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Szczesny l’ha definita una “serata tragica”, per Allegri non c’è un grosso problema in vista dell’Atalanta perché “tanto l’obiettivo qualificazione è stato centrato”, eppure resiste una verità di mezzo e in mezzo a Chelsea-Juve: è un tonfo che certifica i passi indietro della squadra bianconera.

Uno dopo l’altro, uno di mercato e l’altro di autostima, i bianconeri non sono più la schiacciasassi in campionato (e lo sapevamo), ma sono ben lontani dal progetto di mantenersi stabilmente nella top 8 del calcio europeo.

Via all’inquisizione: di chi è la colpa?

Di chi l’ha costruita o di chi l’ha messa in campo nella notte amara di Stamford Bridge? Dei giocatori “inallenabili” o di chi semplicemente non è (più) all’altezza di vestire una maglia così tanto pesante?

Intanto, partiamo dal dato incontrovertibile, e cioè dal risultato: a Stamford Bridge è 4-0, ha aperto Chalobah e hanno proseguito James, Hudson-Odoi e Werner. Erano oltre 60 anni che non arrivava un ko del genere in Champions League.

Il Chelsea mette a nudo gli errori della Juve

I quattro gol del Chelsea non sono solo un numero, per quanto doloroso: sono la certificazione della differenza tra le due squadre. Se i Blues sembrano all’interno di un cerchio disegnato, costruito, messo a posto in un solo anno e mezzo di lavoro dallo scienziato Tuchel, a quattro mesi dal primo ritiro la Juve è apparsa molle e demotivata, svuotata dalla posta in palio – ma non è una giustificazione – e spaventata davanti all’aggressione.

Va da sé: non è certo la prima volta che i bianconeri affrontavano una squadra superiore, anche nettamente. Ma nell’atteggiamento e nella fase difensiva, Allegri aveva sempre trovato una quadra giusta. E magari l’episodio vincente.

L’aveva fatto all’andata, del resto. Quando aveva trovato in Chiesa un toro scatenato e una difesa di insuperabili, con De Ligt-Lukaku a emozionare il pubblico dello Stadium. Ecco: ieri l’olandese è stato un predicatore nel deserto, al suo fianco solo Leo Bonucci e qualche parata importante di Szczesny. Il resto? Deserto, appunto.

Cuadrado ha faticato da terzino, Alex Sandro ha costantemente perso Ziyech e i riferimenti. In mezzo Locatelli verticalizzava, tutto il resto arretrava. E quando Kean e Dybala sono entrati, Morata e Chiesa avevano già raccolto l’insufficienza finale.

Mentre il Chelsea palleggiava, con forza e consapevolezza, si è materializzata la certezza più dolorosa per i tifosi della Juventus: non è tanto Allegri, o comunque non solo, a non rendere il materiale bianconero tessuto europeo, dove per europeo s’intenda verticalizzazioni, aggressione, velocità, idee e imbucate; sono i giocatori a disposizione e in particolare è il centrocampo a non essere all’altezza.

A qualcuno evidentemente serviva un’altra prova: eccola.

Tutte le colpe di Allegri

È indubbio che anche Massimiliano Allegri non stia dando qualcosa in più, qualcosa che comunque giustifichi la decisione della dirigenza juventina di ricominciare il suo ciclo.

Un dato, non buttato a caso: la Juve ha rimediato 4 delle 5 sconfitte più pesanti in Champions League nelle ultime tre stagioni. E in panchina c’era sempre Max. Che stavolta ha un materiale umano e tecnico completamente diverso dalla versione finale della sua prima vita bianconera, e che comunque non riesce a farlo rendere al massimo.

Anche la formazione di ieri, un 4-5-1 travestito da 4-4-2 in fase offensiva, non ha dato alcuna soluzione. Anzi: ha limitato il potenziale di tanti. McKennie ha lottato di puro agonismo, ma non ha mai trovato il tempo di inserirsi; Chiesa aveva il motore ingolfato, dopo gli scatti di Roma a Londra proprio non è riuscito ad accendersi; Morata ha lottato contro Rudiger ed è stata una lotta impari. Solo Locatelli guardava in avanti e ha avuto la forza di imbucare, mentre Rabiot perdeva palla e cercava di limitare i propri danni.

La Juve è sembrata spaesata e senza un’idea concreta. Ha fatto spallucce per 90 minuti contro i più forti d’Europa. Non per mancanza d’umiltà, ma perché ha scelto di non gravarsi della battaglia di Stamford Bridge.

Ha perso in partenza, e poi sul campo: forse è la colpa “più colpa” di Allegri.