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Il rapporto che i tifosi italiani hanno con la Formula Uno, generalmente è caratterizzato dalla passione che la nostra gente ha per questo o quel pilota, oppure questa o quella scuderia.

Detto che Ferrari – lo sappiamo – ha costruito pagine indelebili della storia della Formula Uno, ad appassionare i tifosi, per un piccolo periodo, vi è stata un’altra scuderia tutta tricolore, che ha avuto una storia breve ma intensa.

Siamo negli anni ’90, e parliamo della Scuderia Italia: andiamo a conoscere la sua storia.

L’ambizione di Giuseppe Lucchini

Giuseppe Lucchini, imprenditore bresciano (figlio di Luigi, ex presidente di Confindustria e gigante della siderurgia italiana) negli anni ’80 è un grande appassionato di motori e automobilismo.

Con l’aiuto di alcuni amici, assume svariati tecnici e fonda la Mirabella, un gruppo con cui inizia a partecipare ai campionati sport-prototipo in Italia e in Europa.

I primi risultati sono soddisfacenti, e qualche sponsor arriva, tanto da convincere Lucchini a rinominare il suo gruppo in BMS (Brixia Motor Sport), per quella che è a tutti gli effetti una scuderia. BMS che peraltro coglie subito un successo significativo, ovvero la vittoria del Campionato Europeo Auto Storiche.

Il team, quindi, inizia a partecipare (con alterne fortune) anche ai campionati italiani Rally e ad altre manifestazioni episodiche.

Scuderia Italia in Formula Uno

Nel 1987, alla luce dei buoni risultati del team nelle varie competizioni, sfruttando l’amicizia con Gian Paolo Dallara (proprietario dell’omonima casa automobilistica), Lucchini riesce ad iscrivere il team addirittura in Formula Uno, sotto il nome di “Scuderia Italia”.

Il team bresciano, quindi, esordisce in F1 il 3 aprile 1988, ingaggiando come pilota il lombardo Alex Caffi, che ha il compito di guidare una Dallara F3000 motorizzata Ford.

I risultati sono piuttosto modesti, ma la grinta della scuderia bresciana è invidiabile, così con rinnovata fiducia si passa alla stagione successiva.

I primi punti iridati

Nel 1989, Scuderia Italia si presenta con ben due vetture, una guidata dal confermato Caffi e l’altra da Andrea De Cesaris, su Dallara 189 con motore Ford. I risultati sono sbalorditivi: Caffi arriva quarto a Montecarlo e in Canada De Cesaris addirittura terzo, conquistando il primo podio della neonata scuderia.

Sembra il preludio di una storia sorprendente, ma di lì a fine annata, e poi anche nella stagione successiva (con l’ingaggio di Pirro al posto di Caffi) i risultati latitano: addirittura, nel 1990, si contano ben 24 ritiri e zero arrivi a punti.

Nel 1991, arriva JJ Lehto al posto di De Cesaris, e il nuovo motore Judd promette faville: l’inizio è promettente, con un clamoroso terzo posto a San Marino e un sesto a Montecarlo; tuttavia, la delicatezza del nuovo motore, unitamente alle limitate capacità economiche di sviluppo, porta la scuderia a registrare un nuovo elevatissimo numero di ritiri.

Gli ultimi anni

Il 1992, nelle intenzioni, per Scuderia Italia deve essere quello della svolta: Lucchini riesce a portare a casa una partnership con Ferrari, che fornisce il suo motore Ferrari 037 ai piloti Lehto e Martini.

La monoposto in effetti è molto più affidabile, ma assetto e aerodinamica restano dei gravi talloni d’Achille, tanto che a fine stagione saranno solo 2 i punti mondiali racimolati, frutto di due sesti posti in Spagna e ad Imola.

Nel 1993, per ovviare alle problematiche tecniche, la Scuderia Italia passa ai telai Lola (interrompendo – piuttosto clamorosamente – il sodalizio con Dallara, artefice della giunta in Formula Uno di Lucchini) , mantenendo la motorizzazione Ferrari. Il team bresciano, a fronte di questo radicale cambiamento, non riesce però a trovare risultati significativi, pur contando su piloti d’esperienza come Alboreto e Badoer. Una valanga di ritiri e zero punti iridati coincidono con l’addio al circus della Formula Uno: con quindici punti e due podi in sei anni, si conclude l’esperienza del team bresciano nelle quattro ruote.

Dopo la Formula Uno

Lucchini, prima di uscire di scena, compra alcune quote dell’azienda Minardi, che grava di difficoltà economiche: la liquidità che immette fungerà parzialmente da preludio per la costituzione, da parte di Giancarlo Minardi, della Minardi Scuderia Italia.

Lucchini, dal canto suo, passa al campionato FIA GT, dove per anni si attesta al vertice della competizione. Ma l’apice della sua carriera sportiva, senza alcun dubbio, è costituita dall’avventura con la Scuderia Italia in Formula Uno. Nonostante gli scarsi risultati, è stato bello credere per anni ad un’ impresa totalmente italiana, diversa da Ferrari.