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Lo chiamavano il Trofeo dell’Amicizia. Aggiunta necessaria: italo-inglese.

Questo perché, per unire Milan e Inter, per trasformarle in un’unica squadra, c’era bisogno di un evento straordinario e proprio nel senso di fuori dall’ordinario, dal naturale, dal normale. Milan e Inter insieme sono stati: spettacolari, bellissimi, incredibilmente armoniosi, ma soprattutto utili. La prima volta arrivò nella metà degli anni Sessanta.

L’ultima nei primi anni Ottanta. Oltre venti stagioni in cui i derby erano l’anima di una città non ancora cosmopolita e aperta a ogni dimensione, ma il riflesso dello stile operaio, della concretezza ancor prima della bellezza.

E Milan e Inter erano esattamente così: un filo robusto di lana le univa nei freddi gelidi di San Siro. Mai avrebbero pensato di fermare anni di sfottò e due storie così unite e così diverse.

Lo fecero per una buona causa, nell’ottobre del 1965, quando al Meazza – e dove sennò – arrivò il Chelsea con tanto di Filippo di Edimburgo in tribuna. Si giocò il trofeo dell’amicizia italo-britannica. E da una parte c’era Trapattoni, dalla stessa Suarez e Corso.

Le prime volte

Liedholm ed Herrera si divisero la panchina, la maglia aveva una croce in mezzo, bianco di sfondo e rossa nel mezzo, simbolo della città e di un calcio profondamente diverso.

Il gol fu rossonero su assist nerazzurro: cross di Corso e colpo di testa di Angelillo. Sì, nessun errore: era appena arrivato al Milan dalla Roma, ormai agli sgoccioli della carriera. Gli interisti sugli spalti lo accolgono con applausi sinceri, lui quasi si commuove. In ogni caso, 2-1 per l’InterMilan o il MilanInter. Herrera un po’ ci trova gusto: dice che stanno proprio bene insieme, queste due squadre.

Quattro anni più tardi, una nuova selezione meneghina torna in campo tra lo stupore di tutti: si celebra, stavolta, il gemellaggio tra la città di Lione e quella di Milano. Uno spettacolo per tutti e in particolare per i francesi, fortunati a ritrovarsi i campioni d’Europa rossoneri, oltre a figure di un calibro senza eguali. Vedere – per capire – i due allenatori in panchina: prima il Paron Rocco, poi Peppino Meazza, che abbandona il campo prima del novantesimo per un lieve malore.

Oh, stavolta c’è anche Gianni Rivera. Esaltato dagli applausi e in particolare dalla semplicità del più forte. È sul rettangolo verde e detta tutte le giocate: alla fine, è un sonoro 7-1 per gli italiani. Quasi tutti rossoneri, più una serie di riserve nerazzurre. Alcuni, infatti, erano impegnati nel Trofeo città di Milano con la Juventus. Anche qui, Sandro Mazzola declinò cordialmente l’invito.

Negli anni Ottanta

Il MilanInter sembra una pagina di storia, che qualcuno fatica ancora ad aprire. Nel 1980, però, torna improvvisamente di moda: il terremoto dell’Irpinia è un evento così tragico, così pieno di tristezza e senso d’impotenza, che ognuno sente di dover fare qualcosa, di doversi in qualche modo donare alla causa. Le due squadre arrivano a un accordo, poco prima a un’idea di profonda unità. Torna quel senso di unione.

E tornano a giocare insieme, con i due Baresi insieme a simboleggiare la grandezza e l’importanza dell’evento. Non sarà un grande show: davanti c’è il Bayern di Rummenigge e Hoeness, ma a parte il risultato è l’ambiente che non è più fraterno come un tempo. L’odio degli stadi ha preso il posto dell’ultimo briciolo d’innocenza. Le tifoserie si beccano dall’inizio alla fine, anche se tecnicamente giocherebbero insieme.

Nessuno l’ha mai ammesso, ma quella gara aveva segnato definitivamente l’esperimento.

E a certificarlo arriva l’amichevole del 1982: non ci sono i nazionali, ma comunque il livello è alto. Contro il MilanInter gioca il Perù di Uribe. Poi la Polonia di Boniek. In campo c’è Aldo Serena, c’è Beccalossi, c’è Tassotti. C’è Novellino, che siglerà proprio l’assist per Serena.

Sono gli anni dei rossoneri malconci, in B, senza un futuro e in realtà a un passo dalla rinascita. Sono gli anni in cui Milano è già diversa, ancora dura e cruda, ma più borghese. Sono gli ultimi attimi del MilanInter: un esperimento, a suo modo, a fin di bene.

L’ultima volta del MilanInter United

Esiste poi un ultimo precedente, sempre per fini benefici.

Questa non parliamo proprio di calcio, perché la recita del MilanInter United avviene al Forum di Assago, in una partita di calcio a 5 contro un avversario di tutto rispetto, cioè la nazionale di “calcetto” di quel tempo.

Si, perché parliamo del 1991, e la squadra a ranghi misti fa comunque la sua ottima figura contro i migliori giocatori di calcio a 5 del paese.

Finisce 4-4 con grande spettacolo e divertimento per la folla accorsa al palazzo.

Nella mista MilanInter figurano nomi di gran spessore, del resto le due formazioni meneghine saranno le avversarie più credibili della Sampdoria scudettata di quell’anno.

I grandi nomi non mancano, dai capitani dell’epoca Franco Baresi e Beppe Bergomi, passando per Berti, Maldini, Ferri, Rijkaard, Mandorlini e Massaro. In panchina un assoluto totem del calcio meneghino come Helenio Herrera.

La partita è vera come dimostrato dal risultato e il pubblico apprezza gremendo il palazzetto prestato per l’occasione per una nobile causa, quella della raccolta fondi per la ricerca contro i tumori.