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Vanessa Ferrari è la miglior ginnasta della storia sportiva italiana e si è guadagnata il soprannome di Farfalla, per via dell’eleganza che coniuga alla potenza quando si libra in aria compiendo le evoluzioni a corpo libero che le hanno procurato tanti successi e anche un movimento specifico, un enjambé cambio ad anello con 360° di rotazione al corpo libero, che porta il suo nome, il “Ferrari“.

Ma se della Farfalla Vanessa ha sicuramente l’eleganza, i punti di contatto con lo splendido insetto finiscono qui: così come le farfalle sono famose per essere animali delicatissimi e che vivono pochissimo, mediamente un mese, così Vanessa al contrario ha dimostrato una resistenza e una longevità come atleta fuori dalla norma, preparandosi a vivere la sua quarta olimpiade in una carriera costellata da infortuni che avrebbero spinto al ritiro qualsiasi altro atleta.

A quasi 31 anni Vanessa si prepara a partire per l’olimpiade di Tokyo, dopo aver subito in carriera cinque interventi chirurgici ai piedi e uno alla mano. Il suo corpo è segnato da un’impressionante cicatrice lungo il tendine d’Achille sinistro, laddove Vanessa si è sottoposta ad un intervento chirurgico che l’ha costretta a più di 500 giorni di inattività, ad un’età in cui buona parte delle sue colleghe si sono ritirate e passate all’insegnamento.

La prima campionessa mondiale di ginnastica italiana

Vanessa Ferrara è nata a Orzinuovi, in provincia di Brescia nel 1990 si è innamorata della ginnastica artistica a 6 anni, vedendo un’atleta alla trave in televisione. Nel 1997 abbandona la danza a cui l’aveva iscritta la madre e inizia a praticare la ginnastica nella palestra Liberi e Forti a Castelleone, in provincia di Cremona. Nel 1998 si tessera per la società Brixia Brescia, di ben altre dimensioni e prospettive, grazie alla madre che si sobbarca i 200 chilometri d’auto quotidiani per accompagnarla e riprenderla in palestra ad ogni allenamento.

Dotata di un precocissimo talento, inizia a collezionare successi nazionali nella categoria juniores, fino ad arrivare alla convocazione nella nazionale di categoria nel 2004, per i Campionati Europei Juniores. Nel 2005 partecipa ai Giochi del Mediterraneo ad Almeria, in Spagna, conquistando 5 medaglie d’oro e un argento su 6 competizioni. La rabbia per non essere riuscita a fare il pieno di ori le valse per la prima volta l’appellativo di “Cannibale”, che da allora l’accompagna insieme a quello ben più grazioso di “Farfalla”.

Nel 2006 lascia la categoria juniores per entrare in quella senior, e fa parte della Nazionale che per la prima volta vince l’oro di squadra europeo ai campionati di Volos, superando Russia e Romania. A livello individuale si presenta per la prima volta al Mondiale di categoria a Aarhus, in Danimarca. Nonostante una caduta all’esercizio alla trave che avrebbe potuto compromettere tutta la prova, Vanessa resta in corsa per il titolo fino alla prova finale, il corpo libero.

Vanessa, la prima ginnasta italiana ad essere riuscita ad eseguire il lo Tsukahara avvitato “Silivas”, ovvero un doppio salto indietro raccolto con doppio avvitamento, entra in pedana con uno sguardo che fa capire a tutti i presenti che quella ragazzina di 15 anni aveva un solo obiettivo in mente: la vittoria. Sulle note del Nessun Dorma Vanesse esegue, prima ginnasta al mondo, un esercizio con cinque diagonali, raccogliendo ben 15.500 punti per il corpo libero. Il punteggio finale è di 61.025 punti, che valgono il primo storico trionfo mondiale azzurro nella ginnastica artistica.

Il difficile rapporto di Vanessa Ferrari con le Olimpiadi

Dopo il successo mondiale la fama di Vanessa cresce a dismisura, e se questo porta indubbi vantaggi (come la nuova palestra per la Brixia Brescia), allo stesso tempo ha un impatto abbastanza destabilizzante su di lei, timida e schiva.

I successi continuarono a susseguirsi in campo nazionale e internazionale, ma l’attesa era tutta per il giochi olimpici di Pechino 2008. Nel 2007 al Mondiale di Stoccarda subisce il primo di una serie di infortuni che costelleranno la sua carriera, la frattura dello scafoide del piede.

Pechino 2008: stress e problemi fisici

Nonostante la forma fisica precaria, fu comunque l’unica atleta minorenne della spedizione italiana a Pechino. I problemi ai tendini impedirono a Vanessa di esprimersi al meglio, e a rivedere quelle immagini colpisce come il suo sguardo fosse sconsolato e colmo di delusione, privo di quel fuoco che ha sempre contraddistinto la sua carriera.

l periodo delle Olimpiadi portò uno stress quasi insostenibile per Vanessa, che soffrì anche di disturbi alimentari e che dovette poi fare anche i conti con la separazione dei genitori. Inoltre i problemi al tendine di Achille peggiorarono al punto da costringerla a sottoporsi a fine 2009 ad un primo intervento chirurgico.

Londra 2012: la medaglia sfuggita per un cavillo

Tornata a gareggiare nel corso del 2010, Vanessa riesce a trascinare la nazionale italiana alla qualificazione alle olimpiadi di Londra 2012. Superati gli infortuni e piena di voglia di riscattare la delusione di Pechino, Vanessa si presenta alla competizione con l’esplicito obiettivo di vincere una medaglia.

Al momento del corpo libero Vanessa ottiene il terzo miglior punteggio, a pari merito con la russa Aliya Mustafina, ed era già sicura di mettersi al collo la medaglia di bronzo, risultato mai ottenuto da un’atleta italiana nella categoria. Ma ben presto arriva una doccia freddissima: il regolamento della ginnastica artistica non prevede una medaglia ex-aequo, ma nel caso di pari punteggio viene premiata l’atleta che ha ha ottenuto un punteggio migliore a fronte di un coefficiente di difficoltà minore. Tradotto, vince l’atleta russa, che ha eseguito in maniera migliore un esercizio più “facile”, mentre a Vanessa, che ha portato un esercizio con un coefficiente di difficoltà maggiore, rimane solo il quarto posto e la cosiddetta “medaglia di legno.

Rio de Janeiro 2016, un errore fatale

La delusione dopo Londra è tale che Vanessa pensa anche al ritiro, visti anche i perduranti dolori ai tendini. Ma nel 2013 torna a gareggiare e a macinare successi, arrivando a vincere al Mondiale del 2013, dove era anche capitana della spedizione azzurra, l’argento individuale, la sua quinta medaglia individuale ai Mondiali.

Nel 2015 deve rinunciare alla finale degli Europei a causa della mononucleosi, virus che la debilita anche e soprattutto nei tendini già sofferenti. Nonostante i dolori che quasi le impediscono di camminare (viene portata fuori dal palazzetto di Glasgow sorretta dal fratello e dal fidanzato) centra la qualificazione per le olimpiadi ai mondiali di Glasgow, rinunciando a disputare le gare finali a causa del dolore.

A Rio, dieci anni dopo la vittoria mondiale di Aarhus, Vanessa ripresenta un esercizio sulle note del Nessun Dorma, centrando la qualificazione in finale. Le americane Alexandra Raisman e Simone Biles fanno il vuoto dietro di loro, con prestazioni stellari a cui corrispondo punteggi altissimi, ma la medaglia di bronzo è alla portata di Vanessa.

Il suo esercizio in finale è impeccabile, ma all’atterraggio dell’ultima diagonale, forse proprio per la convinzione di aver centrato quell’obiettivo mancato per niente quattro anni prima, Vanessa compie un piccolo passo indietro, un’imperfezione che le costa una penalità che la piazza al quarto posto. La delusione non è pari a quella di Londra, dal momento che almeno questa volta può imputare a sé stessa l’errore decisivo, ma tornata in Italia Vanessa si prende una lunga pausa dalla ginnastica.

La strada per Tokyo 2020 e il terribile infortunio del 2017

Sottopostasi ad una nuova operazione per superare la tendinite, Vanessa ha il tempo di lasciarsi alle spalle la delusione e lo stress di Rio e rimettersi a gareggiare. Durante la riabilitazione si dedica all’allenamento delle ragazze che puntano alla qualificazione alle olimpiadi di Tokio, e un po’ alla volta cresce dentro di lei la voglia di rimettersi in gioco.

Rientrata nuovamente tra le migliori 8 ginnaste del mondo ai Mondiali di Montreal, l’8 ottobre 2017 Vanessa viene nuovamente tradita dal suo corpo, forse nella maniera più crudele. Durante la finale di specialità al corpo libero, mentre esegue la seconda diagonale, Vanessa sente cedere improvvisamente il tendine d’Achille sinistro. La diagnosi è tremenda: rottura del tendine, e la convinzione che la sua carriera finisse lì.

Ma è in questo momento che la timida Vanessa scopre, anche attraverso i social, l’enorme affetto che gli appassionati di questo sport nutrono nei suoi confronti. La mole enorme di messaggi di stima e di incoraggiamento ricevuti la spronano a rimettersi in gioco. Dopo una difficile operazione e 503 giorni di inattività, si ripresenta alle gare, ma un problema alla tiroide la costringe a rinviare le gare decisive per la qualificazione olimpica. Come se non bastasse poi scoppia la pandemia mondiale di Covid-19, e le olimpiadi vengono rinviate di un ulteriore anno.

Nonostante sia alle soglie dei 31 anni, età in cui la maggior parte delle ginnaste ha già chiuso la carriera, Vanessa riesce a superare all’ultima occasione utile la connazionale e amica Lara Mori per guadagnare il pass individuale alle olimpiadi di Tokyo. L’infortunio dell’ultimo minuto di Giorgia Villa però fa in modo che Vanessa venga inserita nella squadra nazionale, lasciando così il pass individuale a Lara Mori.

A Tokyo Vanessa potrà aggiungere una quarta scritta sotto il tatuaggio dei cinque cerchi che ha sulla nuca, alla base del collo, ma soprattutto potrà puntare a cogliere quel traguardo sfuggito per troppo poco nelle occasioni precedenti.

Ci sono farfalle che vivono un giorno e che appena vengono sfiorate non riescono più a volare. Questa Farfalla, la cui voce da eterna bambina nasconde una volontà di ferro, invece è pronta a volteggiare ed incantare con la sua potenza e la sua eleganza, dopo 15 anni dal suo primo titolo mondiale e una serie di infortuni che avrebbero costretto al ritiro chiunque.