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Tra tutte le storie che gravitano intorno al mondo del calcio, un posto di rilievo lo deve occupare per forza Claudio Daniel Borghi Bidos, giunto in Italia direttamente dall’Argentinos Juniors, e che alla fine della sua esperienza milanista, riuscì nell’impresa di non giocare nemmeno una partita.

Gli inizi del centrocampista offensivo

Borghi nasce il 28 settembre del 1964 a Castelar, una piccola cittadina della provincia di Buenos Aires che si trova a circa 30 KM dalla capitale.

Folgorato come tutti i suoi coetanei dall’arte del football sud americano, Borghi si fa notare per il suo modo felpato di toccare la palla e fin dagli inizi della sua carriera, gli allenatori lo notano soprattutto per le sue spiccate doti di distributore di pallone ai compagni di reparto.

Per questo motivo in quel di Buenos Aires, occupa spesso il ruolo di trequartista e più di un allenatore gli regala le chiavi del reparto offensivo durante la sua militanza nelle squadre giovanili argentine.

Notato fin da subito dai dirigenti dell‘Argentinos Juniors, Borghi comincia a giocare per “La Paternal” all’inizio degli anni ’80 e diventa un vero e proprio punto di riferimento per squadra e tifosi.

Nello stesso periodo, parliamo del 1981, Diego Armando Maradona viene venduto dall’A.J. al Boca Juniors per circa 4 milioni di dollari, soldi che serviranno alla dirigenza per rifondare la squadra e rimettere in ordine i conti del club.

Dopo un paio di anni e una stagione da dimenticare, l’Argentinos fece un enorme salto di qualità grazie all’arrivo di Angel Labruna, seguito da tutta una schiera di giocatori che l’allenatore stesso decise di portarsi dietro dalle sue precedenti esperienze.

Nell’amarissimo settembre del 1983, Labruna morì improvvisamente e la squadra si ricompattò in maniera che definire eroica è un eufemismo. La parte tecnica fu affidata a Roberto Saporiti, con il quale l’Argentinos chiuse a metà classifica quella stagione.

La Copa Libertadores del 1985

Per la serie corsi e ricorsi storici, la nostra attenzione deve per forza posarsi sulla Copa Libertadores del 1985, alla quale Borghi e compagni arrivarono in finale dopo la sconfitta inferta in semifinale all’Independiente.

Nella finale contro i colombiani dell’America di Calì, si andò al terzo e decisivo match dopo la vittoria casalinga dell’una e dell’altra squadra. Si giocò ad Asuncion, in Paraguay, dove l’Argentinos trionfò ai rigori per 5-4, dopo l’1-1 dei regolamentari.

Il trequartista titolare di quella squadra era proprio Claudio Borghi che guidò i suoi anche alla successiva Finale di Coppa Intercontinentale del 1985, quella che la Juventus vinse ai calci di rigore e che, in virtù della quale, Silvio Berlusconi si innamorò perdutamente del talento, o presunto tale, di Borghi.

Un paio di anni dopo, l’affare vide la luce. Berlusconi portò al Milan il trequartista argentino, ingaggiato insieme al duo olandese Marco Van Basten e Ruud Gullit. Il problema dell’acquisto dei due giocatori europei, mise Sacchi nella condizione di dover fare una scelta, quella di “tagliare” uno dei tre.

La scelta ricadde su Borghi, costretto a giocare per buona parte della stagione con il Como, dove giocò sette partite, senza mai andare a segno e perdendo anche i galloni di titolare.

Scudetto al Milan. Ma Borghi?

Il Milan vinse lo scudetto in quella stagione 1987/88, per cui il parere di Arrigo Sacchi dovette essere preso in considerazione anche nell’annata successiva, quando il numero degli stranieri arruolabili salì a tre e arrivò Frank Rijkaard, anch’egli richiesto da Sacchi.

Si creò una sorta di dualismo tra Sacchi e Berlusconi, quest’ultimo convinto che Borghi potesse fare bene, con tanto di minacce e rumors che fecero capo ad una clamorosa vendita del Milan da parte del Cavaliere, che alla fine si ammorbidì e permise a Sacchi di portare a casa due Champions League consecutive…

Borghi dovette fare le valigie e cercare fortuna altrove, senza aver mai giocato una partita ufficiale con i rossoneri e senza mai segnare una rete con il Milan.

Ci provò con gli svizzeri del Neuchâtel Xamax, ancora una volta senza apportare alcun miglioramento alla sua nuova squadra.

La parentesi di Borghi in Europa si chiuse mestamente in questo modo, probabilmente ancora peggiore rispetto alla sua militanza nel Milan, visto che ancora oggi si faticano a trovare le sue cifre con la squadra svizzera.

Il rientro in patria

Il rientro in Argentina non fu esattamente trionfale. Vestì la prestigiosa maglia del River Plate, ancora una volta senza incidere granché ( una rete su 21 apparizioni ufficiali ), per poi cominciare una lunghissima litania di presenza in squadre sud americane che gli garantivano solo ed esclusivamente contratti di breve durata che portarono Borghi a dover cercare alloggio al termine di ogni stagione.

Chiuse la carriera nel 1999 con i cileni del Santiago Wanderers, per poi intraprendere quella di Manager/Allenatore con alterni risultati.

Anche se non è ricordato come un giocatore celestiale, Borghi, è stato campione del Mondo con l’Argentina ai Mondiali disputatisi in Messico nel 1986, quando ebbe la fortuna di giocare con Diego Armando Maradona.

I mondiali a Città del Messico possono essere considerati come l’apice della carriera calcistica di Claudio Borghi, che venne convocato con l’Albiceleste tra il 1985 e il 1986, collezionando 9 presenze e nessun gol.