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Juve-Toro di sabato scorso non è stata la partita più memorabile nella storia dei Derby della Mole, ma probabilmente la più allegriana degli ultimi tempi. Due gol da palle inattive e un probabile uomo-chiave in Filip Kostic, l’essenzialità fatta giocatore di calcio.

Filip Kostić, il luogotenente che non dribbla

Il match dell’esterno serbo contro il Torino non è stato di quelli da spellarsi le mani dagli applausi, ma la sostanza lo è. Un assist “e mezzo” (da un suo corner nasce il batti e ribatti del gol di Gatti), 5 passaggi chiave, un tiro, ma anche 5 palle recuperate. A trent’anni Kostic non ruba l’occhio, ma sa sempre come rendersi utile e le sue parabole sono quasi sempre velenose. Il problema, semmai, è che ci riesce spesso e bene su corner, molto meno con palla in movimento.

Attenzione, il serbo non è mai stato un dribblomane, ma fino a qualche anno fa si difendeva anche sotto questo aspetto. Nel 2019/20, chiuse la stagione all’Eintracht di Francoforte con una media di 2,5 dribbling riusciti a partita, che non è per niente male. Per dire, uno come Juan Cuadrado ha toccato queste cifre solo una volta, nel 2015/16. Poi Kostic ha avuto un progressivo calo, segno di un giocatore che si è stabilizzato come esterno da corsa e da “legna”. Zero i dribbling (tentati e riusciti) nel Derby, uno solo quello tentato (e non riuscito) da Kostić in questa Serie A. Una prima fetta di campionato in cui non ha giocato moltissimo (292 minuti), ma è comunque uno zero in una qualità che a questa Juve servirebbe come il pane.

Saltare l’uomo è fuori moda

Sfrutto l’assist (rigorosamente da calcio da fermo) e apro una parentesi su altri dati che raccontano qualcosa di interessante, su pregi e difetti della Juventus 2023/24, ma in generale sulla Juve dal ritorno di Massimiliano Allegri. Sempre partendo dal discorso dei dribbling, è noto che si tratta di una voce statistica da anni molto ridimensionata, nel calcio contemporaneo e non certo solo nella Juve di Acciughina.

Quella di provare a saltare l’uomo è una scelta sempre meno popolare fra i calciatori, che al rischio preferiscono spesso un passaggio indietro. Detto questo, saltare l’uomo implica la creazione di superiorità numerica e quindi una probabilità maggiore di creare situazioni pericolose e occasioni da gol. Nella Juve del passato recente, di questi compiti si facevano carico grosso modo i Cuadrado, i Di María e i Dybala nello stretto, Chiesa e Rabiot più in velocità e/o progressione.

Se depurassimo il totale dei dribbling da quelli effettuati in uscita da difensori o da centrocampisti di costruzione, nell’attuale Juventus rimarrebbe poca cosa, praticamente il solo Chiesa insieme a Rabiot e all’enigmatico Miretti. Vediamo i numeri sui dribbling negli ultimi due anni.

Nella Juventus 2022/23, Ángel Di María era stato il giocatore con più dribbling riusciti (32), davanti a Rabiot (25), quindi Cuadrado e Chiesa (24) e Kostic (23).

La classifica parziale di questa stagione, dopo 8 giornate è capeggiata da Rabiot con 12, seguito da Chiesa con 10, Locatelli a 7, Danilo, Kean, Cambiaso e Miretti a 5, mentre Kostic (come detto in precedenza) è sempre a 0.

Se togliamo quelli di Chiesa infortunato e quelli di Locatelli che li effettua più che altro in altri contesti, alla Juve del Derby rimaneva ben poco, a cui aggrapparsi. Rimaneva ancora meno se consideriamo il Rabiot un po’ abulico e inconcludente di queste ultime uscite, dunque questo Derby lo si poteva risolvere solo con palle inattive. Una specialità che assume un’importanza sempre maggiore, in questo Allegri-Bis.

Gol su palla inattiva: un asset in crescita nella Juve dell’Allegri-bis

Sia i detrattori di Massimiliano Allegri che osservatori un po’ più neutrali, puntano da sempre il dito sulla scarsa fluidità della manovra della sua Juve. Lui ha sempre risposto con una idea di calcio che fa del risultato una sorta di religione, in cui fare punti equivale ad andare a messa. A questa visione si potrebbe facilmente obiettare che andare a vedere una partita di calcio dovrebbe essere un piacere, più che un dovere da fedele/credente, ma la verità è che la prima Juve di Allegri aveva una cifra tecnica comunque molto alta e ciò permetteva di portare a casa il risultato in molti modi differenti. Questa Juve è invece molto meno qualitativa in generale, pur con l’organico più pagato d’Italia. Ad ogni modo, a una squadra che mancava dei suoi due talenti più cristallini, oggi, non si poteva certo chiedere di più.

Piuttosto, fa specie confrontare il dato dei gol della Juve nati da palla inattiva, da quando Allegri è tornato sulla panchina. Nel 2021/22, anno del ritorno di Acciughina alla Vecchia Signora, i gol su palla inattiva erano stati 14 su 57, pari a circa il 25%. Nello scorso campionato, nonostante un tasso tecnico elevato da elementi come Di Marìa, il dato è cresciuto in maniera netta, arrivando a 18 gol su 56 che ha rappresentato il 32%. In generale, la Juve 2022/23 è stata la squadra in Europa con il maggior numero di reti nate da questo tipo di situazioni, con 25.

Quest’anno siamo a 4 gol su 14, il 28%. Il recupero degli infortunati potrebbe aiutare a fare abbassare la percentuale, ma ne avremo un’idea migliore un po’ più avanti, diciamo a fine girone di andata.