C’era una volta un uomo che insegnava a giocare a calcio, non solo con i piedi, ma anche con la mente. Un uomo che sapeva vedere il talento nascosto negli occhi ardenti dei ragazzi di domani e trasformarlo in qualità cristallina. Il suo nome era – e verrebbe da dire: lo è pure oggi, considerata la premessa – quello di Gian Piero Gasperini. Il suo laboratorio? Il campo della Juventus Primavera.
Torinese di nascita, – e sì, proprio così – juventino nel cuore, Gasperini ragazzo è cresciuto con il sogno di indossare quella maglia gloriosa. E lo fece, anche se fugacemente, nella seconda metà degli anni ’70. Un centrocampista tecnico e intelligente, di quelli che pensano prima ancora di toccare il pallone. Ma il destino aveva deciso altro per lui: il campo lo avrebbe dominato non da protagonista, bensì da architetto delle idee calcistiche.
La panchina della Juventus
Nel 1994, dopo aver chiuso la carriera da giocatore, Gasperini accetta infatti la chiamata della Sisport, qualche mese dopo arriva invece quella della Juventus per allenare le giovanili. Dai Giovanissimi agli Allievi, per quattro anni diventa così il custode dei sogni di quei ragazzi che, con le scarpette slacciate e lo sguardo impertinente, rincorrevano un pallone con la speranza di diventare campioni.
Poi la chiamata più importante tra le meno importanti, nel 2000. La Primavera della Juventus era più di una semplice squadra: era un crogiuolo di ambizioni, un’arena in cui il talento veniva modellato e temprato come acciaio grezzo. Gasperini non si limitava ad allenare, ma insegnava un’idea di calcio. Pressing alto, difesa a tre, verticalizzazioni improvvise: principi che oggi sembrano la sua firma d’autore, ma che allora erano un’illuminazione per chi aveva il privilegio di apprendere da lui.
Sotto la sua guida, la Juve Primavera vince il Torneo di Viareggio nel 2003 e coglie successi che non si misurano solo con i trofei, ma con la qualità dei giocatori cresciuti sotto le sue ali. Da quel laboratorio sono usciti talenti come Claudio Marchisio, Domenico Criscito e Sebastian Giovinco, ragazzi che avrebbero poi calcato i grandi palcoscenici del calcio mondiale.
Il coraggio di un’idea
Gasperini non è mai stato un tecnico ordinario. Credeva nel calcio offensivo quando molti ancora si rifugiavano nel catenaccio. Credeva nei giovani quando il mondo degli adulti li considerava incognite troppo rischiose. E forse proprio questo lo rese un uomo di visione, destinato a lasciare il nido bianconero per spiccare il volo altrove.
Nel 2003, lasciò la Juventus per abbracciare il calcio professionistico. Cominciò dal Crotone, poi arrivò il Genoa, la squadra che gli regalò il primo grande amore calcistico da allenatore. Ma è con l’Atalanta che divenne leggenda. Il suo calcio fatto di pressing asfissiante, transizioni rapidissime e attacco spregiudicato conquistò l’Europa e incantò gli esteti del pallone.
Il cerchio che si chiude?
Oggi, mentre la Juventus riflette sul proprio futuro, il nome di Gasperini torna a risuonare tra le mura della Continassa. Thiago Motta ha il compito di riportare la Signora ai fasti perduti, ma se il vento dovesse cambiare, l’uomo che una volta forgiava i campioni del domani potrebbe essere chiamato a guidare i campioni di oggi.
Il calcio di Gasperini, in fondo, è fatto di coraggio, disciplina e talento: tre qualità che la Juventus ha sempre preteso dai suoi interpreti migliori. Un ritorno in bianconero non sarebbe solo una nuova sfida, ma il compimento di un destino iniziato tanti anni fa, su quei campi di allenamento dove i sogni prendevano forma.
Ricordate il calciatore?
Molti ricordano Gasperini come allenatore, pochi come giocatore. Eppure, prima di diventare il professore del pallone, è stato un alunno della scuola bianconera. Cresciuto nel vivaio della Juventus, esordì in prima squadra senza mai trovare continuità. Il calcio giocato lo portò altrove, a cavallo tra Palermo e Pescara, ma sempre con quella visione lucida che anni dopo sarebbe diventata il tratto distintivo delle sue squadre.
Forse il Gasperini calciatore non era destinato a scrivere la storia della Juventus, ma il Gasperini allenatore potrebbe farlo. E chissà, forse proprio lui sarà il prossimo a sedersi sulla panchina più prestigiosa d’Italia, per chiudere un cerchio aperto trent’anni fa.