Vai al contenuto

Proprio nelle ultime ore, Pavel Nedved, intervenuto al Salone del Libro ha svelato un segreto che neanche Pulcinella arriverebbe a recriminare come proprio. E cioé: il calcio è un posto pieno zeppo di scaramantici, tutti vogliono contribuire alla vittoria, dentro e fuori dal campo. Ad esempio, Nedved ha parlato del rito pre gara che segue minuziosamente, persino da dirigente.

Quando sale in tribuna – dice – prende sempre le scale; al contrario, Maurizio Arrivabene aspetta – pure nervosamente – l’ascensore. Piccoli aspetti, vizi, virtù di chi si affida alla sorte ma mai in maniera esclusiva. Nel calcio vige un detto decisamente condivisibile: aiutandosi, si trova aiuto. Quale? Quello della buona sorte.

Dunque, prima c’è il gioco, la partita, la performance. Per tutto il resto può essere quasi colorato da un contorno di gesti che con il calcio hanno proprio poco a che vedere.

Prendiamo il più famoso: Francia 1998, tutti innamorati di quella squadra multietnica e fortissima, ma nella mente resterà per sempre il bacio sulla testa di Barthez e come gli si avvicinava, sorridendo, Laurent Blanc. Parliamo di due giocatori tra i più forti di sempre nel loro ruolo. E parliamo comunque di uomini, alle prese con un tributo per niente metaforico, ma fatto di gesti concreti. Oh, poi magari hanno pure ragione. Del resto, se vediamo com’è andato a finire quel Mondiale…

La panchina, il Trap e Pesaola

Anche il cinema ha saputo ritrarre in maniera ironica – ma molto simile alla realtà – la scaramanzia che vive all’interno del mondo calcio.

Ricordate il sale di Oronzo Canà? Le corna di Lino Banfi. Crisantemi. Insomma: uno spaccato del calcio che poi era uno spaccato d’Italia. Ecco: qualche anno dopo, anche un mito come Giovanni Trapattoni si fece cogliere in flagrante.

Durante i Mondiali in Corea e Giappone, anno 2002, prese tutta l’acqua santa e la versò in campo in segno di buono augurio. Era la partita con il Messico, definirla decisivo è non dare abbastanza valore al sudore freddo versato in quei minuti. Poco dopo il gesto, beh, arrivò il tuffo di Del Piero e il gol che portò l’Italia agli ottavi.

La scena – dicono – fu ripetuta anche contro la Corea del Sud nel match successivo. Ed è qui che cambia la storia, qui che persino gli scongiuri si fanno liquidi davanti alla solidità “maligna”: Byron Moreno non sarebbe stato scalfito neanche da taniche di acqua proveniente in maniera diretta ed esclusiva da Lourdes. Ma questa è un’altra storia.

Molto più bella quella di mister Pesaola: l’allenatore tra l’altro anche del Napoli, dove la scaramanzia è dono e condanna quotidiana, doveva ascoltare un disco portafortuna prima di ogni partita. Narra la leggenda: in mille partite, una volta se lo sarà pur scordato. Quando accadde, percorse 500 chilometri per recuperarlo. Nel frattempo, la squadra era già partita. Senza il suo mister.

Ce ne sarebbero mille così, davvero. E ce n’è una incredibile su Domenech, che ha sempre avuto l’aria da professorone, parecchio sui generis. Una volta mise in campo persino l’astrologia: quando aveva “un leone in difesa”, a quel punto “preparava il fucile”. Cioè, tutto vero, tutto raccontato in una conferenza del 2008. Anche qui: sappiamo come andò quell’Europeo del 2008, dopo la finale persa due anni prima contro l’Italia.

Anche i più forti

C’è chi non si cambiava, c’è sempre la stessa musica, c’è anche il racconto di David James, portierone dell’Inghilterra che diversi definirono “Calamity James” per tutti quegli errori piovuti in poco tempo. Non è che fecero poi così bene al buon James, che da quel momento sviluppò un concetto di pre partita decisamente particolare: negli spogliatoi non parlava con nessuno, attendeva che uscissero tutti, entrava in bagno e sputava sul muro.

Per fortuna dei magazzinieri e degli inservienti, è sempre stato un caso isolato e comunque i risultati non è che gli abbiano dato poi così tanta ragione.

Di sicuro più comune è l’atteggiamento di Alan Rough, a proposito di portieri: lo scozzese non si radeva prima delle partite, indossava sempre la stessa maglia e andava costantemente con la solita routine. Una volta – racconta – aveva una partita in Israele: aveva dimenticato di lavare tutto l’arsenale per la partita. Li lavò all’ultimo istante e li indossò immediatamente: “Dagli scarpini mi uscivano bolle di sapone, ma fu una delle mie migliori partite”. Cosa vuoi dirgli?

Pure a Pippo Inzaghi, no: cosa gli si può dire? Superpippo non scendeva in campo se non dopo aver mangiato un pacchetto di Plasmon, lasciandone sempre due all’interno della confezione. Poi la bresaola, la grana, i riti e i parastinchi sempre girati: ne aveva mille.

La più bella, forse la più romantica, ce l’aveva anche un fuoriclasse assoluto come Johan Crujiff: schiaffeggiava sulla pancia il portiere Gert Bals quand’era all’Ajax. Non contento, s’inventò poco dopo lo sputo della gomma da masticare nella metà campo avversaria. Fateci caso, in qualche video sparso sul web: anche il genio si piegava alle regole dell’incertezza.