Vai al contenuto

Non si può non sfuggire da una banalità, parlando dello Stadio Maracanà: si tratta di un tempio. Sacro. Di un luogo che ha rappresentato la storia del pallone, ma anche e in particolari di uomini. Teatro di gioie e di tragedie, non solo sportive. Palcoscenico che per tanti, inevitabilmente, è un punto d’arrivo o una bandierina da piantare nel terreno di gioco. Come l’uomo e la Luna, come l’uomo sulla Luna.

Molti raccontano di una diversità di fondo tra il Maracanà e gli altri stadi: è l’atmosfera ad essere un’altra cosa, è la storia che continua a scorrere nel campo, vola ripida come un fiume in piena e confluisce in ogni angolo. Rio de Janeiro, del resto, non poteva non avere una sua sacralità: è la casa del calcio, e ci perdoneranno gli amici argentini o l’orgoglio britannico. Ma tra i mille impianti, tutti belli da visitare, tra i mille stadi lussuosi, moderni, imponenti, ognuno con le sue esperienze speciali, arrivare al Maracanà vuol dire avere il pezzo intero della storia. La storia più bella di tutte, pronta ad allungarsi con la finale di Copa America del 2021.

La crescita del Maracanà

Era il 1938 quando il padrone della Fifa, Jules Rimet, sbarcò in Brasile per controllare il materiale – di strutture e ambizioni – ideale per organizzare il Mondiale più bello di sempre. Sapeva di poter contare su un popolo innamorato pazzo del calcio, ma c’erano abbastanza stadi? C’era un impianto in grado di contenere fisicamente ed esaltare allo stesso tempo il maggior numero di spettatori? Nasce con quest’intenzione qui, il Maracanà. Con la voglia di essere un punto di riferimento per i tempi che correvano e con una rincorsa per tutto ciò che sarebbe stato il calcio degli anni successivi. Individuato luogo, organizzata costruzione, approvato tutto (già nel ’46), si passò all’opera centrale.

La costruzione è iniziata il 2 agosto del 1948, ma solo il 16 giugno di due anni dopo si iniziò concretamente a porre una pietra di sostegno. C’era un’ambizione decisamente forte, ai tempi, e la capienza immaginata – e realizzata – doveva essere di 200mila spettatori. Il record di presenze arrivò nella Coppa del Mondo del 1950: e questa è la storia di un collasso, sportivo e sociale, con la sconfitta del Brasile nella finale del Mondiale contro l’Uruguay. Persone presenti: 199.584 unità; per il rapporto Fifa, circa 174.000. Quel 16 giugno, la Celeste rovinò la festa dei brasiliani accorsi al simbolo di Rio: vinse l’Uruguay per 2-1, “scippando” meritatamente il titolo dalle mani di un popolo già in festa e per questo devastato dalla disillusione. Per le strade della captale, e non solo, il Maracanazo è meglio evitare di nominarlo.

Una chicca per gli appassionati: il Maracanà ha una particolarità davvero unica nel suo genere, ossia quella di avere ventimila posti coperti del primo anello – vengono definite “cadeiras perpetuas” – e l’idea fu di Ottorino Barassi, presidente della FIGC, supervisore dei lavori. Quei biglietti furono venduti in anticipo già nel 1948, quando iniziò la costruzione dell’impianto: furono abbonamenti speciali utili a finanziare la costruzione del Maracanà. Un investimento per… 100 anni! Fino al 16 giugno del 2050, infatti, i possessori ed eredi di quel biglietto, potranno guardare qualsiasi partita in maniera completamente gratuita.

I Mondiali e le grandi partite

Si chiamava Municipal ed è stata la sede del primo campionato mondiale di calcio del dopoguerra. L’attesa era spasmodica – giustifica i numeri – e la crescita dei fuoriclasse brasiliani alimentava il sogno di riscatto di un paese ormai pronto per lo step successivo, nonostante l’estrema povertà in cui versava. Flavio Costa, allenatore del Brasile del Cinquanta, raccontò di non aver mai visto una folla così. Così forte. Così chiara. Così bella da far spavento. Così vera, poi, dopo la sconfitta con l’Uruguay: a tal punto da dover essere scortato, Costa, perché in pericolo per la sua stessa vita.

Nel 1964, l’impianto fu finalmente completato e ribattezzato Estadio Mario Filho. Filho è stato uno dei giornalisti più influenti, e appoggiò fortemente la costruzione del Maracanà. A proposito: sapete perché viene chiamato proprio così? Storia simile a San Siro, nome del quartiere: il Maracanà è il fiume che scorre nel quartiere, ma anche il nome di una specie di pappagallo presente nella zona. Una zona che ha segnato un’era, che continuerà a farlo: perché questo è lo stadio in cui Pelé ha realizzato il gol numero mille nel novembre del 1969, in cui Zico ha collezionato 333 gol, mentre sono stati 190 quelli di Dinamite e tre anni sono durate le magie di Rivelino. Oltre al Botafogo di Garrincha.

Oltre al Mondiale del 1950, il Maracanà è stato sede del Mondiale per Club del 2000, vinto dal Corinthians in una finale tutta brasiliana con il Vasco da Gama di Romario, a sua volta protagonista dell’eliminazione a sorpresa del Manchester United di Ferguson. L’errore decisivo fu di Edmundo, già lontano dai fasti della Fiorentina. Ecco, torniamo un attimo in Italia: chi ricorda la Confederations Cup del 2013 e la vittoria degli Azzurri contro il Messico? Il 30 giugno, il Brasile vinse la stessa competizione contro la Spagna per 3-0. Sembrava fosse nata la squadra giusta per ripetere un sogno: poi arrivò, nel 2014, il Mineirazo e la Germania fortissima. Germania che fece le sue fortune proprio al Maracanà, dove batté la Francia ai quarti e l’Argentina in finale. I carioca no, non sfiorano l’impianto durante il loro percorso. Sognavano solo di ribaltare la storia, senza affrontarla di petto.

Da McCartney a Giovanni Paolo II

Il Maracanà è stato anche e soprattutto il teatro di concerti indimenticabili. Il primo con numeri incredibili fu quello di Frank Sinatra: venne invitato al trentesimo anniversario della nascita dell’impianto, nel 1980, e per lui arrivarono oltre 180mila spettatori. Numeri da record per Tina Turner e Paul McCartney: 182mila biglietti staccati in una sola notte. Numeri simili per gli A-Ha nel 191, ma arrivarono poco più in là, a quota 198mila.

Ovviamente, stadio che vai e concerto dei Rolling Stones che trovi. Ma a Rio si sono esibiti un po’ tutti e i big l’hanno fatto al Maracanà: Madonna arrivò a 120mila persone nel 1993, poi vi è tornata nel 2009 quando la capienza era ormai ridotta. Storia vera: ai Queen non fu permesso di fare un concerto nel 1981, decisione diretta delle autorità. Una grande rockstar è stata anche Giovanni Paolo II, a suo modo: nelle sue visite in Brasile, paese cattolicissimo, ha convogliato migliaia di fedeli proprio nell’impianto calcistico. Due date su tutte: 1980 e 1997.

Oggi non è più possibile arrivare a quei numeri record: dopo l’iniziale capienza di 165mila spettatori – ufficiali -, il numero si è gradualmente abbassato per essere omologato ai nuovi standard di comfort e soprattutto sicurezza. Come Wembley e Hampden Park, è stato ridotto e modernizzato (tre volte, l’ultima per i Mondiali 2014): ma resta uno stadio che mette i brividi. E che fa volare altissimo i sogni.