.

Uno sport fino a quel momento ad appannaggio quasi esclusivo di uomini di “montagna”, cresciuti in paesi coperti di neve e più vicini al cielo che alla valle. Nati con gli sci ai piedi e con quel carattere un po’ chiuso e schivo proprio di chi è abituato a vivere in luoghi dove è il freddo a farla da padrone.

Poi a inizio degli anni ottanta, sulla scena si presentò questo ragazzo di Bologna nato in un paesino a poco più di qualche centinaio di metri sul livello del mare (Castel de Britti), una zona collinare in cui al limite fare qualche discesa con il bob. Lui gli sci aveva imparato a usarli sulle montagne più vicine, al Corno alle Scale o a Cimone, alternando la sua crescita tecnica (insieme al coach Roberto Siorpaes) alla vita da teenager nel capoluogo emiliano.

Forse anche per questo quando apparve sulle scene, il suo carattere decisamente più estroverso e giocherellone ne fecero un caso più unico che raro tra i suoi colleghi sportivi. Possibile che quell’istrionico ragazzo potesse davvero avere più talento di tutti quegli sportivi nati e cresciuti sulla neve? Sì, e presto lo avrebbe dimostrato a tutti.

L’arrivo di Tomba sulle scene

A parte tutto, l’iter di Alberto Tomba nella nazionale azzurra fu simile a quello di tanti suoi coetanei. Partendo dalle giovanili minori, per passare di categoria c’era un solo modo: mettersi in mostra e vincere le gare. E così in effetti fece, soprattutto nelle gare più tecniche come slalom e slalom gigante, fin da subito le sue specialità più naturali.

La sua prima uscita ai mondiali juniors del 1984 lo vide fermarsi a un passo dal podio, ma quel quarto posto fu sufficiente per promuoverlo nella squadra B della nazionale. Quando parliamo di grandi campioni però, c’è sempre un pizzico di destino in mezzo a mischiare le carte.

In questo caso fu una gara dimostrativa organizzata durante il periodo natalizio, un “Parallelo di Natale” che vedeva partecipare tutti gli atleti della squadra A nazionale, ma anche di quelle minori. E a vincere fu proprio Alberto Tomba, che ebbe la meglio anche sui suoi colleghi più grandi. I giornali quasi ci scherzarono sopra, ma in effetti fu l’inizio ufficiale del suo dominio azzurro.

In Coppa del Mondo l’inizio della carriera per gli sciatori non è mai facile. Non solo perché devono ancora farsi le ossa, ma perché praticamente sono costretti a partire con numeri di pettorale molto alti, trovando quasi sempre una pista al limite del praticabile in cui fare tempi ottimali è realmente complicato.

Vale anche per i più talentuosi, quando hanno a che fare con dei solchi così profondi da rendere impossibile passare a più di mezzo metro dal paletto. Per questo anche un sesto posto può essere considerato un traguardo incredibile, se sei partito con il numero 62 e sei poi arrivato invece a pochi decimi dal vincitore. Ed è quello che accadde a Tomba ad Are, in Svezia nel 1986, quando conquistò i suoi primi punti in Coppa del Mondo. I primi di una lunghissima serie.

La prima vittoria di Alberto

La stagione successiva, quella del 1988, apre ufficialmente “L’Era Tomba” nel mondo dello sci azzurro. Da simpatica comparsa l’Alberto nazionale diventa punto di riferimento e avversario da battere per tutti. Una stagione magica, che lo vide portare a casa ben nove vittorie tra Slalom Gigante e Speciale, che gli valsero le due Coppe del Mondo per specialità.

Un cambio di passo totale, consacrato poi dai due Ori vinti ai giochi olimpici invernali di Calgary, sempre in Gigante e in Speciale. Nel primo dominò la gara in entrambe le manches, nel secondo recuperò dal terzo posto finendo con sei centesimi di vantaggio dopo la seconda. Un successo che lo mise al centro dell’attenzione mediatica, tanto che la Rai mise in pausa persino il Festival di Sanremo pur di trasmettere in diretta la sua vittoria Olimpica.

Il ragazzo di Bologna a poco più di vent’anni, diventa nell’arco di un anno uno degli sportivi più seguiti di sempre nel nostro paese. E lo sci azzurro di punto in bianco fa ascolti che nemmeno la nazionale di calcio riesce a ottenere.

La pressione, il carattere, il mito

Il confine tra leggerezza e professionalità non è sempre ben definito.

Di Albertone è piaciuto subito il suo modo di affrontare le cose, sempre al limite tra questi due aspetti esaltandone i pregi di entrambi. Perché Tomba era anche questo sugli sci, genio e sregolatezza. Uno che durante i campionati italiani finiva di allacciarsi i guanti dopo essere partito dal cancelletto mentre affrontava le prime porte con la sicurezza di chi sa di essere il più forte di tutti.

Quello stesso che nei momenti di minore intensità della stagione lo vedevi giocare a calcetto nella sua San Lazzaro insieme ai ragazzi della zona, in un paese che lo venerava come un mito ormai, tanto da spostarsi in massa in giro per l’Europa per seguirlo in ogni gara della Coppa del Mondo (e se Tomba fece la storia dello sport, di certo i suoi tifosi la fecero sulle tribune in quegli anni).

Questi stessi aspetti del suo carattere del resto, furono anche quelli che gli permisero all’inizio di vincere e convincere apparentemente quasi senza sforzo. Il modo in cui recuperava secondi agli avversari era quasi inspiegabile ai profani: lo vedevi scendere che sembrava a rallentatore, ma poi guardavi il cronometro e dava decimi a tutti.

Tomba però era principalmente un uomo, a cui piaceva ridere e andare sugli sci parimenti. Forse per questo proprio dopo quelle annate magiche piene di successi, la pressione del circo mediatico e la consapevolezza di dover per forza essere sempre il numero uno, portarono con sè anche qualche errore di troppo, qualche speranza disillusa, qualche vittoria mancata.

Nel 1989 e 1990 Tomba è ancora protagonista, ma non riesce a vincere nè la Coppa del mondo di specialità nè soprattutto il suo appuntamento con i Mondiali, che resteranno una vera e propria “maledizione per lui” per lungo tempo.

Gli anni novanta di Tomba

Non è strano quindi vedere un giovane campione cercare un adattamento al nuovo ruolo di favorito. Molti non riescono nemmeno ad affrontare queste situazioni e spesso si perdono per strada non riuscendo più a trovare il filo conduttore giusto per la vittoria. Ma non è il caso di Alberto Tomba, che proprio durante i primi anni novanta torna prepotentemente a dominare le scene.

Certo decide di rinunciare ad alcune gare nelle specialità di discesa e super G, rinunciando di fatto a qualche punto in vista della conquista della Coppa del Mondo Generale, ma ne ricava di contro maggiore concentrazione per le sue gare preferite di slalom e gigante, conquistando entrambe le Coppe nel 1992, oltre a un oro (nel gigante) e un argento (nello slalom) alle Olimpiadi di Albertville.

La Coppa del Mondo: Tomba entra nella storia

Alle soglie dei trent’anni, Tomba è già uno degli sciatori più vincenti di sempre, probabilmente il più amato, di certo quello che ha avuto più seguito di tutti. Eppure per arrivare al mito dei grandi del passato, manca ancora qualcosa. Alberto alla vigilia della stagione di Coppa del Mondo del 1995 non ha mai vinto la classifica generale, e non è mai riuscito a vincere l’Oro ai mondiali.

Il confronto con Thoeni è sempre lì, malgrado il bolognese abbia ormai doppiato le vittorie dell’alto atesino in Coppa del Mondo (50 contro 24 alla fine delle rispettive carriere).

Ma come spesso accade, proprio nei momenti decisivi della carriera di uno sportivo arriva la differenza vera tra un grande campione e un ottimo atleta. E quello che Tomba fece in questi due anni, è qualcosa che va al di là del semplice atto sportivo, ed entra di diritto nella leggenda.

Nella Coppa del Mondo del 1995, Tomba vince sette slalom speciali consecutivi, a cui si aggiungono quattro giganti nel corso della stagione.

Un dominio che oltre alle due coppe di specialità, vale soprattutto la sua prima Coppa del Mondo generale con 1150 punti totali (contro i 775 del secondo), riportandola in Italia a 30 anni esatti dall’ultima vittoria proprio di Thoeni (e duole pensare che a tutt’oggi, sia ancora l’ultima vinta dagli azzurri in campo maschile).

Ma non basta. perchè c’è ancora una casella da riempire nel suo sconfinato palmares.

L’ultimo tassello mondiale

L’occasione sono i campionati mondiali del 1996 a Sierra Nevada, in Spagna, in quello che potrebbe forse essere l’ultimo suo appuntamento con la competizione iridata e l’ultima occasione per conquistare un oro che fino ad allora era sempre sfuggito (solo un bronzo nel 1987).

Gli spagnoli peraltro sono tutti contro di lui, complice un’intervista (tradotta male) che aveva attirato le ire dei padroni di casa che lo coprirono di fischi durante la seconda manches che lo vide partire con il miglior tempo della prima. Nemmeno il tempo di buttarsi tra le porte però, che una scivolata sembra buttarlo fuori dai giochi, ancora una volta. La maledizione mondiale colpisce ancora.

E invece, no. Il destino ha in serbo un altro finale. Tomba compie un autentico miracolo, i suoi sci e le sue gambe lo tengono incredibilmente in piedi e in corsa per la vittoria. Perde qualcosa, deve recuperare malgrado una pista che sembra segnata oltre l’inverosimile.

Quel giorno però le regole non valgono, il peso con cui scende verso valle non è solo il suo, ma quello dei sogni di milioni di italiani che stanno facendo il tifo per il campione bolognese e che lo spingono veloce, verso il traguardo. Un minuto, cinquantotto secondi e sessantatre centesimi. Quaranta in meno di Kalin che finisce secondo. Davanti a tutti, per la prima volta ai mondiali, finisce Alberto Tomba. Un Oro che anche in questo caso mancava dal 1974, nemmeno a dirlo anche in quel caso vinto da Thoeni.

La maledizione è finalmente spezzata, e lo si vede chiaramente nella sicurezza con cui solo due giorni più tardi, Tomba compie un altro miracolo. Sesto dopo la prima manche nello slalom speciale, nella seconda mette il suo classico turbo e chiude di nuovo al primo posto, entrando di fatto nella leggenda di questo sport.

La fine di un epoca

Per i numeri ci sono un altro paio di stagioni disputate da Alberto Tomba, che hanno portato qualche altra vittoria in Coppa del Mondo e anche un fantastico bronzo ai mondiali del Sestriere nel 1997. Ma è la coda finale di una cometa che ha illuminato a giorno il mondo dello sci italiano e mondiale per un decennio, cambiando il paradigma stesso con cui gli appassionati si rivolgevano a questo sport.

Tomba è stato la punta di diamante di un gruppo italiano che si è via via riempito di talenti e campioni (da Ghedina a Runggaldier solo per citare due suoi contemporanei che hanno raccolto altrettante preziose vittorie), ma anche il traino per tutto un comparto che è cresciuto anche grazie alla visibilità che il bolognese ha dato a questo sport, un po’ come ha fatto un Valentino Rossi in campo motociclistico.

Ha spostato anche l’asticella decisamente in alto, tanto che solo le fanciulle da allora sono riuscite ugualmente a dare gioie simili (dalla Compagnoni alla Kostner, fino alla Brignone solo per citarne alcune).

Ma soprattutto ha fatto vedere un altro approccio caratteriali agli sport invernali (e non solo), riuscendo più di altri a entrare nei cuori dei tifosi oltre che nella prima pagina della storia dello sci alpino.

Una pagina piena di azzurro.