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Inventarsi creatore di videogiochi non è un mestiere facile, ancora meno se lo si vuole fare in Italia. Il nostro Paese è purtroppo cronicamente all’inseguimento quando si tratta di entertainment avanzato.

Secondo un’analisi del 2019 realizzata da Aesvi (oggi IIDEA), l’associazione di categoria dell’industria videoludica, solo il 3% delle software house italiane ha un fatturato che supera i 2 milioni di euro. (fonte ilsole24ore.com)

La carenze sono strutturali e rappresentano un segno meno alla voce made in Italy. Mancano programmi di sviluppo a livello nazionale che aiutino soprattutto la formazione di risorse qualificate. E servono incentivi per attirare i capitali delle majors internazionali. Gli sgravi fiscali sono poco utili se le aziende non fatturano abbastanza.

E così l’88% degli sviluppatori è costretto a ricorrere a risorse economiche proprie per sostenere l’attività. Uno scenario piuttosto grigio, dove l’unica luce è quella della creatività che per fortuna in Italia non manca. Le software house del Belpaese oggi devono guardare in direzione delle idee originali e dei mercati “diversi”.

Novis Games possiede entrambi, e aggiunge una proposta che ha un valore etico ed inclusivo. I software che la giovane azienda piemontese sta sviluppando sono infatti pensati per chi non può usare i videogame “normali” a causa di un handicap fisico: la vista.

Una scelta rivoluzionaria che ci ha spinto a volerne sapere di più. Per questo abbiamo contattato Arianna Ortelli, CEO e CoFounder di Novis Games.

Grazie Arianna per essere qui con noi. Qual è il tuo background e come sei arrivata al mondo dei software?

Grazie a voi. La mia formazione è prima di tutto business-economica. Ho studiato Economia Aziendale all’Università di Torino e poi ho approfondito l’aspetto dell’innovazione tecnologica nelle start-up grazie ad uno stage di SEI. La verità, però, è che mi sono avvicinata all’idea dei software per non-vedenti attraverso lo sport. Gioco a calcio da quando sono bambina, amo lo sport e soprattutto mi cattura la sua valenza aggregativa. Ho sempre portato con me questo elemento, anche quando ho cominciato a pensare ad una mia start-up. Il resto lo ha fatto l’incontro, avvenuto durante lo stage SEI, con Dario Codispoti che è poi diventato mio socio in Novis games.

Com’è nata l’idea di Novis Games?

All’inizio è stata pura curiosità. Ovviamente sia Dario che io conoscevamo già il mondo dei videogiochi e delle console, siamo cresciuti a Super Mario e Nintendo! Ma ad un certo punto ci siamo chiesti: come fa una persona non-vedente a giocare con i videogame? E’ possibile fare a meno dello schermo? In quel momento è nata l’idea di utilizzare solo i suoni.

Nel 2019 ci siamo confrontati con la UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Torino e con loro abbiamo iniziato a testare alcuni prototipi. Uno di questi era una sorta di ping-pong virtuale, realizzato attaccando una scheda Arduino a una vera racchetta e indossando delle cuffie. Dario, che è ingegnere informatico, ha costruito l’hardware per individuare attraverso il suono spaziale il movimento della pallina e riuscire a colpirla con la racchetta. L’esperimento è andato bene, meglio di quanto ci aspettassimo, e da progetto di tesi di laurea è diventato un progetto di business.

In quella occasione abbiamo conosciuto un ragazzo ipovedente che è entrato nel team come responsabile commerciale e da lì è arrivato anche il primo investitore.

Da quel primo prototipo in che modo avete sviluppato il progetto dei videogame per non-vedenti/ipovedenti?

In due direzioni. Il primo ramo è quello dei prodotti per utenti. E’ una app per cellulare all’interno della quale ci sono una serie di giochi che usano l’audio e il tatto al posto del video. Con il tatto si usa il touch del telefonino, lo swipe direzionale, l’accelerometro e il giroscopio. Quindi si impugna il telefonino come fosse un joystick, cioè un controller che muovi nello spazio. Le cuffie danno invece l’idea di come è fatto l’ambiente circostante utilizzando l’audio 3D spaziale. In questo modo sei immerso in una realtà virtuale sonora che ti permette di capire dove si trovano gli elementi del gioco nello spazio virtuale senza bisogno di usare la vista.

Il precedente esempio del ping-pong è quello più immediato, con la differenza che al posto della racchetta sperimentale ora usi il cellulare. Stiamo testando anche uno sparatutto. Il giocatore è immerso in un’arena dove ci sono mostri che si avvicinano: puoi ruotare sul posto e usi il telefono come una pistola, tocchi sullo schermo e spari.

Il secondo ramo aziendale, invece?

E’ quello della piattaforma di sviluppo. Di fatto Novis Games non è una software house al 100%, perché il core business per ora è creare gli strumenti che permettano agli sviluppatori veri e propri di realizzare i loro prodotti. La piattaforma è un software development kit per chi vuole operare nel settore dei software per non-vedenti. Non parliamo solo di giochi, perché ci sono tante altre applicazioni dove i nostri strumenti possono essere utilizzati.

I fondatori di Novis Games (per gentile concessione degli stessi)

Come sta rispondendo il mercato?

All’inizio c’è stata un po’ di diffidenza, più che altro nei confronti del sistema per non-vedenti. Per questo abbiamo avuto bisogno di molto supporto nella fase di testing che abbiamo condotto grazie a persone non-vedenti e anche vedenti che hanno partecipato bendate.

Oggi c’è un interesse crescente per questi prodotti, sia da parte degli utenti che delle aziende. Queste ultime sono sempre più consapevoli della cosiddetta responsabilità sociale d’impresa. Anche se a livello di sviluppo siamo ancora in fase beta, devo dire che le soddisfazioni non mancano. L’applicazione finora è uscita solo all’interno delle community. Ci sono circa 500 persone candidate a diventare ambassador entro la fine dell’anno, quando lanceremo il pacchetto giochi (una decina) e i tools.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontrano le software house e gli sviluppatori?

Direi prima di tutto la diffidenza da parte dei finanziatori e delle grandi aziende che potrebbe investire. La propensione al rischio in Italia è molto bassa. L’inizio è stato difficile ma poi, un po’ alla volta, sono arrivati fondi da investitori di vario tipo. Prima grant/fondi perduti che ci hanno permesso di creare le basi di Novis Games. Poi è arrivato un investitore ad impatto sociale di Torino, SocialFare, e successivamente un finanziamento da Digital Magics.

Oggi il nostro team è composto da 5 persone che lavorano full time e da 3 advisor part time, oltre ad una community costituita da svariati sviluppatori che collaborano con Novis Games.

Prima hai parlato di un FPS: perché vi siete aperti a questo tipo di videogame?

All’interno del gruppo utenti c’era questa richiesta. Ci piaceva l’idea di usare l’audio spaziale e lo sparatutto è perfetto per questo. E poi c’è l’elemento socializzante del gioco, grazie alla modalità multiplayer. E’ importante passare il messaggio che i nostri giochi non sono soltanto individuali ma si possono fare anche in compagnia.

Ti immagini un futuro “para-esportivo”?

Assolutamente sì, è il futuro che vorrei. Ad esempio mi immagino di riuscire ad organizzare un evento in cui allo stesso gioco partecipino persone non vedenti e qualche pro gamer con gli occhi bendati. Credo sarebbe un messaggio forte per far capire che questa tecnologia è utile sotto molti aspetti, non solo quello dell’intrattenimento. E’ quello che ho imparato con lo sport, cioè che deve essere inclusivo. Lo stesso vale per il gaming.

Pensi che nel mondo degli esports ci siano discriminazioni?

A prima vista potrebbe sembrare di sì e all’inizio lo abbiamo pensato anche noi. Quello che ci ha fatto cambiare prospettiva sono stati propri i prodotti per non vedenti. Non è importante chi è e come è fatto chi ti sta davanti, l’importante è condividere. In questo senso, il gioco a distanza e la tecnologia che lo supporta abbatte le barriere della discriminazione.

Immagine di testa by Getty Images