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Nel 1996, Lucio Dalla -uno dei cantanti più celebri e amati della storia della nostra musica- incise il brano Ayrton.

Ad un giovane, oggi, non è semplicissimo spiegare il perché di quella dedica. Sì, perché Ayrton Senna, pilota di Formula Uno di nazionalità brasiliana, non è stato il pilota più vincente del suo sport; ma senza dubbio è stato uno dei più amati e – sicuramente – il più pianto.

Senna, un predestinato  

Ayrton Senna nasce il 21 marzo 1960 a San Paolo (Brasile). Le sue origini sono, in parte, italiane: il cognome Senna, infatti, rimanda a una famiglia di radici napoletane e toscane. I genitori di Ayrton, Milton da Silva e Neyde Senna, lo hanno cresciuto in un contesto di benessere che lo ha visto arrivare ben presto a sfiorare il sogno di guidare una monoposto.

Godendo infatti di discrete possibilità economiche, nel 1972 ha avuto la possibilità di sedersi su un kart e di partecipare al Campionato Junior, conquistandolo al primo colpo. Di lì in avanti, per 4 anni consecutivi conquistò il campionato kart riservato ai ragazzini.

Nel 1979, pertanto, ebbe la possibilità di esportare il proprio talento in Europa, togliendosi soddisfazioni nelle categorie automobilistiche minori.

Dopo un lungo girovagare (non privo di soddisfazioni) tra kart, Formula Ford e Formula 3, finalmente nel 1984 la scuderia di Formula Uno Toleman decise di affidargli il volante di una vettura ufficiale.

Il debutto in Formula Uno

Ayrton Senna, in quel momento, era il quattordicesimo pilota brasiliano a entrare a far parte del prestigioso mondo della F1. Questo lo caricava di enormi responsabilità, dal momento che il Brasile aveva già avuto due campioni del mondo come Piquet e Fittipaldi, e tale circostanza lo obbligava a confermare quanto di buono si era visto nelle serie minori.

Nonostante la pressione, la sua stagione d’esordio non fu niente male: Senna conquistò infatti i primi punti già al secondo GP ( finendo 6° in Sudafrica), surclassando i compagni di scuderia (il venezuelano Johnny Cecotto e lo svedese Stefan Johansson); successivamente ottenne addirittura tre podi: un secondo posto a Montecarlo , con gara interrotta per pioggia mentre Senna stava contendendo il primo posto nientemeno che ad Alain Prost, e due terzi posti in Gran Bretagna e in Portogallo.

Il passaggio in Lotus

Dopo un esordio fin oltre le più rosee aspettative, arrivò l’ingaggio alla Lotus, come compagno di squadra dell’Italiano Elio De Angelis. Come l’anno precedente a Montecarlo, sotto la pioggia Ayrton si prese delle ghiotte soddisfazioni: all’Estoril, infatti, Senna conquistò sotto l’acqua il suo primo successo in Formula Uno.

Con essa, arrivò anche il trionfo a Spa. Senna rimase alla Lotus fino al 1987, conquistando quattro gare (Spagna, Montecarlo e Stati Uniti, per due volte), finendo due volte quarto e una volta terzo nella classifica iridata.

McLaren, la consacrazione definitiva e la rivalità con Prost

Nel 1988 arrivò finalmente l’ingaggio in McLaren, scuderia il cui pilota principale era Alain Prost. Con il pilota francese, Senna instaurò una rivalità clamorosa, destinata a diventare una delle maggiori nella storia della Formula Uno e più in generale nella storia dello sport.

Rivalità acuita anche dal fatto che Senna riuscì sorprendentemente a trionfare nella prima stagione in McLaren, relegando proprio Prost al secondo posto della classifica iridata, grazie ai trionfi nei circuiti di San Marino, Canada, Detroit, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Belgio e Giappone.

Fu proprio nel Gran Premio di Imola che la rivalità tra i due si accese definitivamente: con le McLaren prima e seconda alla partenza, i due  piloti strinsero un patto prima della partenza secondo il quale Senna non avrebbe dovuto attaccare il compagno al primo giro, in modo da permettere ad ambo le vetture di prendere comodamente il largo sui rivali: Senna disattese l’ordine, sorpassando Prost alla curva della Tosa, e da lì iniziarono le polemiche tra di loro.

L’anno successivo, poi, con Senna campione in carica fu invece Prost a trionfare: nonostante sei vittorie del brasiliano contro quattro del francese, fu quest’ultimo a conquistare l’iride.

Emblematica fu la penultima gara in Giappone, a Suzuka: Prost e Senna si scontrano durante la battaglia per il primo posto, con il brasiliano che infila il francese in maniera arrembante all’ultima chicane; Prost stringe, i due si toccano e finiscono fuori pista. Prost si ritira, Senna ritorna in pista aiutato dagli stewart, vince, ma più tardi viene squalificato, lasciando al rivale il titolo del mondo: le polemiche ancor oggi non si placano.

Nel 1990, con Prost in Ferrari (letteralmente fuggito dalla McLaren, dove a sua detta “con Senna non si può lavorare”) Ayrton conquista sei Gran Premi e il Giappone – come l’anno prima – è l’ultimo atto di un film-thriller: Senna sperona Prost alla prima curva in modo piuttosto plateale, ottenendo il risultato di eliminare entrambi dalla corsa e di conquistare matematicamente il titolo, alimentando ulteriori fiumi di discussioni.

Nel 1991, Senna vinse il suo terzo mondiale, surclassando il compagno di squadra Gerhard Berger, conquistando sette vittorie in stagione. La rivalità con Prost finì di fatto qui, dal momento che la Ferrari ebbe un calo prestazionale evidente, non combattendo più per le prime posizioni; Prost, peraltro, si prese un anno sabbatico nel 1992, con il 1993 riservato alle ultime piccole scaramucce tra i due contendenti.

Nel 1994, Ayrton Senna passò alla Williams.

Il maledetto 1994 e l’inizio della leggenda

Passato alla britannica Williams, la stagione del 1994 è irrimediabilmente segnata dal weekend di San Marino, terza prova del Mondiale.

Il funesto fine settimana iniziò a Imola il 29 aprile, quando nelle prove del venerdì Barrichello fu vittima di un incidente spaventoso, con poche conseguenze per il pilota.

Non fu così fortunato, sabato 30, il povero austriaco Roland Ratzenberger, che uscendo alla curva Villeneuve perse la vita nello schianto.

Venne deciso di correre ugualmente, e la gara di domenica 1 maggio vedeva al via un Senna particolarmente turbato e scosso dalla morte del collega austriaco. Ayrton decise infatti di omaggiare Ratzenberger salendo a bordo della sua Williams con una bandiera austriaca legata al braccio.

Il settimo giro del circuito di Imola coincise, per Ayrton, con l’appuntamento con la cattiva sorte: la rottura del piantone dello sterzo generò la sua uscita di pista alla curva del tamburello ad una velocità estremamente sostenuta, che ebbe come conseguenza uno schianto terrificante sul muretto.

L’impatto fu tremendo, provocando ferite gravissime al cranio e alla nuca. Poche ore dopo, Senna morì all’ospedale di Bologna, gettando nello sconforto tutti i tifosi di Formula Uno e dello sport in generale.

Al funerale di San Paolo, sua terra d’origine, il feretro fu trasportato anche da Alain Prost, che volle così omaggiare il rivale di tante battaglie in pista con un gesto di stima e rispetto.

Senna morì a soli 34 anni, ma quel pomeriggio, a Imola, nacque il mito.

Un mito inarrivabile

“Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita”.

Ayrton Senna

Pochi sportivi hanno avuto un impatto così deciso nella cultura di tutti i giorni: il suo talento, la sua devozione religiosa (era un fervente cattolico), le ingenti beneficenze a favore dei bambini poveri del Brasile, l’hanno fatto amare dalla gente e apprezzare anche dai suoi avversari.

I numeri della sua carriera sono straordinari, specie se si pensa che avrebbe potuto ulteriormente migliorarli: tre mondiali vinti, 41 vittorie, 80 podi, 65 pole position e il record di vittorie (6, primato tutt’ora imbattuto!) sullo storico circuito di Montecarlo lo rendono uno dei più grandi di sempre.