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Da tempo la carriera dei calciatori sembra destinata ad allungarsi, cominciando sempre prima a mettersi in mostra nei grandi palcoscenici e finendo spesso a età sempre maggiori. Certo non tutti i giovanissimi campioni che debuttano sui campi sono poi destinati a grandi storie, anzi, molti sono destinati a perdersi rimanendo più che altro statistiche per gli almanacchi.

Se scorriamo per esempio la lista dei più giovani esordienti nella nostra Serie A, ecco che ci accorgiamo che pochi hanno poi mantenuto le attese (dal record di Wisdom Amey con il Bologna ai vari Pellegri, Lorenzo Tassi, Stefano Okaka, tutti in campo la prima volta tra i 15 e i 16 anni). Ma se vogliamo parlare del più giovane in assoluto, allora dobbiamo per forza andare fino in SudAmerica, dove c’è un solo nome da ricordare che batte tutti per distacco: Mauricio Baldivieso.

La prima volta di Mauricio Baldivieso

Ci troviamo in Bolivia, nel massimo campionato della Liga del Futbol Profesional (oggi Primera Division) dell’anno 2009, in particolare in una partita del torneo di Clausura. Come forse saprete infatti in SudAmerica la stagione si divide in due parti, con due distinti tornei di Apertura e di Clausura.

In campo ci sono da una parte il Club Aurora, che aveva vinto quello stesso torneo proprio la stagione precedente, dall’altra davanti al proprio pubblico, il Club La Paz, che sempre l’anno prima era arrivato secondo nel campionato di Apertura. Insomma una sfida di tutto rilievo anche se la stagione non è stata alla fine gran che per entrambe.

Un match che è finito comunque negli annali proprio in virtù di una sostituzione che ha fatto storia. Siamo infatti sul punteggio di 1-0 per i padroni di casa e mancano solo una decina di minuti al fischio finale. Gli ospiti sono allenati da uno dei grandi miti del calcio boliviano, Julio Cesar, che proprio in un momento così complicato per la sua squadra, decide per una mossa a sorpresa: fuori un difensore (Ronald Rodriguez) e dentro un giovanissimo attaccante con tanto di maglia numero dieci sulle spalle: Mauricio Baldivieso.

Tutto normale direte voi, si prova a vincere la partita. Peccato però che questo ragazzo non solo abbia solo 12 anni, ma sia anche suo figlio.

Un esordio terribile

La prima volta di Mauricio si rivela però un vero e proprio incubo. Il ragazzino è bravo e con la palla ci sa fare, peccato che fisicamente sia ancora totalmente inadatto a sostenere un confronto del genere e i suoi avversari lo sanno. Alla sua prima giocata infatti viene subito preso di mira dal suo diretto marcatore, Jerry Alaca, che entra in maniera decisa su Mauricio facendolo volare a terra tra le lacrime.

A quelle latitudini (e altitudini) non se le mandano certo a dire, tanto che nasce subito un certo parapiglia tra i giocatori, che cresce a dismisura quando il dodicenne in maniera del tutto ingenua torna in piedi di scatto dopo quella che i suoi avversari vedono come una sceneggiata.

La scena successiva è qualcosa che non si dovrebbe vedere in un campo da calcio, specie se i due protagonisti sono un poco più che bambino e un roccioso difensore di anni 33 come Romulo Alaca (fratello dello stesso che aveva commesso il fallo), che prima fa il bullo avvicinandosi minaccioso a Mauricio e poi si prende uno schiaffo dallo stesso ragazzino (portato fuori dal campo anche per evitare ulteriori e pericolose conseguenze).

Insomma un totale parapiglia che non fa altro che confermare il risultato e soprattutto sottolineare la scelta infelice dell’allenatore, e del padre. La partita finisce con il medesimo risultato e solo altri pochi minuti senza toccare palla per il giovane Baldivieso.

Le conseguenze di quell’esordio

Sarà per l’eco di quell’esordio da record, sarà probabilmente per come sono poi andate le cose, ma per giorni non si è parlato d’altro in Bolivia dopo quella partita. I cori però sono unanimi contro l’allenatore, incapace di scindere il bene della squadra (davvero troppo acerbo il ragazzo per metterlo nella mischia a quell’età) da quello del padre.

Ed è così che anche il Club Aurora decide di prendere scelte drastiche, esonerando Julio Cesar e mettendo a tacere le critiche. Il figlio invece vista l’età è quasi costretto a rimanere sotto contratto della società fino a fine anno (dove marcherà peraltro anche un’altra presenza, decisamente meno devastante), salvo poi cambiare maglia già dalla stagione successiva.

Quell’esperienza però segnerà inevitabilmente la carriera del giovane calciatore, che non a caso da allora non è più riuscito a seguire al meglio la sua crescita personale finendo per giocare solo spezzoni di campionato prima nel National Potosi (16 presenze e zero gol) e poi qualche apparizione tra Wilstermann (8 presenze e 1 rete) e il San Josè, prima di rimanere svincolato a soli 25 anni.

Il padre dal canto suo ha continuato la sua carriera di allenatore, andando anche ad affrontare l’esperienza della nazionale boliviana tra il 2015 e il 2016, e chiudendo poi il cerchio tornado al Club Aurora proprio lo scorso anno.

Un esempio insomma di quello che si diceva in apertura, sulla difficoltà di questi giovanissimi campioni nel confermare quelle che sono le tante aspettative quando vengono messi nella mischia troppo presto. Sia da un punto di vista fisico (e su quello il tempo e gli allenamenti possono fare il loro lavoro), sia soprattutto su quello mentale, dove a volte (e questa sembra proprio una di quelle occasioni), basta un episodio per rovinare tutto.