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Kid’s got the alligator blood, can’t get rid of him. Il ragazzo ha il sangue di un alligatore, non è facile liberarsi di lui.

Una frase che in molti, giocatori di poker e appassionati di cinema allo stesso modo, conoscono. E’ infatti tratta dal film Rounders-Il Giocatore e a pronunciarla è nientemeno che il “cattivo” del movie, Teddy KGB, interpretato da John Malkovich. Siamo quasi alla fine del film e il russo è stressato dalla mano precedente nella quale il suo avversario, Mike McDermott (Matt Demon), ha appena fatto un grandissimo fold. Teddy non riesce a prendergli tutto lo stack e dentro di sé sente che in quel momento il destino gli ha girato le spalle. L’ultima mano è alle porte, quando Mike intrappolerà Teddy in uno slowplay con un serie di check, check, check…

A voler essere precisi, nella sceneggiatura originale la battuta è leggermente diversa. Teddy dice: Hangin’ around, hangin’ around. Like a fucking leech. Can’t get rid of him. Il concetto è lo stesso, ma al posto di un alligatore c’è una sanguisuga (“leech”).

Non sappiamo se sia stata cambiata dagli sceneggiatori, Brian Koppelman e David Levien, o dallo stesso Malkovich durante le riprese del film. Di certo, l’immagine dell’alligatore rende meglio la fame di vittoria, e quindi la pericolosità al tavolo, di Mike McDermott. Ma forse non tutti sanno che si tratta di una frase realmente pronunciata da Johhny Moss (1907-1995), vincitore di 9 braccialetti WSOP, dopo aver assistito ad una grande giocata: quel ragazzo ha il sangue di un alligatore, dice la leggenda del poker riferendosi a Stu Ungar.

Johnny Moss (1907-1995), credits PokerNews.uk

Siamo al Main Event delle World Series del 1997. Un anno particolare, perché al final table a 6 è presente per la terza volta il leggendario Stuey.

“The Kid” si era già laureato campione del mondo due volte, nel 1980 e nel 1981, e aveva raggiunto i final 9 del ME WSOP nel 1990. Adesso, a 16 anni di distanza dall’ultima vittoria, è di nuovo nel ristretto lotto dei pretendenti al titolo. E lo fa ancora da protagonista, nonostante il gioco sia profondamente cambiato e il field sia diventato molto più impegnativo. Bastano i numeri per dare un’idea del cambiamento: nel 1980 e nel 1981 i partecipanti al Main Event erano stati rispettivamente 73 e 75; nel 1997 sono diventati 312.

La mano in questione vede Stu Ungar contrapposto a Ron Stanley, un professionista soprannominato “The Carolina Express”, vincitore di un braccialetto WSOP di Limit Hold’em nel 1991 e protagonista di svariati tavoli finali. Ungar inizia il FT da chipleader con circa 1 milione di chips, Stanley insegue a 700.000. Alla mano n.35 Stanley ha ridotto il distacco da Ungar a circa 100.000 gettoni.

E’ una “guerra di bui”, come si definisce oggi una mano in cui a sfidarsi sono solo i giocatori che occupano le posizioni di Small Blind e Big Blind. Il livello è 5.000/10.000 e Stanley limpa da Small Blind. Ungar si limita al check. Il flop porta A♠6♠9♥: doppio check. Al turn scende un 8♣, sul quale Stanley esce puntando 25.000, solo per subire il rilancio di Ungar a 60.000.

In quel momento, i due commentatori per ESPN, Phil Hellmuth e Gabe Kaplan cercano di immaginare con quale mano Stuey possa aver fatto quel tipo di action: Hellmuth ipotizza un 10-9, mentre Kaplan è convinto che abbia una doppia coppia (va ricordato che in quel periodo le hole cards non erano visibili per il pubblico da casa).

Stanley ci pensa un po’ e alla fine chiama. L’ultima carta del board è un K♦: check per Stanley, Ungar punta 220.000, più del pot, e manda in the tank l’avversario. Dopo averci pensato qualche minuto, Stanley decide di foldare. A quel punto Ungar mostra Q♠10♣, scala mancata. Le carte di Stanley sono già nel muck, ma Carolina Express successivamente dichiarerà di aver avuto 9♦7♦, cioè la mano migliore con la coppia di 9 centrata al flop.

Stuart Errol Ungar (credits PokerNews)

Il bluff riesce grazie a una condotta della mano che polarizza Ungar su scala o doppia coppia, come ipotizzato dai commentatori. Ungar piazza così un’altra giocata spettacolare dopo quella messa in mostra pochi mesi prima nella rivincita con Mansour Motloubi, campione del mondo nel 1990 ma favorito del forfait “forzato” di Ungar al final table.

Alla fine Stanley chiuderà con un “modesto” quarto posto, mentre Ungar vincerà il suo terzo Main Event WSOP, incassando un milione di dollari. Tanti soldi e un risultato fantastico, ma non sufficiente per liberarlo dai suoi demoni: morirà l’anno successivo, all’età di 45 anni, divorato dalla droga. Il suo corpo senza vita verrà ritrovato nella camera di uno squallido motel di Las Vegas.

Foto di testa: Stu Ungar (credits PokerNews)