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Si parla tanto dei napoletani nel Napoli, in particolare dopo l’addio ormai scritto e ufficializzato di Lorenzo Insigne dal club azzurro (direzione Toronto FC); si parla tanto del destino condiviso da altri giocatori nati e cresciuti nella città del San Paolo, e che per un motivo o per un altro si sono imposti un po’ a metà.

A parte Bruscolotti e Juliano prima, chi è stato davvero in grado di portare gli azzurri alla vittoria o comunque di segnare una vera e propria epoca del club? L’ultima l’hanno un po’ divisa Paolo Cannavaro e Lorenzo Insigne, momenti comunque diversi, tutti vissuti in apnea, alla ricerca dell’approvazione della piazza.

Sì, perché è un po’ il segreto di Pulcinella: in passato, Napoli non è stata certamente tenera con i figli della propria terra. Vedi Quagliarella. Vedi lo stesso Insigne a fasi alterne, vedi anche Ferrara e Fabio Cannavaro, poi passati alla Juventus e quindi macchiatisi di una colpa per tanti difficile da espiare.

Per Ciro Muro, ecco, la situazione era diversa: c’era così tanta attesa nei suoi confronti, che la traiettoria di carriera è stata una grossa delusione per il pubblico napoletano. Nonostante tutto, solo a nominarlo s’illuminano gli occhi dei tifosi più puri.

La carriera di Ciro

C’è un nome e un cognome dietro il “fallimento” nel Napoli di Ciro Muro. Sono quelli più famosi di tutti, iniziano per Diego e Armando, terminano con un copyright di vita: Maradona. C’era il più forte di tutti davanti a Muro, cresciuto da dieci negli anni in cui, proprio un Dieci, non sarebbe servito.

Gli azzurri avevano il più forte di tutti e già nell’estate del 1984, quando Ciro aveva appena vent’anni, fu chiara la decisione di andare a giocare per capire, per crescere. Anzi: “per conoscere”, come direbbe Troisi.

Non andò male. Nient’affatto. Iniziò nel 1984 tra le fila del Monopoli, in Serie C; il boom arrivò però con il Pisa, in Serie A, insieme all’amico Volpecina, altro prodotto del vivaio azzurro.

Entrambi rientrarono al Napoli nella stagione dello scudetto. Chiuso da Maradona, Muro però riuscì a ritagliarsi 11 presenze in campionato segnando anche un gol importante nella vittoria del San Paolo contro l’Ascoli. Poi in Coppa Italia: fu il gol del 2-0 nella finale d’andata contro l’Atalanta.

Un anno storico, sì, ma anche ricco di rimpianti: Ciro voleva restare al Napoli, ma il Napoli non era più casa sua, non c’era semplicemente più posto per lui. Allodi, che l’aveva chiamato un anno prima proprio per occupare il posto di vice Maradona, non gli promise il salto di qualità e di ruolo che un ventiduenne in rampa di lancio sentiva in parte anche di meritare, pur senza paragonarsi al mito.

“Maradona faceva alcuni giochetti col pallone. Celestini gli parlava spesso di me e gli diceva: ‘Guarda c’è un ragazzo napoletano, ora sta giocando altrove, che è in grado di emularli'”, ha raccontato Muro a gonfialarete.com. “Quando tornai a Napoli, Diego mi raccontò che aveva sentito tanto parlare di me, Celestini gli aveva riempito la testa col mio nome. Maradona stravedeva per me, rivedeva lo scugnizzo che era in lui. Percepiva che io ero un ragazzo che voleva arrivare, che aveva fame di calcio. Lui è stato un grande amico per me. Devo dire la verità, vederlo giocare era impressionante”.

Chissà, senza Maradona…

Insomma: se n’è fatto prontamente una ragione. Anche per questo, arrivata la telefonata della Lazio, non ha detto di no: era la Serie B, ma era una maglia prestigiosa. E a fine anno i biancocelesti tornano in Serie A, riconquistata anche grazie alle 4 reti di Muro. Viene riconfermato, ma non è lo stesso. E allora scende giù, a Cosenza e ancora in B. Di Maradona ci sono i piazzati: su quello è fortissimo. Negli anni successivi veste le maglie di Messina, Taranto, Ischia, Albanova e Casertana. Insomma: Roma è tutto il suo nord. E la sua vita ha tanti ricordi di quell’azzurro, per quanto sbiadito.

“Il mio debutto con il Napoli è stato un momento bellissimo – ha ricordato a gonfialarete.com -. Era il 1983, sono passati tanti e tanti anni. Io stavo partendo con la Primavera, il mister mi chiamò dicendo: ‘Tu non parti con noi, resti con la prima squadra’. Il giorno dopo debuttai in Serie A contro la Roma e da napoletano fu una grande gioia”. Gioia condivisa da tutti, in particolare dalla sua famiglia. Muro però è stato l’ombra di Maradona e da lì non si è più smarcato.

“Chissà senza Diez”: potrebbe chiederselo, probabilmente non l’ha mai fatto. ” L’anno dopo lo scudetto ho cercato di andare via, non per Maradona ma perché era evidente che avevo poco spazio, avanti a me avevo il calciatore più grande del mondo. Ero giovane e volevo giocare. Se ci fosse stata un’altra persona probabilmente me la sarei giocata alla pari ma avendo lui davanti…giù il cappello. Decisi di cambiare, dopo arrivò Zola e fu la sua fortuna”.