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In appena tre giorni si è consumata l’essenza di Simone Inzaghi. L’allenatore piacentino, come spesso – troppo spesso – gli è capitato, prima è stato messo nel mirino di una stampa scettica sulle sue effettive qualità caratteriali e manageriali, poi è stato esaltato dagli stessi critici di poche ore prima. Traduciamo quanto detto a livello di campo: da quando Inzaghi allena l’Inter, i nerazzurri sono afflitti da un endemico e parrebbe irrisolvibile problema di continuità. Come spiegare altrimenti la sconfitta contro lo Spezia di venerdì sera? Come, tre giorni dopo, il pareggio con passaggio del turno ai quarti in Champions contro il Porto?

Nel post-partita proprio della sfida a Oporto, Inzaghi è stato particolarmente polemico, come forse non era mai stato. Forse, ma è solo un’ipotesi, lo avevano ferito le dichiarazioni di Di Canio al Club di domenica sera («Inzaghi a livello comunicativo non è un grande allenatore»): «Non ho nessuna rivincita da prendermi. Non è questo il momento di parlare. So il percorso che ho fatto qui nell’Inter con il mio staff e grandi uomini come i giocatori che ho. Lo scudetto ha provocato qualche problemino a livello economico. è facile parlare di Simone Inzaghi perché forse l’educazione e l’intelligenza vengono confuse nella vita. Al momento giusto parlerò: lo devo a me stesso e ai miei familiari».

A cosa si riferiva Inzaghi? Di cosa dovrà parlare al momento giusto? Non sono forse queste stesse dichiarazioni la prova di quanto diceva Di Canio poche ore fa?

Una cosa è certa, comunque. L’Inter non è convinta al massimo del lavoro del suo allenatore, che pure nel giugno del 2022 ha rinnovato il proprio contratto fino al 2024 – a 5.5 milioni l’anno. Zhang e Marotta, secondo alcune voci, starebbero considerando altri profili per la prossima stagione. È possibile per noi ipotizzarne qualcuno? Non solo è possibile, ma può essere fatto dividendo i papabili in quattro diverse categorie: gli svincolati, a volte ritornano, il sogno e realisticamente parlando.

Gli svincolati: Tuchel, Zidane e gli altri

Partiamo dagli allenatori attualmente liberi. Sono più d’uno, e sono nomi pesantissimi. Il sogno è Zinedine Zidane, ma l’ex Real Madrid ha uno stipendio molto alto – fuori dai parametri nerazzurri – e difficilmente si butterebbe in un contesto così tirato dal punto di vista economico come quelli dell’Inter.

Discorso simile anche per Thomas Tuchel, che però a livello tattico – a differenza del francese – erediterebbe a meraviglia i 3-5-2 di Conte e Inzaghi che hanno caratterizzato gli ultimi anni (e mercati).

Troppo distanti da questo credo tattico sarebbero invece Luis Enrique, il suo omologo Marcelo Bielsa e soprattutto Marcelo Gallardo, che aspetta ancora la grande occasione europea per confermarsi come uno dei migliori allenatori del pianeta. Ma quest’ultimo difficilmente inizierebbe il proprio cammino europeo dall’Italia, Paese che conosce meno rispetto ad altre realtà calcistiche.

A volte ritornano: tra Conte e Mourinho

Negli scorsi giorni poi s’è fatto un gran parlare di due nomi sugli altri che potrebbero ritornare sulla panchina dell’Inter una seconda volta: Antonio Conte e José Mourinho.

Sul primo, patti chiari e amicizia lunga: Conte vuole tornare in Italia e non ne ha fatto un segreto neanche ai dirigenti del Tottenham. Ma ha un ingaggio molto alto (all’Inter, che oggi ne paga 5.5 per Inzaghi, ne guadagnava 11.1, 6 in meno degli attuali percepiti al Tottenham) e dopo aver lasciato Milano in quel modo difficilmente tornerebbe senza forti rassicurazioni sul calciomercato.

Più probabile è invece il nome di José Mourinho. Non tanto (e non solo) per il fortissimo legame che lo lega ai colori nerazzurri, ma perché l’attuale allenatore della Roma ha già fatto capire che senza troppe rassicurazioni sul mercato potrebbe lasciare i giallorossi a fine anno. Mourinho poi non è più un ragazzino, e un’ultima grande sfida potrebbe stuzzicarlo parecchio. L’ingaggio non è improponibile (7 milioni) e le sue caratteristiche – pronte all’uso immediato – ne fanno un nome assoluto valore nel panorama dei papabili post-Inzaghi.

Il sogno: Diego Pablo Simeone

C’è poi il grande sogno chiamato Diego Pablo Simeone. Qui l’ingaggio è davvero proibitivo, il più alto al mondo: 40 milioni lordi, 22 netti l’anno. Anche più di Pep Guardiola.

Certo, Simeone all’Atletico – che allena da oltre dieci anni – è un’istituzione, non solo un allenatore di enorme qualità temperamentale e tattica. Ciò significa che l’ingaggio percepito altrove sarebbe comunque necessariamente inferiore. Ma di quanto? Certo è che il suo nome fa sognare i tifosi interisti, che hanno imparato a conoscerlo già da calciatore.

Realisticamente parlando: Thiago Motta e De Zerbi

Più probabilmente però l’Inter punterà su un profilo giovane e in rampa di lancio, un po’ come era Inzaghi quando arrivò dalla Lazio due anni fa. I nomi più caldi sul tavolo della dirigenza nerazzurra sono in questo senso De Zerbi (in forza al Brighton, dove sta facendo grandi cose) e Thiago Motta (settimo in Serie A col Bologna).

Mentre il primo sembra però trovarsi a meraviglia in Premier, il secondo vuole fare quello step che ancora gli manca per diventare a tutti gli effetti uno dei migliori allenatori al mondo. Dalla sua parte, oltre ad un ingaggio non faraonico, il passato nerazzurro da protagonista nel Triplete del 2010.

Al di là dell’attaccamento alla maglia e all’ambiente, comunque, Marotta ha individuato in Motta l’allenatore del futuro, quello in grado di aprire un nuovo ciclo vincente – magari puntando su quei giovani (Asslani, Bellanova) che lui è così bravo a valorizzare. È Thiago Motta, dunque, il nome più probabile per rivestire il ruolo di allenatore dell’Inter il prossimo anno. Discorso rimandato a fine stagione, ma suggestione già presente.