Gli juventini amano dire questo: sono chiamati gobbi perché lo sono diventati. E perché lo sono diventati? Per il troppo tempo trascorso a guardare tutti dall’alto verso il basso.
Fantasioso, ma non esattamente reale. D’orgoglio, ma non esattamente corrispondente alla verità dei fatti. Ecco: prima o poi qualcuno se l’è chiesto, durante il proprio percorso da tifoso, appassionato, o comunque curioso del calcio e delle parole. Perché gli juventini vengono chiamati gobbi?
Sicuri che sugli epiteti affiancati, spesso, tutti conoscano i vari e variopinti modi di definire il tifo bianconero, sul termine “gobbo” esiste una piccola letteratura, che spazia sul vecchio calcio e sul ruolo che la Juventus ha avuto in tutti questi anni: di dominio e perciò di odio, di controversie sportive e non solo e perciò di diffidenza.
Tra le mille vicende che hanno accompagnato i bianconeri in questi anni di esistenza, nessuno può immaginare che il termine più utilizzato per definire il tifo juventino arrivi in realtà da un difetto. Un difetto fisico. Cioè, di maglia. Del resto, non si può certo scegliere di che destino essere destinato.
Quelle maglie troppo larghe
Gobbo deriva in realtà da Goeba, che non è nient’altro che la ‘traduzione’ torinese di gobba. Questione di fortuna? No. O forse sì, ma ci arriveremo solo dopo.
Questioni di sfottò senz’altro, che nasce sul finire degli anni Cinquanta. Claudio Moretti, nel suo libro sulle storie e curiosità legate ai bianconeri, è stato il primo a raccontarla: la Juve nel 1956 aveva una maglia lunga, molto simile a una camicia bianconera. Davanti, uno scollo a V, che inglobava aria quando i giocatori correvano nelle varie fasi di gioco.
La corsa, l’aria sul volto, entrava nelle maglie e creava una sorta di rigonfiamento dietro le spalle: sapete a cosa somigliava? Sì, proprio a una gobba, sotto la nuca, che si sgonfiava quando i giocatori smettevano di correre e dunque di immettere aria dentro la casacca juventina.
Dunque, mistero risolto? In parte. La versione ufficiosa racconta della scoperta fatta dai tifosi del Torino, in uno dei derby di quell’anno. Ma sono in tanti a rivendicare la paternità di quella che a tutti gli effetti è stata una presa in giro (ancora in atto).
Da Firenze a Milano, passando per le varie tappe dove la Juventus è più odiata, per tutti sono i gobbi e con l’accezione peggiore possibile. Nonostante Hugo, e la Notre-Dame – la nostra Signora – di Parigi.
La Signora con la gobba
A proposito di Signora, anche se non di Parigi.
Quella di Torino potrebbe avere una parte importante in questa storia. Un’altra delle storie legate a questo termine riguarda proprio il soprannome della Juventus, ossia la Vecchia Signora.
Potrebbe essere allora connesso all’idea di fortuna, poiché la superstizione parla del toccare la gobba come di un portafortuna naturale. I due aspetti bianconeri sarebbero così intrecciati, anche se a primo impatto sembra parecchio una forzatura.
Ai tifosi del Toro piace raccontare ancora un’altra storia: la gobba degli juventini è una diretta conseguenza del continuo inchinarsi davanti al Grande Torino, la squadra imbattibile che vinse cinque scudetti tra il 1942 e il 1949.
Superga li portò via, la storia li conserverà per sempre. Così come conserverà il mistero sui gobbi, gli juventini e una fortuna comunque e spesso riscossa.