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Si chiama solidità l’elemento magico che, pur suonando come una parolaccia di questi tempi, Allegri è riuscito a trasmettere – di nuovo – alla sua Juventus.

Sua come è suo il “corto muso” nato per scherzo nel corso di una conferenza stampa di qualche anno fa, e che rappresenta ormai un marchio registrato dell’allenatore livornese. Magari più in là questo modo di giocare potrà risultare problematico, ma ora come ora sta risultando vitale sia in campionato che in coppa.

Massimo risultato

La Juventus arriva, con quello di ieri sera allo Zenit di San Pietroburgo, al quarto 1-0 consecutivo in tutte le competizioni.

Per trovare una striscia migliore, dobbiamo tornare ai quattro 1-0 di Don Fabio Capello datati 1993 quando l’allenatore italiano guidava un fortissimo Milan. Tutti, in questo caso, arrivarono in campionato: Roma, Cagliari, Brescia e Genoa. Per Allegri, invece, 1-0 a Chelsea, Torino, Roma e Zenit. Due competizioni e quattro risultati rifilati non esattamente a squadrette, né ad incontri facili sulla carta (anzi).

Alla Juventus servivano i risultati, dopo un avvio a dir poco balbettante. E i risultati sono arrivati. La testa della classifica in Serie A, che rimane lontana, non è più però un’utopia.

In Champions League, i bianconeri non hanno ancora mai preso gol e sono l’unica squadra insieme a Liverpool, Ajax, Manchester City e Bayern Monaco a punteggio pieno nella massima competizione europea. Contro il Malmö la Vecchia Signora ha divertito, contro il Chelsea si è sacrificata, contro lo Zenit è stata cinica.

Soprattutto, ha portato a casa 9 punti su 9 disponibili, dando un’incornata decisiva alla testa del girone – che guida in solitaria – e regalandosi la chance – inaudita soltanto un mese e mezzo fa – di costruirsi il primo posto con relativa tranquillità.

L’unico ostacolo che rimane è quello legato alla supersfida di Stamford Bridge, ma intanto la Juventus si gode il meritato primato. Anche in virtù di alcune scelte che, o dall’inizio o in corsa, hanno inciso profondamente sul risultato finale.

La mentalità come risorsa principale

Partiamo da chi il gol dell’1-0 contro lo Zenit di San Pietroburgo l’ha confezionato e realizzato: Mattia De Sciglio e Dejan Kulusevski. Assist dell’uno, gol dell’altro. Il primo giocava dall’inizio, era già accaduto contro la Roma. Il secondo ha passato qualche minuto a bordo campo prima di fare il suo ingresso in campo. Ma come è entrato in partita!

A fine gara poi, davanti ai microfoni, ha detto: «Se parto dalla panchina è solo colpa mia. Devo dimostrare al mister durante gli allenamenti di poter giocare dal primo minuto».

Mentalità, che non è vero che non si trasmette. Basta avere un buon comandante alla guida della ciurma. Non un calcio delle idee e del bel gioco, magari. Ma un calcio dannatamente efficace, questo sì. Che fa ricorso a tutti i suoi elementi – chi dal 1’ chi partendo dalla panchina – per arrivare al risultato finale. Per raggiungerlo ad ogni costo.

Anche a costo di andare contro le proprie abitudini. Nella partita di ieri sera, ad esempio, per la prima volta da quando Max Allegri è sulla panchina della Juventus in Champions League – contando anche le esperienze passate con i bianconeri, sono 57 in tutto – l’età media di chi scendeva in campo si è aggirata sotto i 28 anni. Per la precisione, 27 anni e 93 giorni.

Lo notiamo per due motivi principalmente: 1) dare una forte identità soprattutto in fase di recupero e attesa palla non è facile quando la squadra è giovane e inesperta; 2) Allegri, commentando le parole di Kulusevski, ha ribadito come i suoi siano «solo ragazzi». Non si capisce se per sminuire o esaltare la prestazione dei suoi. Di sicuro c’è che Max ha in pugno il gruppo.

Senza dubbio la Juventus, in vista del passaggio del turno, dovrà cambiare poco o nulla. In fase difensiva i bianconeri sono stati fino ad ora perfetti, anche se ieri – come peraltro sottolineato da Allegri a fine gara – qualche momento ballerino si è registrato, soprattutto per merito dei due brasiliani di lusso dello Zenit: Claudinho e Malcolm.

12 tentativi per i russi verso lo specchio di Sczcesny, 11 quelli della Juventus, con Chiesa tra i più ispirati come al solito e McKenny tra i più pericolosi. Fino alla spizzata di testa del giocatore più talentuoso in quel momento in campo: tanto è bastato per mettere il muso davanti. Ancora una volta. Corto, sì, ma sostanziale.