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Quando si associa il cognome Moratti ai colori nerazzurri viene subito in mente un’Inter vincente, la Grande Inter di Angelo Moratti e quella del Triplete per quanto riguarda il figlio Massimo, che da presidente ha speso anni e milioni nel tentativo di ripetere le gesta del padre. Ma in una cosa Massimo è riuscito laddove Angelo invece non riuscì, ovvero nel far indossare la casacca nerazzurra al giocatore più forte del mondo

Se infatti Massimo Moratti riuscì, con una clamorosa trattativa di mercato a portare a Milano il brasiliano Ronaldo, O Fenomeno, Angelo vide sfumare all’ultimo momento, con un contratto già firmato, l’arrivo di Pelé, O Rey. 

Angelo Moratti e la voglia di Grande Inter

Angelo Moratti era il figlio di un farmacista milanese, andatosene di casa da ragazzino per incomprensioni con la matrigna e che da rappresentante di combustibili divenne tra gli anni ‘30 e gli anni ‘60 uno dei principali industriali italiani nel campo del petrolio. 

Nel 1955 rilevò la proprietà dell’Inter, squadra vincitrice degli ultimi due scudetti, da Carlo Masseroni, ma i risultati sotto la sua presidenza furono decisamente inferiori alle aspettative. Dopo un 8° posto, la squadra galleggiò tra il 3° e il 5° posto per un paio di campionati per poi crollare al 9° nella stagione 57/58. 

Angelo Moratti decise che la sua Inter non poteva restare nella mediocrità, e per risollevare le sorti della squadra decise di puntare sul miglior giocatore del mondo. Nell’estate del 1958 si giocano i Mondiali in Svezia e il miglior giocatore del mondo ha un nome: Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé

Pelé, O Rey, il più grande di tutti

Il giovane Pelé, attaccante di 17 anni che già faceva parlare di sé in patria da più di un anno, si presenta al palcoscenico dei Mondiali svedesi mettendo a segno 5 gol nella fase finale della manifestazione, diventando il giocatore più giovane non solo a giocare e a segnare nella Coppa del Mondo, ma anche a vincerla, sempre da assoluto protagonista. 

In un Brasile imbottito di fuoriclasse in ogni reparto Pelé spicca come un giocatore di livello superiore in tutto: dal punto di vista tecnico, fisico e anche mentale. Fa cose che gli altri giocatori non solo non sono in grado di fare, ma che non sono nemmeno in grado di pensare. 

Una volta concluso il torneo, tutte le squadre d’Europa vogliono questo giovane fenomeno brasiliano che sembra proiettare il calcio direttamente nel futuro. 

Una trattativa che nasce, si conclude e sfuma in un lampo

Moratti non perde tempo, e forte della sua potenza economica presenta al Santos e al giocatore un’offerta irrinunciabile, mentre le altre società europee stanno formulando ancora solo ipotesi. In men che non si dica la trattativa è chiusa, ed il contratto è firmato.  

Ma prima che venga depositato, in Brasile si sparge la notizia e scoppia la rivolta. I tifosi del Santos non vogliono assolutamente veder partire il loro gioiello, e scoppiano tumulti molto violenti.

Si rincorrono notizie di incendi appiccati alla sede del Santos e Angelo Moratti riceve la telefonata di Athie Jorge Cury, il presidente della squadra brasiliana, che gli chiede di rinunciare all’affare dopo che è estato anche vittima di un’aggressione da parte di un tifoso. 

Di fronte alla richiesta accorata di Cury, Moratti a malincuore straccia il contratto. Pelé arriverà sì a San Siro un paio di anni più tardi, nell’estate del 1960, ma solo in tournée insieme a tutto il Brasile, per giocare un’amichevole contro l’Inter appena affidata ad Helenio Herrera.

Anche senza la Perla Nera quell’Inter sarà in grado di vincere tutto, ma forse con il più grande di tutti quell’Inter sarebbe diventata la Grande Inter con qualche anno d’anticipo. 

Pelé continuò a seguire l’Inter con curiosità e interesse, apprezzando in particolare le gesta di Mario Corso, l’ala dal sinistro fatato che secondo O Rey sarebbe stato l’unico giocatore europeo che non avrebbe sfigurato nel suo Brasile. 

Ma il governo brasiliano corse ai ripari e nominò il giocatore patrimonio nazionale, rendendo così impossibile per le squadre europee tesserare il giocatore senza il beneplacito della federazione brasiliana. Pelé passò così tutta la sua carriera in Brasile, fino al 1975 quando si trasferì ai New York Cosmos in un tentativo di diffondere il gioco del calcio negli Stati Uniti con il benestare della federazione brasiliana.