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Nel ciclismo, una delle sfide di maggior fascino (da oltre cent’anni) è rappresentata dai tentativi di attacco al record dell’ora: per ogni atleta su due ruote, infatti, vi è la possibilità di entrare nella leggenda alzando il limite in una competizione che ormai da anni ha scritto pagine memorabili nella storia del ciclismo.

Il funzionamento del record dell’ora è semplice: detiene il record chi riesce, all’interno di un velodromo, a compiere in un’ora la maggiore distanza possibile. E, nel tempo, abbiamo assistito a grandissimi nomi che hanno migliorato sempre più il primato.

Una prova ultra centenaria

La prova del record dell’ora è ideata nel lontano 1893 dal giornalista francese Henri Desgrange, colui che poco tempo dopo sarebbe divenuto ideatore del Tour de France. Ed è Desgrange stesso a stabilire il primo record, percorrendo 35,325 km.

In pochi anni, questa prova riscuote grande successo tra ciclisti e addetti ai lavori, tanto che molti provano (e riescono) a battere il record, che via via si alza. Poco prima del primo conflitto mondiale, lo svizzero Oscar Egg alza il record dell’ora a 44,247, limite che dura quasi vent’anni.

Il primo sorriso italiano arriva nel 1935: a Milano è Giuseppe Olmo ad arrivare per primo sopra i 45 chilometri. Ma è del 1942 un altro record leggendario, quello di Fausto Coppi, che alza l’asticella a 45,798. Record che resisterà per ben 12 anni.

L’epoca Merckx

Se dovessimo associare la prova dell’ora ad un singolo atleta, non avremmo dubbi: Eddy Merckx, infatti, è stato forse il ciclista più rappresentativo di questa competizione.

Dopo che Anquetil porta via il record a Coppi nel 1956, vi è un quindicennio in cui alcuni atleti riescono a poco a poco a migliorare (tra cui l’italiano Baldini). Ma a Città del Messico, nel 1972, lo “squalo” belga scrive la storia: riesce a portare il limite a 49,431km , record che per molto tempo si ritiene imbattibile. I molti tentativi fatti per batterlo vanno tutti a cattivo fine, e si pensa che sia quello il limite massimo possibile all’uomo.

In realtà, qualcuno anche ci riuscirebbe (come il nostro Francesco Moser nel 1984 o Miguel Indurain e Tony Rominger nei primi anni ’90), ma l’unione ciclistica decide di cancellare le prove perché ritiene che questi atleti stiano utilizzando biciclette tecnologicamente troppo avanzate (equipaggiate magari di ruote lenticolari, o costruite con materiali particolari).

Occorrono ben 28 anni perché qualcuno, seduto su una bicicletta più o meno tradizionale, faccia di meglio: parliamo di Chris Boardman, britannico che nel 2000 riesce a fare meglio di Merckx per soli dieci metri.

L’epoca moderna, con la retromarcia UCI

L’UCI, unione ciclistica internazionale, nel 2014 prende una decisione clamorosa: torna (quantomeno parzialmente) sui suoi passi e ammette, nei tentativi del record dell’ora, l’introduzione di biciclette con manubri o materiali particolari.

Questo fa sì che molti specialisti su pista provino a migliorare il record, e si hanno infatti una serie di miglioramenti , col biennio 2014-2015 ricco di nuovi primati: da Voigt a Brandle, da Dennis a Dowsett al britannico Wiggins.

Oggi il record appartiene a Victor Campenaerts, atleta belga che nell’aprile 2019 si è preso il record dell’ora volando per 55,089 km nel velodromo di Aguscalientes, in Messico.

Chissà se qualcuno mai riuscirà ad infrangere questa soglia.

Il record dell’ora femminile

Anche tra le donne il record dell’ora è un traguardo di grande prestigio.

Ad oggi, peraltro, il limite più alto è stato fissato da un’atleta italiana: parliamo della romana Vittoria Bussi, che dal 2018 detiene il primato a quota 48,007km, stabilito ad Aguscalientes.

Nella storia delle primatiste, poi, c’è stata pure un’altra atleta azzurra: Maria Cressari, che dal 1972 al 1978 ha mantenuto il record.