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Dopo la perentoria affermazione dell’Inter nella gara di andata dell’Euro derby di Champions League (ben più netta di quanto il pur netto 0-2 potesse suggerire) al Milan sarebbe servita la partita perfetta per ribaltare il risultato.

La prestazione degli uomini di Pioli invece è stata accettabile sul piano dell’impegno, ma insufficiente su quello qualitativo per colmare il divario rispetto ai nerazzurri, in piena fiducia e capaci di mantenere concentrazione e nervi saldi fino a un quarto d’ora dalla fine quando un’azione prolungata di Lautaro e Lukaku ha portato al gol del Toro argentino che ha di fatto messo una pietra sopra le speranze rossonere.

Il Milan ha messo in campo carattere, almeno nel primo tempo, ma dopo le prime, disordinate, folate offensive ha lasciato campo alla manovra più fluida degli interisti e ha avuto un apporto decisamente insufficiente dal quartetto offensivo, pericoloso solo in due occasioni e poi spentosi progressivamente. Nell’arco dei 180 minuti solo Sandro Tonali è apparso aver approcciato la semifinale con la voglia e l’intensità giuste, mentre il resto della squadra ha giocato gli ultimi 45 minuti senza più crederci.

20 anni dopo la cocente eliminazione per il doppio pareggio e il gol in trasferta, stavolta è l’Inter a sbarrare le parte della finale al Milan, vincendo senza discussioni sia andata che ritorno.

La difesa e la compattezza del gruppo, la chiave del successo interista

L’Inter si mette in tasca quindi il biglietto per Istanbul, dove il 10 giugno affronterà la vincente dell’altra semifinale tra Manchester City e Real Madrid. Una finale che in ogni caso vedrà la squadra di Simone Inzaghi sicuramente sfavorita, di fronte a due colossi del calcio europeo.

Ma per i nerazzurri è da sottolineare l’ottava partita nella competizione senza subire gol, un dato a dir poco sorprendente se si torna con la mente all’inizio della competizione quando la fase difensiva di Bastoni e compagni era costantemente sotto accusa.

In tutto questo è stata ormai dimenticata l’assenza di Milan Skriniar, quello che era il miglior difensore della squadra e che si trasferirà al PSG a parametro zero, fuori causa per infortunio dall’inizio dell’anno (anche dopo un consulto con i medici della sua futura squadra).

La retroguardia tutta italiana si è fondata su due perni inattesi, peraltro entrambi ex-milanisti: Acerbi, arrivato tra mille scetticismi sul finire del mercato solo grazie alla testardaggine di Inzaghi nel continuare a richiederlo alla società, e Darmian, che l’Inter aveva “parcheggiato” a Parma in una complessa operazione di mercato e che doveva essere un semplice gregario, diventato titolare imprescindibile in un ruolo non suo e al posto di Skriniar, colui che doveva essere il leader della difesa.

Come Inzaghi ha guidato l’Inter in finale

Qualcosa è cambiato nei nerazzurri dopo l’ottavo di finale contro il Porto, paradossalmente il passaggio più difficile di questo cammino di Champions: grazie alle parate di uno strepitoso Onana i nerazzurri hanno passato il turno nel periodo probabilmente peggiore della stagione, in cui in campionato si sono susseguite sconfitte brucianti (e spesso anche sfortunate). La bravura di Simone Inzaghi è stata quella di riuscire a mantenere la compattezza del gruppo, che dopo l’exploit di Lisbona con il Benfica ha trovato sicurezza nei propri mezzi e ha potuto lasciarsi alle spalle quella frenesia e quel nervosismo che hanno caratterizzato le più grandi occasioni perse dall’Inter in campionato.

Quello che ha colpito nel doppio confronto con il Milan infatti è stata l’assoluta sicurezza e la fiducia totale dei giocatori nei riguardi dei propri compagni. La compattezza della linea difensiva, la facilità nelle uscite di palle a costruire l’azione offensiva e anche la stessa qualità del palleggio sono segnali di un gruppo unito e sulla stessa lunghezza d’onda.

A inizio stagione si vedevano passaggi sbagliati che portavano a plateali discussioni tra compagni, proteste e segnali di nervosismo ad ogni occasione mancata in attacco. Tante volte la frenesia nel cercare il gol ha portato a clamorose occasioni mancate.

Contro il Milan invece l’Inter ha giocato per 74 minuti con pazienza e attenzione, per poi trovare la rete che ha chiuso il discorso definitivamente qualificazione: a parte i primi minuti in cui hanno sofferto un po’ la veemenza iniziale dei rossoneri, l’Inter ha poi gestito il match costruendo le sue azioni offensive e non scomponendosi di fronte alle occasioni degli avversari.

Con che spirito l’Inter va a Istanbul?

In prospettiva di Istanbul per l’Inter valgono le solite considerazioni che si fanno quando si parla di questi scontri “Davide vs. Golia”: sia Manchester City che Real Madrid si aspetterebbero di portare a casa la coppa, mentre nessuno farebbe una colpa ai nerazzurri in caso di sconfitta onorevole. Di contro, l’avversario entrerà in campo con l’idea di essere costretto a vincere la partita, ed ogni possibile intoppo può avere conseguenze.

Giocare con la mente libera da pressioni può essere un vantaggio iniziale, ma c’è anche da dire che questa Inter comunque non è una squadra di parvenu: al di là dello scudetto di due anni fa e delle ultime coppe italiane, in rosa c’è gente che ha vinto la Premier League, gente che ha vinto l’Europa League, la Conference League, campioni d’Europa, del Sudamerica e del Mondo.

L’Inter è sicuramente la sfavorita in finale, ma non sarà un agnello sacrificale: otto partite senza prendere gol in Champions League sono un ottimo biglietto da visita, e il potenziale offensivo per colpire c’è. Proprio il Manchester City ha imparato sulla sua pelle, contro il Chelsea, che i pronostici della vigilia non sono mai scontati.

Cosa resta del Milan

Perdere un derby è sempre brutto, ma per questo Milan perdere una semifinale di Champions League non può essere considerato un fallimento. Contro qualsiasi altra avversaria la sconfitta sarebbe stata sicuramente accettata in maniera più serena.

Lo scudetto vinto in maniera probabilmente inaspettata ha un po’ scombussolato i piani a medio termine della società, che probabilmente prevedevano una crescita graduale della rosa, e ha alzato forse troppo le aspettative sulla rosa a disposizione di Pioli.

Detto ciò, essere sconfitti in 4 derby consecutivi sicuramente brucia, e la schiacciante superiorità dimostrata dall’Inter sia a livello tecnico che a livello tattico chiama sicuramente la società ad intervenire per porvi rimedio.

Il percorso europeo del Milan è stato in costante crescita, a partire dall’infinita serie di rigori contro il Rio Ave nella tempesta di Vila do Conde di tre anni fa per accedere all’Europa League.

I giocatori hanno continuato ad acquisire esperienza e consapevolezza, e la crescita di alcuni prospetti come Tonali, Kalulu, Hernandez e Thiaw è sicuramente un buon viatico per il futuro.

Il futuro del Milan è promettente, ma come Paolo Maldini ha sottolineato (e nessuno può saperlo meglio di lui) la storia del club obbliga ad onorare anche il presente. Il Milan deve stare in Europa e il vero fallimento della stagione sarebbe non qualificarsi alla Champions League, ma il rischio è che le troppe aspettative riposte su questa semifinale possano pregiudicare, da un punto di psicologico, il finale di campionato.

Quello che forse dovrà cambiare però è la guida tecnica: il lavoro compiuto da Pioli sembra arrivato a compimento. Il tecnico ha preso una squadra piena di ragazzini che era nelle zone della bassa classifica e l’ha trasformata in un gruppo che si gioca l’accesso ad una finale di Champions. Può alzare ulteriormente l’asticella o forse è arrivato il momento di avere una nuova figura che faccia fare un ulteriore step, in termini di qualità di gioco e di attitudine?