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La Coppa del Mondo 2002 è stata la prima edizione giocata in Asia e non solo, la prima in cui si è giocato in due stati distinti, Giappone e Corea del Sud.

Dopo la delusione azzurra ai Mondiali di Francia del 1998 (eliminati ai rigori ai quarti dai padroni di casa) e soprattutto della finale degli Europei 2000 di Belgio Olanda, quando sempre i francesi beffarono grazie al golden gol (che sarebbe poi stato abolito nel 2004), l’Italia si presentò con grandi ambizioni, forte di una delle rose di maggior valore che si ricordi.

La rosa dell’Italia a Giappone e Corea 2002

GiocatoreR Giocatore R
1Gigi BuffonP8Gennaro Gattuso C
12Christian AbbiatiD10Francesco Totti C
22Francesco ToldoD 11Cristiano DoniC
2Christian PanucciD14Luigi Di BiagioC
3Paolo MaldiniD16Angelo Di LivioC
4Francesco CocoD17Damiano TommasiC
5Fabio CannavaroD7Alessandro Del Piero C
13Alessandro NestaD9Filippo InzaghiA
15Mark IulianoD18Marco DelvecchioA
19Gianluca Zambrotta D20Vincenzo MontellaA
23Marco MaterazziD21Christian VieriA
6Cristiano ZanettiA
La Rosa portata in Giappone e Korea dal CT Trapattoni per il Mondiale 2002

La nazionale italiana, guidata da un decano della panchina capace di vincere tutto a livello di club come Giovanni Trapattoni, presentò una rosa di livello eccellente.

La Serie A era probabilmente al suo apice: l’anno successivo l’Italia avrebbe portato tre squadre, Inter, Milan e Juve, alle semifinali di Champions League, che si sarebbe risolta con la vittoria del Milan sulla Juventus.

In porta il titolare era il fenomenale Gigi Buffon, con alle spalle il solidissimo Francesco Toldo e come terzo portiere l’ex titolare dell’Under 21 Christian Abbiati, peraltro un terzetto di estremi difensori che rappresentava, nell’ordine, Juventus, Inter e Milan. 

In difesa trovava spazio forse il terzetto più forte della storia della Nazionale: il capitano Paolo Maldini, Fabio Cannavaro e Alessandro Nesta. La linea a quattro era completata sulla destra da Christian Panucci, elemento di esperienza abituato a vincere con le più svariate maglie in carriera (Milan, Real Madrid, Chelsea, Roma). Le seconde linee erano Marc Iuliano, Francesco Coco, Marco Materazzi e Gianluca Zambrotta, il quale però, nonostante giocasse spesso da terzino destro nella Juventus di Lippi, veniva considerato un centrocampista da Trapattoni.

Se Zambrotta quindi giocava da ala tornante sulla destra, sulla sinistra (con licenza di accentrarsi in posizione di trequartista) inizialmente giocava la sorpresa Cristiano Doni, atalantino rivelazione della stagione conclusasi da poco e convocato un po’ a sorpresa, dopo sole 3 presenze in azzurro.

Un titolarissimo di Trapattoni era invece Damiano Tommasi, fondamentale equilibratore di centrocampo che presidiava la mediana a fianco di uno tra Gigi Di Biagio e Cristiano Zanetti, registi portati a verticalizzare velocemente il gioco. In panchina poi due soldati instancabili come Angelo Di Livio e Rino Gattuso, faticatori dai mille polmoni sempre pronti a dare il proprio contributo di corsa e grinta.

In attacco la certezza era Bobo Vieri, il centravanti dell’Inter reduce da una stagione strepitosa, con 22 gol in campionato che avevano trascinato l’Inter ad un passo dallo scudetto, perso all’ultima giornata nello psicodramma del 5 maggio all’Olimpico.

Al suo fianco inizialmente il solo Francesco Totti, per un attacco a una punta e mezza che relegava in panchina una schiera di attaccanti eccezionali come Alex Del Piero, Pippo Inzaghi, Vincenzo Montella e Marco Delvecchio.

Un gruppo dalle enormi potenzialità, su cui però aleggiava il fantasma di Roberto Baggio, escluso dalle convocazioni nonostante avesse recuperato a tempo di record da un gravissimo infortunio al ginocchio, scelta che avrebbe, come sempre quando si tratta del Divin Codino, spaccato a metà l’opinione pubblica italiana.

Cosa ci si aspettava dall’Italia ai Mondiali 2002

Il Mondiale del 2002 era visto un po’ come l’ultima occasione di consacrazione per una generazione d’oro (cresciuta da Cesare Maldini prima nell’Under 21 e poi anche in nazionale maggiore), in particolare per il capitano Maldini capace di vincere tutto con il Milan ma che in Nazionale aveva vissuto le dolorose sconfitte in finale di USA ‘94 e di Euro 2000.

Le cocenti delusioni vissute dai tifosi azzurri nelle ultime competizioni avevano smorzato i facili entusiasmi, anche in virtù di un percorso di avvicinamento ai Mondiali che era stato contraddittorio.

La fase di qualificazione fu superata facilmente, grazie ad un girone che non presentava grandissime difficoltà (Ungheria, Romania, Georgia e Lituania), ma nelle varie amichevoli giocate con avversari di spessore maggiore gli azzurri non avevano incantato.

In particolare il percorso di avvicinamento ai Mondiali aveva visto l’Italia pareggiare con Giappone e Uruguay, vincere di misura contro Stati Uniti e Inghilterra e infine, poche settimane prima dell’esordio a Sapporo, perdere in casa della Repubblica Ceca.

Alla vigilia dell’esordio, lo stesso Trapattoni si rese protagonista di una disamina del primo avversario, l’esordiente Ecuador, fin troppo generosa nei confronti dell’avversario, dipingendo l’onesto terzino fluidificante Ulises De La Cruz come una sorta di fuoriclasse.

Il girone, completato da Messico e Croazia, era comunque tranquillamente alla portata degli azzurri e la sensazione era che la squadra avesse le potenzialità di poter avanzare molto nella competizione, rientrando nella rosa di pretendenti per il titolo, quantomeno delle semifinaliste.

In particolare, la fiducia riposta nel pacchetto difensivo composto da Buffon, Maldini, Nesta e Cannavaro, ritenuto il migliore al mondo, era altissima, e si fantasticava molto sull’idea di poter scatenare in attacco la potenza di Vieri supportata dal talento di Totti e Del Piero. Il tutto in mano all’allenatore italiano più vincente della storia.

Il cammino dell’Italia in Giappone e Corea 2002

FASEPARTITARISULTATO
GironiItalia-Ecuador2-0 (Vieri, Vieri)
GironiItalia-Croazia1-2 (Vieri – Olic, Rapajc)
GironiItalia-Messico1-1 (Del Piero, Borghetti)
OttaviItalia-Korea del Sud1-2 d.t.s (Vieri – Seol, Ahn )
Le partite dell’Italia ai Mondiali 2002

Un girone iniziato in scioltezza e finito con l’ansia

Nel match d’esordio dell’Italia, giocato a Sapporo il 3 giugno, i timori nei riguardi dell’Ecuador e di Ulises De La Cruz si rivelarono infondati: Bobo Vieri, nonostante le molte assenze in azzurro nel biennio precedente, si rivela l’attaccante perfetto per il gioco del Trap fatto di difesa e verticalizzazioni. È una doppietta del centravanti nerazzurro infatti a regalare il successo agli azzurri (ma potevano tranquillamente essere tre), scatenando entusiasmi e previsioni di un Mondiale in discesa fino alle battute finali.

L’8 giugno a Kashima è il momento di affrontare la Croazia (squadra rivelazione del Mondiale ‘98, arrivata 3ª), che cinque giorni prima era stata sconfitta dal Messico a causa di un rigore trasformato da Blanco. Un successo azzurro renderebbe una sorta di formalità per decidere la vetta del girone l’ultima partita contro i messicani, e dopo una decina di minuti dall’inizio del secondo tempo il gol del solito Vieri sembra instradare gli azzurri verso gli ottavi di finale.

Improvvisamente però la retroguardia, il fiore all’occhiello del team azzurro (che però aveva nuovamente perso per infortunio Nesta, come negli ultimi Europei e Mondiali), va in crisi per cinque minuti, regalando tra il 73° e il 76° due gol alla Croazia, con Ivica Olic e il perugino Milan Rapaic.

Di colpo, quella che sembrava una corazzata si trasforma in una zattera in balia delle correnti. Il gioco troppo difensivo del Trap viene messo sotto accusa, recriminando sui talenti di Del Piero e Inzaghi relegati alla panchina (nonostante agli azzurri fossero stati anche annullati altri due gol contro i croati, in maniera più che dubbia). Il giorno dopo il Messico batte per 2-1 l’Ecuador, estromettendo così dalla corsa qualificazione i sudamericani che avrebbero dovuto affrontare la Croazia all’ultima giornata.

Contro il Messico, squadra agli antipodi come gioco con la loro manovra offensiva ariosa e fatta di continui passaggi, diventa decisivo vincere il 13 giugno a Oita per agganciarli in testa al girone e sperare così nel passaggio del turno per la classifica avulsa, nel caso la Croazia sconfigga, come probabile, l’Ecuador.

Trapattoni inserisce Inzaghi al fianco di Vieri, con Totti a supporto sulla trequarti e cambia anche qualcosa in difesa, spostando Panucci a sinistra e facendo scivolare Maldini al centro, a fianco di un Nesta recuperato in extremis, con Cannavaro sulla destra. 

Per oltre un’ora di gioco i centroamericani dominarono la partita, portandosi in vantaggio grazie al colpo di testa di Jared Borgetti poco dopo la mezzora. Per gli azzurri si spalancano le porte dell’abisso, con la prospettiva di un’eliminazione più che concreta.

Poco dopo l’inizio della ripresa però Edison Vicente Mendez, centrocampista ecuadoriano, con un moto d’orgoglio porta in vantaggio la sua nazionale a Yokohama contro la Croazia, e la notizia giunge anche sul campo di Oita.

Il Messico inizia a non gestire così bene la sua rete di passaggi, e all’85° Del Piero, subentrato a Totti qualche minuto prima, riesce a insaccare di testa su una palla colpita in semirovesciata da Montella (che aveva preso il posto di Inzaghi a inizio ripresa), trovando quindi il punto che mette al sicuro la qualificazione come seconda del girone alle spalle del Messico.

Il secondo posto costringe gli azzurri a cambiare paese, trasferendosi in Corea del Sud per affrontare proprio i padroni di casa, che avevano passato il turno nel Gruppo D sopravanzando Stati Uniti, Polonia e soprattutto il Portogallo, sconfitto nell’ultimo match decisivo anche grazie ad una gestione dei cartellini decisamente favorevole.

La scandalosa partita con la Corea

In tempi recenti sono emerse le irregolarità e gli accordi presi per cercare di garantire a Giappone e Corea un cammino più agevole nel torneo, al fine di avere almeno uno dei due paesi organizzatori in semifinale. Gli arbitraggi particolarmente favorevoli alle due squadre asiatiche furono però evidenti fin da subito, ma nonostante questo la Turchia riesce ad eliminare il Giappone con un solo tiro in porta in 90 minuti.

L’Italia scende in campo contro la Corea del Sud di Guus Hiddink a Daejeon con un po’ di sufficienza e fin troppa fiducia. Nesta, ancora non al meglio, viene sostituito da Iuliano mentre al posto di Cannavaro, squalificato, scende in campo Francesco Coco, che si piazza sulla fascia sinistra accentrando nuovamente Maldini.

In attacco ancora Totti con due punte, e questa volta a fianco di Vieri scende in campo da titolare Del Piero. Fin dall’inizio della partita, tira una brutta aria: l’arbitro ecuadoregno Byron Moreno ammonisce con fare intimidatorio Coco al primo intervento commesso, e dopo 5 minuti fischia un rigore a favore della Corea per una trattenuta di Panucci in area.

Sale sugli scudi Gigi Buffon, che respinge il rigore battuto dal centravanti Jung-hwan Ahn, militante nel Perugia. Esaltati dalla prodezza del portiere, gli azzurri attaccano a testa bassa.

AL 18° minuto l’asse Totti-Vieri costruisce il gol di testa del centravanti nerazzurro, che firma la sua 4ª rete nel torneo.

Nonostante i coreani vengano salvati ripetutamente dai cartellini, l’Italia riesce a tenere a bada senza grandi problemi le sfuriate offensive dei coreani, dotati di grandissima atleticità ma con pochi giocatori dal tasso tecnico degno di nota (tra cui il giocatore del Kyoto Sanga Ji-sung Park, che sarebbe poi diventato un pilastro del Manchester United).

Gli azzurri iniziano a “cadere sul campo”, con Del Piero che esce con un occhio nero per una gomitata lasciata correre dall’arbitro (e Trapattoni che sceglie di coprirsi inserendo un mediano come Gattuso), Coco che è costretto a giocare con una fasciatura per una brutta ferita alla testa e Zambrotta sostituito dopo un’entrata da dietro da espulsione, anche questa non sanzionata.

Fino a cinque minuti dalla fine l’Italia gestisce senza grandi problemi la partita, sprecando due grandi occasioni con Vieri e vedendosi negato un chiaro calcio di punizione dal limite che si sarebbe guadagnato Totti, ma all’88° su un clamoroso errore in mezzo all’area di Panucci Ki-hyeon Seol insacca di sinistro alle spalle di Buffon, portando così il match ai supplementari.

È nell’extra time che l’arbitraggio di Byron Moreno assume contorni surreali. Totti viene contrastato in area, con un’intervento al limite che, per quanto sia sul pallone, lo costringe a terra.

Per Byron Moreno si tratta di simulazione ed espelle il giocatore della Roma, già ammonito. È la goccia che fa traboccare il vaso: la squadra, già con i nervi a fil di pelle, perde completamente la testa. Trapattoni, che fino a qualche minuto prima spargeva nervosamente acqua santa a bordocampo, prende furiosamente a pugni le barriere in plexiglass che lo dividono dagli spalti.

Quello che sarebbe il golden gol di Damiano Tommasi viene annullato per un fuorigioco inesistente, e a pochi minuti dai rigori Ahn sovrasta Maldini nell’area azzurra, mettendo a segno con un colpo di testa il gol che condanna l’Italia e fa avanzare la Corea ai quarti di finale (dove avrebbe eliminato la Spagna con un arbitraggio addirittura ancor più accomodante). Il centravanti coreano sarebbe stato poi “licenziato” dal Perugia dal presidente Gaucci per “ripicca”.

Finisce quindi in maniera ingloriosa quella che viene definita come una delle peggiori spedizioni dell’Italia ai Mondiali (ma le edizioni del 2010 e del 2014 smentiranno questa affermazione, per tacere della mancata partecipazione a quella del 2018), lasciando spazio a recriminazioni che saranno poi confermate negli anni successivi.