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Di Eljero Elia alla Juventus non rimane che il ricordo – flebile – dei tifosi bianconeri e un video, frammento mistico rubato al tempo, in cui Elia parla della sua nuova avventura alla Vecchia Signora.

Con un inglese maccheronico ma efficace, Elia – quando gli viene chiesto quale contributo porterà alla Juventus – afferma: « I want to show my skills ».

L’uomo decisivo, suo malgrado

Ma alla Juventus giocherà appena 94’ in Serie A, subentrando in ben tre circostanze e partendo da titolare una (senza comunque terminare la gara).

Ma l’affermazione forse più sbalorditiva – almeno col senno del poi – è quella sul proprio allenatore Antonio Conte. Il tecnico pugliese alla prima esperienza sulla panchina di una grande squadra era partito con l’idea di riproporre il modulo che lo aveva reso celebre con il Bari e con il Siena: 4-2-4. Ma gli serviva un esterno totale e allora ecco Elia dall’Amburgo (9 milioni + 1 di bonus).

« Sono lusingato che la Juventus mi abbia cercato con questa insistenza, la società e l’allenatore ». Elia non lo nomina perché probabilmente non sa chi sia. Lo stesso però vale per Conte nei confronti dell’ex Amburgo. È stata la società e quindi Marotta e Paratici ad aver spinto per l’acquisto dell’esterno olandese.

Paradossalmente, pur giocando appena 94’ in tutta la stagione di Serie A, è anche grazie ad Elia se Conte quell’anno cambia il proprio modulo.

Certo, gli esterni continuano ad esserci, ma la loro funzione è sensibilmente diversa. Si passa ad un 3-5-2 dove Conte sapientemente alterna terzini puri (Lichtsteiner) ad ali di ripiego (Pepe). Elia in questo schema non trova mai spazio: il suo gioco è troppo di strappo, troppo poco disciplinato per un generale come Conte che in squadra di ribelli ne ha già un paio, Pogba e Vucinic.

Alle 4 presenze totali di Elia rispondono così le 35 di Lichtsteiner, le 23 di Giaccherini, le 21 di De Ceglie, le 14 di Estigarribia e le 7 di Krasic. Comunque tre in più del compagno di reparto.

Un addio senza veleni

Conte diventa celebre. Vince lo scudetto aprendo un ciclo ultra-vincente e irripetibile per i bianconeri. Come scriverà otto anni dopo sul Times Matt Dickson, « la riscoperta degli esterni agli ultimi Europei dimostra l’influenza di Conte sul gioco del calcio », che in effetti Conte cambia per sempre.

Così cambiando anche la carriera del povero Elia, fantasma dell’opera. « Arrivai a Torino troppo presto, volevo giocare ogni minuto. Avevo 24 anni ed ero impaziente, ma non è stata un’esperienza negativa. I tifosi, gli italiani, il club. Tutto fantastico. Seguo sempre la Juve e ho ancora rapporti con chi è rimasto nel club », probabilmente non si riferiva a Conte.

« Nello spogliatoio ero seduto tra Del Piero e Pirlo, si prendevano cura di me… ma quanti scherzi! Una volta Andrea svuotò l’intero barattolo di sale sul mio piatto di pasta. Dopo una settimana provai a farglielo io, ma mi rincorse per tutta Vinovo ».

Poi su Conte, finalmente, sempre in un’intervista di qualche anno fa: « Non è vero che non ci parlavamo, avevamo un buon rapporto. Chiaro, volevo giocare sempre ed ero deluso di restare in panchina, ma non ero pronto. Siamo due vincenti, lo rispetto. È un brillante allenatore ».

Con maturità in chiusura, in piena riconoscenza col proprio passato: « Quando sei giovane vuoi solo giocare e non capisci, ti arrabbi, tieni il muso, ma dopo 8 anni posso dire che la Juve ha arricchito la mia vita. Torino è stato il punto di partenza, infatti poi al Feyenoord ho vinto da protagonista ».

Lascia la Juventus con zero goal e zero assist per tornare in Bundesliga. Il Werder Brema lo chiama ed Elia risponde positivamente. Rinuncia al premio scudetto: una Ferrari e 200 mila euro.