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Il Bologna vince lo scontro diretto per la Champions League facendo emergere ancora una volta i limiti della squadra giallorossa. Infatti, la squadra emiliana, dell’allievo Thiago Motta, dà una sonora lezione alla Roma del maestro José Mourinho imponendosi per 2 a 0 al Dall’Ara. Al termine della gara si evince che i rossoblù si stanno confermando ad altissimi livelli, frutto di una gestione perfetta di questi ultimi anni, tra allenatore, giocatori e agli “addetti ai lavori” che hanno permesso alla squadra di poter sognare in grande.

La partita ha sancito anche, dalla sponda romanista, che c’è tanto su cui riflettere dato che, dopo tre anni di gestione del tecnico portoghese, non si è mai fatto il salto di qualità. Infatti, quando si arrivava al momento decisivo, i giallorossi sono sempre crollati e ieri rappresentava un momento chiave del campionato. È vero, la Roma non aveva in campo due giocatori come Dybala e Lukaku ma questo non può, e non deve, assolutamente essere un alibi perché è una situazione che ciclicamente si ripete. A spiccare, su tutti i giocatori della Roma, con una prestazione anonima è il suo capitano: Lorenzo Pellegrini.

Il talento del numero 7

Pellegrini è romano e romanista, proprio come Di Bartolomei, Giannini, Totti e De Rossi, i suoi predecessori. Dopo il flop di Florenzi, prima andato al Valencia, poi al PSG e ora al Milan, la storia sembrava destinata a ripetersi con Lorenzo Pellegrini, che dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili giallorosse ed esser andato in prestito al Sassuolo, è tornato a casa guadagnandosi sul campo la fascia da capitano. Questa frase, detta ora, sembra un’utopia ma un goal di tacco in un derby e una prima stagione con Mou da protagonista assoluto, con 14 reti all’attivo, non si dimenticano facilmente, eppure sembra il contrario perché quando si pensa al capitano giallorosso riecheggiano nella mente solo le brutte prestazioni degli ultimi anni.

È chiaro che ci si aspetta qualcosa di più da parte del numero 7 giallorosso, che ha dimostrato di essere un giocatore completo in passato. Nella fattispecie: 97 reti procurate direttamente o attraverso passaggi determinanti nell’arco di 251 partite, compresa quella invisibile di ieri sera.

L’impronta del numero 7 c’è stata. Così come ci sono stati, purtroppo per lui, gli infortuni e le ricadute. Prima l’adduttore, poi la coscia l’hanno tenuto ai box per oltre 60 giorni consecutivi e per uno come Pellegrini, che vive di campo, sono sembrati un tempo infinito. Il rientro con l’Udinese, poi la serata no di Ginevra, Sassuolo, Fiorentina e infine Bologna stanno segnando in negativo la sua stagione.

Cosa vuol dire essere capitano della Roma?

Il capitano è spesso colui che più rappresenta la squadra, il punto di riferimento, colui che, quando le cose vanno male, deve scuotere lo spogliatoio e i compagni. È chiaro che Lorenzo Pellegrini non è un leader come i suoi predecessori, vedi Totti o De Rossi, ma quando si indossa la fascia di capitano della Roma, inevitabilmente si ha una grande responsabilità. Negli ultimi anni tra assenze e infortuni non è riuscito quasi mai a fare la differenza nel rettangolo da gioco e di conseguenza a guidare i suoi compagni nelle varie battaglie. Anche se è riuscito ad alzare un trofeo UEFA (i capitani più illustri non ce l’hanno fatta) e a compattare, quando serviva, un ambiente disunito, il pubblico non riesce ad amarlo come è stato con i suoi colleghi. Le critiche non mancano, specialmente quando non riesce a incidere come vorrebbe nelle partite.

Bologna: ennesima prestazione sotto le righe

Per lui, la partita di ieri, doveva rappresentare un riscatto professionale e personale perché nell’ultimo anno e mezzo le sue prestazioni sono state al di sotto delle aspettative. È vero, ha avuto tanti problemi anche lui, ma poi quando ha giocato non è mai stato decisivo o, peggio, incisivo. Non è riuscito ancora a tornare ai livelli di un paio di anni fa, dove aveva fatto innamorare di sé tanti tifosi e si era guadagnato sul campo addirittura la convocazione ad Euro 2020 (giocato poi nel 2021), anche li poi saltato all’ultimo per via di un infortunio.

Alcuni momenti no hanno caratterizzato il recente passato, e la partita di ieri doveva significare riscatto invece è arrivata un’altra prestazione sottotono. Nonostante la fascia al braccio non si è mai visto, nel corso del match di ieri, un capitano che cercava di rialzare i propri compagni e, soprattutto, di guidare la squadra giallorossa alla rivalsa, per cercare di raggiungere almeno il pareggio. Una squadra senza capitano, senza un leader.

Testa bassa e pedalare

Quando le cose vanno male bisogna continuare a lavorare. Ora, il destino sembra essere ancora magnanimo, dopo quel che ha passato per via degli infortuni, nel dargli un’altra possibilità. Infatti, viste le assenze nel centrocampo della Roma, Mourinho ha gli uomini contati, alcuni (tra i quali Dybala) torneranno nel 2024, perciò ha una grande occasione per cercare di tirare fuori quel talento tanto ammirato e riprendersi una volta del tutto le chiavi del centrocampo della Roma e la fiducia di quei tifosi che tanto lo hanno amato negli anni passati.