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Undici anni, nel calcio, bastano a definire una storia da “c’era una volta”. Nel senso che una decade è davvero tanto tempo nel turbinio di partite, emozioni, appuntamenti, giocatori, serate dimenticate e soprattutto indimenticabili.

Undici anni, nel calcio, bastano a definire la traiettoria di un giocatore: è stato un campione? Da ragazzo prodigio è diventato fenomeno assoluto? Quella di Gareth Bale assomiglia a una sua punizione di esterno mancino: sembrava andare dritto nell’olimpo del calcio, poi la palla ha preso un giro particolare. Un percorso strano. Sempre chiaro, ma meno pulito.

Del presente di Bale – che resta un’arma del Real Madrid di Ancelotti, e resta tale proprio per volere di Ancelotti -, l’aspetto più interessante è paradossalmente il suo passato.

E un giorno in particolare, in cui tutti hanno imparato a conoscerlo e per tutti è cambiata la percezione di quell’esterno dal sinistro buono ma ancora troppo grezzo per competere a livelli superiori. Ebbene: pronti a essere ricatapultati in quel 20 ottobre 2010? Basta la data. Avete già capito il match di cui si sta parlando.

Venuto da lontano

Un passo indietro. Piccolo però necessario. Gareth Bale non era ancora, non prima di quella partita, l’esterno pazzo dal mancino magico.

Pochi giorni prima, l’allora tecnico degli Spurs, Harry Redknapp, l’aveva definito “uno dei migliori terzini al mondo”. Del resto, era stata quella, la sua evoluzione.

Dal 2007 al 2010, aveva collezionato presenze sporadiche e messo in fila 5 reti. Verso la primavera del 2010 era cresciuto tecnicamente e fisicamente – tanto, fisicamente -, e la corsa sempre più fluida sembrava aiutare in maniera sostanziale lo sviluppo della manovra di un Tottenham per nulla fluido, ancora determinato dalla fisicità dei vari Gallas, Bassong, Assou-Ekotto. C’era Modric, vero: era la luce. E c’era Crouch in attacco, da servire sui piedi.

Bale era cresciuto in quel contesto di velocità e mancanze tecniche, compensate esclusivamente dal talento del genio croato lì in mezzo. Si era piazzato dietro perché tutti erano convinti che tenesse perfettamente il campo, che potesse correre all’impazzata per novanta minuti, aggiungendo fiato alla manovra offensiva.

Non importava l’inefficacia nei contrasti in fase difensiva, le questioni di diagonali: era un cavallo pazzo e tanto valeva lasciarlo a briglia sciolta. Così pensava Redknapp. Così pensava l’Inter: quando nel 2010 Zanetti e compagni si trovarono ad affrontarlo, nessuno si era posto il problema di mettere un freno a tutta questa irruenza.

Oh, e probabilmente avevano anche ragione loro. Tant’è che a fine primo tempo, i nerazzurri erano già sul 4-0 e con un uomo in più. Risultato netto. Secco. Firmato intanto da Zanetti, in gol dopo soli due minuti, poi dalla doppietta di Eto’o e nel mezzo il gol di Dejan Stankovic. Benitez aveva messo in campo uno spettacolo di adrenalina e qualità, soffrire non era minimamente contemplato.

Quando si scatena Bale

Al posto di Stankovic ora c’è Santon, Coutinho va dentro e darà qualità nel possesso conservativo.

Il Tottenham, liberato dal peso del risultato, scende scarico di testa e in partita si fa una gran fortuna. Dopo appena sette minuti dall’inizio della ripresa, Jenas recupera il pallone e la palla rotola verso Bale.

Davanti a sé, il gallese ha Zanetti e Maicon: il brasiliano lo affronta sull’esterno, Gareth porta la palla più avanti. Per un metro, poi due, poi tre, poi quattro. Zanetti rincorre ma è un puntino imprendibile, Bale, che evita anche l’intervento di Samuel anticipando la conclusione. Una bomba. Un missile terra-aria. Un gol che decreta una qualità clamorosa di quel sinistro.

La partita scorre tra un’azione e l’altra, l’Inter però sembra intontita da quella botta a freddo, ormai incastrata nei ricordi. Bale non solo ha siglato un gol pazzesco, ma ha preso coraggio.

E al novantesimo ha ancora la forza di correre sull’out mancino e sfidare Zanetti, stavolta insieme a Cordoba. Stesso iter, stesso percorso, uguale risultato: Julio Cesar anticipa l’intervento sulla sua destra e il pallone va a sinistra. 4-2.

Che poi si fa 3, e indovinate per merito di chi? Altra cavalcata, stavolta con passaggio e chiusura di esterno mancino, sempre di rasoiata. Tre fulmini sul ciel sereno, stellato, dipinto di nerazzurro.

Tutti inviati da un Bale in versione Zeus che si era appena fatto conoscere dal mondo intero, pronto a lanciarsi verso un futuro di fortune (economiche e di campo) così come aveva fatto palla al piede.