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Avete segnato in agenda la data del 18 dicembre 2022? Bene: ora sapete perché dovreste farlo? In quel giorno si giocherà la finale della Coppa del Mondo in Qatar. Tra poche ore, tutti gli occhi saranno puntati sul Lusail Stadium.

Sarà una gara unica, che avrà ovviamente una forte ripercussione sulla storia del calcio. Sullo spettacolo… ecco, non è che si possa garantire granché, soprattutto perché le finali hanno una vita decisamente propria. La posta in gioco è alta. E pesa. Un macigno.

Oh, non è sempre andata così. Tutt’altro: ci sono stati epiloghi mondiali incredibilmente spettacolari. Non necessariamente negli ultimi anni, anzi. Meglio scavare in un passato di stelle. La prima? O Rei. Pelé.

16 luglio 1950: Brasile-Uruguay 1-2

La storia, in linea puramente teorica, avrebbe dovuto ricordare l’affermazione dell’Uruguay campione, per la seconda volta dopo l’edizione inaugurale del 1930 in uno stadio Maracana gremito, da 200.000 spettatori devoti alla causa avversaria. Invece, questa partita è passata agli annali come l’incubo del Brasile… e non solo per la Seleçao, ma per un intero Paese. Il quotidiano O Mundo titolò: “Il Brasile è morto”.

Non così esagerato. Del resto, due tifosi si lanciarono dall’alto degli spalti e tre ebbero un infarto. Ma in campo non è che ci fossero sicari. Solo eroi, tra cui i due marcatori della Celeste: Juan Alberto Schiaffino e Alcides Ghiggia. Al Brasile bastava un pareggio per laurearsi campione del mondo, partiva addirittura in vantaggio per 1-0 grazie a Friaça. Finì che un bambino di 9 anni vide suo padre, con l’orecchio incollato alla radio, crollare di tristezza dopo il fischio finale. Per consolarlo, gli disse: “Non piangere, papà, un giorno vincerò la Coppa del Mondo per te”. Il suo nome? Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé.

4 luglio 1954: Germania Ovest-Ungheria 3-2

Quando fu dato il calcio d’inizio per la finale di Svizzera 1954, la domanda non era su chi avrebbe vinto, ma piuttosto con quanti gol l’Ungheria avrebbe battuto la Germania Ovest. I magiari erano imbattuti da più di quattro anni grazie a talenti come Ferenc Puskás, Zoltán Czibor, Nándor Hidegkuti, Sándor Kocsis e compagnia. Nel primo turno avevano inflitto una batosta di 8-3 ai tedeschi stessi. Se a ciò si aggiunge la pioggia torrenziale che si abbatté sulla capitale svizzera, tutto sembrò trasformarsi in un incubo per i tedeschi. Questa impressione fu confermata dopo soli otto minuti, con due gol di Puskás e Czibor.

Invece di crollare, la Nationalmannschaft trovò la forza di reagire immediatamente, spronata dal capitano Fritz Walter. Dieci minuti dopo pareggiarono i due gol. La fiducia sembrò diminuita, ma la pressione rimase sulla porta tedesca: arrivarono subito due tiri (stampati contro il palo) e un gol annullato a Puskás. Quando mancarono solo sei minuti, al culmine del dominio ungherese, Helmut Rahn concluse un contropiede perfetto: un tiro a incrociare superò Gyula Grosics. E gli invincibili magiari caddero dalla vetta, mentre la Germania vinse il primo dei suoi quattro titoli mondiali.

30 luglio 1966: Inghilterra-Germania Ovest 4-2 (dopo i tempi supplementari)

Davanti al pubblico di casa e alla loro più illustre sostenitrice, la Regina d’Inghilterra, i Tre Leoni si trovarono in una situazione simile a quella del Brasile nel 1950: dovevano essere incoronati campioni del mondo nel loro campo di casa, a Wembley. Non si trattava di un Maracanazo all’inglese, anche se i tedeschi amavano (e amano ancora oggi) sconvolgere i pronostici. Chiedere info all’Ungheria del 1954…

Wolfgang Weber privò momentaneamente gli inglesi del titolo con un pareggio all’ultimo minuto (2-2), e i tempi supplementari decisero il risultato. Geoff Hurst, che aveva già segnato nei tempi regolamentari, scatenò l’euforia di un’intera nazione con altri due gol. Il primo è stato sicuramente il più controverso nella storia della competizione: il suo tiro colpì la traversa ed rimbalzò oltre la linea (dal punto di vista tedesco) o appena dietro, stando alla versione degli inglesi e dell’arbitro. L’Inghilterra vinse il suo unico titolo di campione del mondo e Hurst rimane ancora oggi l’unico triplo marcatore di una finale.

21 giugno 1970: Brasile-Italia 4-1

Per molti, la vittoria della Seleçao sugli azzurri in Messico rappresenta l’incoronazione della più grande squadra della storia al termine della più grande Coppa del Mondo della storia.

Tra le due nazionali con più coppe del mondo, fu il Brasile a conquistare per primo tre titoli dopo una partita scandita dal talento individuale di Pelè e dalla magia collettiva degli Auriverdes. Un colpo di testa di O Rei, altri due gol di Gerson e Jairzinho e un capolavoro di Carlos Alberto su un passaggio eccezionale di Pele portarono i verdeoro in cima al mondo.

“Prima della partita mi sono detto: ‘È in carne e ossa, come tutti gli altri’. Ma mi sbagliavo”, dichiarò Tarcisio Burgnich, che quel giorno era incaricato di marcare Pelè.

29 giugno 1986: Argentina-Germania 3-2

Torniamo in Messico nel 1986 e, ancora una volta, assistiamo a una Coppa del Mondo sublimata dalla finale. L’Argentina, trascinata da un Diego Armando Maradona in forma smagliante, raggiunse il girone finale: sulla carta e poi in campo, c’era da affrontare una Germania desiderosa di vendicarsi della sconfitta subita nella finale del 1982. I 115.000 spettatori dell’Azteca videro i sudamericani in vantaggio di due gol, poi la rimonta dei tedeschi, specialisti nel chiudere le bottiglie di champagne aperte troppo presto.

Karl-Heinz Rummenigge e Rudi Voeller segnarono nel giro di sette minuti e le due squadre pareggiarono a soli sei minuti dal termine. A deciderla, fu un momento di genialità di Maradona, che servì Jorge Burruchaga con un pallone abbagliante e perfettamente calibrato. Il centrocampista non sbagliò nell’uno contro uno con Harald Schumacher, regalando all’Albiceleste il secondo titolo e a Maradona la gloria eterna.

12 luglio 1998: Brasile-Francia 0-3

La Francia ospitava la Coppa del Mondo per la seconda volta e ha raggiunto la finale per la prima volta. Iniziamo da qui, giusto per capire l’attesa.

Si trattava di una finale da sogno, per i transalpini. Visto che si trovavano di fronte il Brasile, quattro volte campione del mondo e strafavorito alla vigilia. Con Laurent Blanc squalificato, i Bleus avevano motivo di essere preoccupati: davanti, giocatori del calibro di Ronaldo, Rivaldo, Cafu, Bebeto e Roberto Carlos.

Quel giorno, tuttavia, Aimé Jacquet dominò Mario Zagallo dal punto di vista tattico. E Zinedine Zidane era in forma ultraterrena. Con una doppietta nata dalla mente di Zizou, e col terzo gol di Emmanuel Petit, alla fine della partita (quando la Francia era pure in dieci uomini), fu enorme gloria per i Bleus.