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L’ultima volta che si erano affrontate correva l’anno 2016. La Lazio di Inzaghi incontrava e aveva la meglio sul Galatasaray all’Olimpico di Roma per 3-1 (all’andata era finita 1-1; si trattava dei sedicesimi di finale).

Il secondo gol di quella partita lo aveva messo a segno Felipe Anderson, probabilmente il migliore tra i biancocelesti ieri sera. D’altronde quando il brasiliano sente aria d’Europa si trasforma: è suo il record di 3 gol e 3 assist messi a segno in Europa League da un giocatore della Lazio (stagione 2017/18).

È invece finita 1-0 la sfida di ieri sera coi turchi giallorossi, decisa da un episodio malandrino. Fatih Terim è così tornato a sorridere coi biancocelesti da quando, nel lontano 2001, affrontò da allenatore della Fiorentina la Lazio di Zoff (perdendo sonoramente: 4-1). Curiosamente, allo stesso anno risale anche l’ultima sconfitta coi turchi ai gironi della Lazio: 1-0 proprio contro il Galatasaray in Champions League, nella drammatica notte dell’11 settembre.

Attacco neutralizzato

Con il risultato di ieri sera, la Lazio non ha comunque smentito la sua recente forma europea: fuori casa, i biancocelesti non vincono in Europa dall’ottobre del 2018 (quando ebbero la meglio sull’OM, squadra che incontreranno presto di nuovo, col punteggio di 3-1). Se parliamo di Europa League, poi, i numeri si aggravano ulteriormente. In questa competizione, la Lazio ha perso nove delle ultime undici partite – e se consideriamo lo score delle ultime due partecipazioni, salgono a cinque le sconfitte nelle ultime sette partite. Numeri impietosi che raccontano molto, ma non tutto, della partita di ieri sera.

Il Galatasaray dal canto suo aveva vinto solo due delle ultime trenta partite nelle principali competizioni europee UEFA (9N, 19P, qualificazioni incluse) e non vinceva (4N, 9P) dal 3-0 sulla Lokomotiv Mosca nel settembre del 2018 in Champions League.

Un dato che può e deve preoccupare Sarri. Che pure aveva visto i suoi iniziare bene la partita, approcciarla quantomeno nel modo giusto.
Dopo un ottimo inizio di partita di Felipe Anderson, sicuramente il più ispirato dei suoi, all’8’ di gioco arriva la prima clamorosa occasione da gol per i biancocelesti. Immobile lancia Lazzari nello spazio e il terzino destro ex Spal, che va a nozze con le lunghe praterie da percorrere palla al piede, salta Muslera, che lo atterra. Siamo lontani ma non lontanissimi dalla porta. L’arbitro opta per un giallo che ci sembra corretto (la traiettoria presa dal pallone del terzino nel tentativo di dribbling stava scivolando verso l’esterno del campo).

In questo episodio si condensa una chiave importante della partita, mai più riprovata dai biancocelesti: la ricerca della profondità.

Il Galatasaray, sapientemente aggiustato da Terim, si è chiuso a riccio e non ha più permesso ai biancocelesti la ricerca del gioco nello spazio. Un dato su tutti lo certifica: dei 13 tentativi verso la porta avversaria, dato identico per Lazio e Galatasaray, gli ospiti hanno collezionato una percentuale del 69% dei tiri totali da fuori area.

I padroni di casa hanno fatto molto meglio: il 50% dei tiri totali sono stati effettuati da dentro l’area di rigore (31% per la Lazio). È vero che la squadra di Sarri ha avuto due/tre circostanze favorevoli per segnare, ma lo ha fatto sempre con giocate complicate, più con la forza della disperazione che con la ricerca del Sarriball. Questo è un aspetto sul quale l’allenatore toscano dovrà riflettere.

Movimenti difensivi da affinare

Ce ne è un altro: il movimento della difesa in fase di non possesso. Non parliamo solamente dei quattro dietro, ma della squadra in generale – quindi, escludendo almeno Immobile, almeno nove undicesimi della squadra.

Ogni volta che il Galatasaray cambiava campo con un lancio lungo, la difesa biancoceleste si trovava in enorme difficoltà nell’accorciare sull’esterno avversario. Sia Cicaldau che Morutan infatti si sono spesso ritrovati liberi di concludere verso la porta avversaria. In un’occasione su tutte, almeno nel primo tempo: la clamorosa traversa proprio di Morutan su cambio gioco di Van Haanolt, al 23’.

A proposito di fasce: male Zaccagni, che ci ha provato ma più con grinta che ordine e senso tattico – e in generale non ha quasi mai avuto la meglio sull’avversario di fascia Yedlin. La Lazio ha sviluppato il gioco principalmente sul lato destro, tra Lazzari e Felipe (35% del totale), il Gala sulla sinistra (50%). La partita, insomma, si è giocata e decisa lì. In tutti i sensi.

Sulla clamorosa papera di Thomas Strakosha al 66’, infatti, il cross proveniente dalla destra è caduto in area di rigore proprio sul mancino di Manuel Lazzari, che più che spazzare il pallone lo ha alzato a campanile sulla testa del portiere laziale. Il resto, purtroppo, è notissimo. Maglia in faccia, tanta delusione dei compagni e una Lazio che, autrice di una pessima partita, senza idee né dinamismo, perderà l’esordio europeo.

Una sola chance capiterà sul piede del suo miglior giocatore in rosa, Sergej Milinkovic-Savic, al minuto 70 – quattro minuti dopo essere entrato in campo – ma il suo pallonetto, su gran lancio di Acerbi, è un grido strozzato in gola più che un urlo liberatorio.

Maurizio Sarri ha vinto 19 delle ultime 26 partite in Europa League, vincendo la competizione l’ultima volta che l’ha giocata da allenatore del Chelsea, nel 2019. Solo Diego Simeone, dal 2009 ad oggi, ha una percentuale di vittorie migliore dell’attuale tecnico della Lazio (76%).

Sono dati importanti che devono incoraggiare, proprio come la splendida azione nel triangolo Zaccagni-Milinkovic-Luis Alberto che ha portato al tiro lo spagnolo al 55’ – la miglior azione della partita della Lazio.

Sprazzi di sarrismo, ma ancora molto, troppo poco, per una squadra che appare appannata, confusa sui movimenti, fisicamente debole e spompata.

I 9 gol segnati ad Empoli e Spezia sono un ricordo lontanissimo. A Sarri il compito di trovare una formula che almeno attutisca le difficoltà dei suoi ragazzi – perfettamente normali e attendibili d’altra parte. L’Europa è in salita, il campionato no. Col Cagliari, domenica, la partita conta più di quanto si pensi.