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Millenovecentonovantadue, in Italia. Beh, ci hanno fatto anche una Serie TV. Un anno non banale per il Paese, e ancor meno per il calcio: dopo la bellezza di Maradona era nata la bellezza fatta squadra.

Il Milan di Sacchi era quanto più vicino alla perfezione potesse esistere: la piena espressione di un concetto di calcio che sembrava impossibile da attuare, figuriamoci in Serie A, terra di catenacciari e al limite di contropiedisti. Il pallone fa paura, non è certo un amico: prenderle è una bestemmia, darle solo se si ha temo e modo. Alla fine? Fu rivoluzione. All’inizio incompresa, come tutte le più grandi. Poi arrivò il giovane Capello a sublimare il tutto.

Ma andiamo per gradi.

Pescara-Milan 4-5: la rimonta passata alla storia

La seconda giornata di campionato di oltre 30 anni fa sembra un regalo anticipato e presenta subito uno scontro al vertice: tra il Milan degli invincibili di Fabio Capello, del quale possiamo soltanto proporvi un impeccabile approfondimento, e il Pescara di Giovanni Galeone. Quest’ultimo ha stupito tutti vincendo addirittura contro la Roma all’Olimpico, grazie a un gol di Nobile. Ora: per capire lo stato d’animo dei pescaresi e l’attenzione degli addetti ai lavori, sappiate solo che Galeone era considerato quasi un semi-dio in quella città, un po’ come lo è diventato tempo dopo Zeman.

Bastava farsi un giro, tra strade e lungomare: chiunque si fosse trovato nella città del Delfino avrebbe ricevuto molti tifosi disposti a elogiarlo. Galeone, brezza vivace e con un grande spirito, aveva già portato il Pescara in Serie A per ben due volte, nel 1987 e nel 1992, dimostrando sempre un calcio entusiasmante.

La partita

Nonostante sia un periodo d’oro per il calcio italiano, con squadre come il Pescara che possono permettersi un difensore titolare della Nazionale campione d’Europa come il danese Sivebaek, i primi 45 minuti di questa partita vanno oltre ogni sfrenata immaginazione. Dopo una vittoria brillante (ma pesantissima) in Olanda con la Nazionale, la difesa tutta italiana composta da Tassotti-Maldini-Costacurta-Baresi va in difficoltà già dopo pochi secondi.

Un cross da destra di Massara attraversa tutta l’area e trova il 25enne Massimiliano Allegri sul secondo palo: 1-0. Sembra l’inizio di una partita da difendere a tutti i costi. Invece il Pescara prosegue, e lo fa con un attacco scatenato. Colpo su colpo, quasi contro-bilanciando la difesa, che è un colabrodo. E si vede poco dopo: la linea Sivebaek-Nobile-Righetti-Mendy non riesce a coordinarsi sui fuorigioco, annullando il concetto di solida retroguardia. Maldini pareggia allora già al 3′, correggendo in rete un corner di Donadoni; Lentini completa il sorpasso al 6′, con una spettacolare rovesciata da centro area su cross di Savicevic. L’immagine è netta: fa caldo, c’è il sole e si fa sentire. Con i colori in campo, compresi i portieri, sembra davvero una partita di calciobalilla. Anche e in particolare per la facilità con cui si riesce a fare gol.

La rimonta

All’11’, una potente punizione di Nobile colpisce la coscia di Baresi, ma Antonioli reagisce lentamente e viene nuovamente battuto: 2-2. Ancora un altro colpo: al 14′, Allegri calcia senza esitazione da fuori area e trova di nuovo la deviazione, stavolta di spalla, di un Baresi in netta difficoltà. Antonioli sembra stia sognando, ma con gli occhi chiusi: 3-2. Il Pescara è oggettivamente on fire. Riesce tutto, e riesce subito, e riesce fin troppo bene. Al 23′, Maldini colpisce Eranio in scivolata, aprendo a Massara l’autostrada per la gloria: Antonioli lo accoglie e gli spalanca la porta, 4-2.

Una squadra incredibile, sembra la nuova bomba in città. Una sensazione di freschezza in un calcio che cercava eredi di Sacchi. Se solo avesse fatto i conti con uno dei migliori calciatori di tutti i tempi… Al 38′, ecco, Donadoni trova Van Basten da solo a centro area; il Cigno di Utrecht è libero di prendere la mira e superare Savorani con la collaborazione dei difensori biancazzurri, che sembrano tenersi paradossalmente a buona distanza da lui. Due minuti più dopo, scolpito un pezzo di storia, sempre dal numero nove: Savicevic lancia lungo e Van Basten sbuca alle spalle della difesa con un controllo di palla semplicemente filosofico – potete trovarlo su Youtube, forse dovete -, che porta al più inevitabile dei 4-4. Questo è solo il primo tempo.

La ripresa

Nella ripresa, la calura settembrina abbassa drasticamente il ritmo, e le tossine accumulate durante la settimana influenzano i tanti campioni in campo (otto dei quali impegnati nella stessa partita, l’Olanda-Italia menzionata prima). L’autonomia ridotta e la fiammata ben assestata ci portano direttamente al 73′, quando Rijkaard trova Van Basten dimenticato dalla difesa abruzzese. Marco attira a sé Savorani e segna con la facilità che gli sembra irreale: è tanta, è troppa. E scatena solo gli assalti finali pescaresi, rivelatisi poi inconcludenti. Ah, come andò a finire quella squadra lì? Retrocessa. Galeone? Rivoluzionario, ma dimenticato poco dopo.

Per quanto riguarda il Milan, questa partita si rivela istruttiva, rappresentando la cartina di tornasole della peggiore annata del triennio 1991-94: la squadra abbandona definitivamente le idee di Sacchi, certamente pregne di fascino ma dimostratesi insostenibili a lungo termine.