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Basterebbe il nome di Stefano Borgonovo a evocare i ricordi, a lasciare brividi, ad addentrarci in un tempo che ormai è lontano e pure bellissimo. Parliamo di trent’anni fa, del Milan più forte di sempre, della squadra – probabilmente – migliore di ogni epoca e di una storia interna e colma di sfaccettature come quella del pallone. E parliamo di uomini, uomini a un passo dalla storia. Pardon: a un gol esatto dalla storia. Che alla fine tra parole, parolieri e punti di riferimento, il conteggio finale si fa solo in marcature.

Sì, perché a volte non basta tanto: basta appena una rete e il cielo si avvicina a tal punto da poterlo toccare con un dito. Il Milan, campione in carica dopo il trionfo nella finale di Barcellona dell’anno prima contro la Steaua Bucarest, ne aveva messo appena uno tra sé e il Bayern Monaco. Aveva segnato Marco Van Basten, agli albori di una carriera tanto meravigliosa quanto fugace. Il ritorno, data 18 aprile 1990, si sarebbe colorato della passione dell’Olympiastadion, caldo e pieno zeppo di tifosi, e la squadra di Jupp Heynckes restava un osso duro da spolpare. Esattamente come aveva immaginato il suo allenatore.

Il vantaggio del Bayern, la paura Milan

Dunque, 1-0 a San Siro. Dunque, i rossoneri in Germania anche con la presunzione di poter gestire. Sacchi aveva studiato i movimenti di Strunz, ma quella era una squadra tutta – tutta! – da temere. E tutta tedesca, coi pregi e coi difetti della Bundesliga di trent’anni fa. A prescindere, sempre tosta da battere, sempre a lottare sull’ultimo pallone, sempre incredibilmente tenace negli scontri e nella gestione dei possessi. Ecco, un altro paio di nomi per far capire l’entità della sfida: Jurgen Kohler in difesa, poi passato alla Juve; Stefan Reuter, con lo stesso destino. Soprattutto, Ronald Wohlfarth: l’uomo da oltre 120 gol in poco più di 250 partite con il Bayern. Nove stagioni (pazzesche) condite da cinque Bundesliga e una Coppa Campioni più volte sfiorata.

Ah, dal proprio punto di vista, il Milan non aveva motivo di sedersi sulle proprie paure: quella squadra era così consapevole della propria forza che avrebbe avuto furia e fiducia per rullare anche il Bayern in Baviera. Mancava Ancelotti, però. E mancava Gullit, e Sacchi non aveva neanche Donadoni. Si preannunciava, insomma, una partita complicata da dispiegare, tanto possesso e pochi guizzi.

Così è stato, per tutti i novanta minuti fatta eccezione per il 59: Strunz rompe il tentativo (fino a quel momento perfetto) di fuorigioco del Milan e vede Dorfner scappare centralmente, da solo, indisturbato, come una fuga verso la vittoria che non ha mastini alle calcagna. Il centrocampista lo segue e nota Maldini in recupero forsennato. Ma Dorfner è bravo, troppo bravo, a scegliere il momento: palla dentro, e Strunz scarta Galli, depositando a porta sguarnita. 1-0 per il Bayern Monaco. Che sa di beffa, e parecchio. Perché i rossoneri, contro il portiere Aumann, avevano sbattuto già quattro volte: prima con Massaro, poi con Van Basten, nuovamente e per due volte con Massaro. Incontenibile. Specialmente negli ultimi minuti, quando Maldini incorna da calcio d’angolo e lì deve ricorrere a un miracolo.

Nel segno di Borgonovo

Aumann era stato semplicemente pazzesco: nessuna parata di stile e appariscente, tutte sostanziali e sostanziose. Allo stesso modo, pure Galli si era fatto determinante: all’ottavo della ripresa, Kogl aveva servito Dorner e all’estremo difensore rossonero toccava smanacciare il pericolo. Ecco, tutto molto semplice se confrontato con il piattone di Strunz bloccato nel primo tempo supplementare. Ma ci arriveremo. Perché prima c’è da raccontare il gol della storia, e non solo rossonera: il lancio di Maldini in profondità, Borgonovo che scatta in posizione regolare, il lob dolcissimo a scavalcare l’armadio Aumann. Ammutolito l’Olympiastadion, squarciato dalla gioia di Stefano. Ancora Stefano: all’andata, aveva procurato lui il rigore poi trasformato da Van Basten; al ritorno, la gioia l’aveva travolto in prima persona. E lui, bomber di riserva, l’aveva meritata più di tutti.

Ma non era finita, non ancora. Al 13′ del primo tempo supplementare, il riflesso pazzesco di Galli su Strunz. Al primo minuto della ripresa, Dorfner trova Bender a sinistra che propone in mezzo: McInally, in spaccata, salta Maldini e batte Galli con un pallonetto senza senso. Ora è il Monaco ad attaccare, in maniera forsennata. Un minuto più tardi e c’è la fuga di McInally sulla destra: palla in mezzo per Wohlfarhrt, sembra fatta e invece calcia a lato da super posizione.

La furia bavarese si spegnerà già al 5′ e ancora grazie a Borgonovo, che s’infila su un retropassaggio di Augenthaler e scarta Aumann. Il tiro? Quasi se lo dimentica dall’emozione, e la palla è a lato. Inspiegabilmente. Un gesto che però vale quasi quanto un gol: da quel momento in poi, i tedeschi non riescono più a reagire. E a vincere è la squadra di Sacchi, nuovamente in finale.