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Oltre ai calciatori, c’è almeno un altro elemento fondamentale durante una partita: l’arbitro. Una figura spesso sottostimata, che soprattutto nelle categorie più basse è costretta a tanta gavetta, pochissima gloria e in certi casi anche a qualche rischio. Eppure con tanta passione e applicazione, provare la carriera da arbitro è un sogno per molti appassionati. Vediamo allora quali sono i passi da affrontare, se abbiamo voglia di intraprendere questo (difficile) percorso.

1. I requisiti per diventare arbitro

Per diventare arbitro di calcio, senza dubbio è necessaria una certa passione per questo sport, ma anche alcune condizioni obbligatorie per poter intraprendere i primi passi in questa carriera.

Bisogna innanzitutto essere cittadino della comunità europea, o extra comunitari ma con regolare permesso di soggiorno. Ma soprattutto è necessario avere un’età compresa tra i 14 e i 40 anni (come sappiamo infatti c’è un limite anagrafico per praticare).

Per i ragazzi fino a 18 anni, è possibile essere contemporaneamente sia calciatore sia arbitro (anche se ovviamente non si potranno arbitrare le partite della propria categoria o divisione).

Altro requisito necessario è avere un titolo di studio per le scuole dell’obbligo, così come l’idoneità alla pratica sportiva e non aver subito alcuna condanna penale (o sportiva).

2. A chi rivolgersi

Se si rispettano tutte queste condizioni, ecco allora che sarà possibile fare il primo passo, iscriversi a un corso dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA).

Il corso peraltro è completamente gratuito, per cui basterà compilare il modulo di iscrizione disponibile online, o direttamente in una della tante sezioni AIA.

Per sapere qual è la sede più vicina a voi, basta andare sul sito dell’AIA e verificare nell’apposita sezione (“Le Sezioni”). Generalmente ne troverete una in ogni capoluogo di provincia, ma anche dove sono presenti almeno quaranta arbitri.

Oltre al modulo di iscrizione, sarà poi richiesta una documentazione specifica che solitamente consiste in:

  • Modulo di iscrizione ai corsi
  • Modulo DASPO
  • Documento di identità e codice fiscale
  • 4 Foto-tessera
  • Autocertificazione per cittadinanza e pendenze penali (quando non espressamente il certificato per i carichi pendenti)
  • Certificato medico agonistico
  • Certificato Visus (esame della vista con almeno 6/10 di minimo)
  • Per i minorenni anche una copia del documento di un genitore

3. Il Corso AIA

Se si soddisfano tutti i requisiti e si ha a disposizione tutto il materiale richiesto per l’iscrizione, ecco che finalmente si spalancheranno le porte del corso per arbitri.

Il corso dura generalmente due o tre mesi e si baserà principalmente su alcune macro categorie: regolamento del gioco, preparazione atletica e qualche elemento di medicina ed alimentazione sportiva.

Al termine dei corsi, ogni partecipante dovrà sostenere un esame composto anche questo da un paio di step successivi: un test in merito proprio al regolamento di gioco, un esame orale con tanto di commissione e una prova pratica di idoneità atletica ma anche di dinamiche di movimento all’interno del campo da calcio.

Se le prove saranno giudicate di livello idoneo, si sarà ufficialmente affiliati come arbitri nell’elenco della sezione in cui abbiamo svolto il corso, con tanto di tessera federale AIA.

4. Iniziare la gavetta

Da questo momento siamo arbitri a tutti gli effetti e possiamo già cominciare a scendere in campo nella categorie minori (cominciando dai giovanissimi). Inizialmente affiancati da un “tutor” di maggiore esperienza (anche per dare una mano riguardo alla compilazione dei referti di gara e dei vari iter burocratici), poi via via in solitaria.

Questa prima fase, ma in generale tutta la carriera di un arbitro di calcio, è tutt’altro che rapida e veloce. Per mantenere i privilegi e l’iscrizione federale, dovrà garantire non solo la partecipazione alle riunioni tecniche (un paio ogni mese), ma anche una soglia minima di arbitraggi durante l’anno, che verranno monitorati da alcuni commissari impegnati proprio nella valutazione e da cui dipende eventualmente, il passaggio di categoria (in alto o in basso che sia).

Un sistema a scalini che privilegia l’esperienza e la pazienza, visto che scalare il livello non è mai impresa facile e la vita media di un arbitro non è poi così lunga (specie se si inizia tardi).

5. Benefit e guadagni

Un mestiere difficile, con rare soddisfazioni e per di più, anche una remunerazione tutt’altro che faraonica, specialmente se si battono campi non proprio sotto le luci della ribalta.

Certo la tessera arbitrale consente di poter accedere gratuitamente in tutti gli stadi nazionali durante le partite di calcio (almeno quelle organizzate dalla FIGC), ma c’è poca altra gloria.

L’unico compenso su cui può contare infatti, è quello della indennità di trasferta, che varia ad ogni partita in base al numero di chilometri necessari per raggiungere il luogo dell’incontro. Parliamo di un range che va da 30 a 80 euro di media (dai 25 ai 300 chilometri) per tutte le categorie fino alla Serie D.

Salendo in Serie C invece, l’arbitro guadagna di media 200 euro per ogni partita, a cui vanno aggiunti un paio di buoni pasto (50-60 euro) e un rimborso spese di circa 0,2 centesimi per ogni chilometro di distanza.

Numeri comunque ancora molto contenuti, che solo nelle due principali competizioni italiane diventano un po’ più alti. Nella serie cadetta si parla di circa 1.700 euro di compenso a partita (più i rimborsi come nel caso precedente), mentre la massima ambizione di poter dirigere le gare di Serie A, riceve una remunerazione (lorda) di circa 3.800 euro a partita (meno per gli addetti al VAR, circa 1.500 euro a partita).

Diverso il discorso per le competizioni a eliminazione, come la Coppa Italia per esempio, con compensi dai 1.000 euro degli ottavi, fino a 3.800 per la finalissima. Stessa cosa per gli arbitri che riescono a essere inseriti nelle liste internazionali, con la Champions che regala dai 4.800 ai 5.800 euro a partita.

Va detto però, che come è facile immaginare sono davvero pochissimi gli arbitri che riescono ad arrivare a questi livelli, e che per la stragrande maggioranza dei casi, quella casacca sarà indossata prevalentemente per pura passione.