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Il 31 maggio 1998 resta per molti il momento più alto mai raggiunto nella storia del basket a Bologna, la città italiana che più di ogni altra è legata a questo sport. E che, non a caso, è definita Basket City.

Quell’ultimo giorno di maggio, si giocava gara 5 della finale Scudetto tra Virtus e Fortitudo, la prima nella storia del nostro campionato. Un evento già memorabile, reso unico da un canestro che decise quella partita e lo Scudetto, diventando un momento epico di sport, raccontato oggi in libri e podcast, conosciuto da tutti come “il tiro da 4 punti di Danilovic”.

Il momento storico e Danilovic

La Virtus era in vantaggio nella serie finale per 3-1 e necessitava di una vittoria per assicurarsi il titolo di Campione d’Italia. La partita fu molto combattuta e alla fine a prevalere fu proprio la squadra bianconera, che chiuse con il punteggio di 86-77 un match e un’annata clamorosi. Ma noi vogliamo concentrarci su altro: sul protagonista di quel match e di quel tiro: Pedrag Danilovic, detto Sasha.

Fu uno dei più grandi campioni del basket dell’epoca, che la Virtus Bologna ebbe il privilegio, l’ardore di prenderlo e la fortuna di avere tra le sua fila dal ’92 al ’95 e successivamente dal ’97 al 2000, dopo due stagioni di intermezzo in Nba tra Miami Heat e Dallas Mavericks. Giocatore che portò la V Nera a vincere 4 campionati, una Coppa Italia e una Coppa dei Campioni, nonché fenomeno che con la nazionale vinse 4 ori europei e un argento olimpico (Atlanta ’96).

Sasha era uno che si prendeva sempre le proprie responsabilità, un talento abbacinante e trasversale, a volte ondivago ma tremendamente decisivo, come fu in quell’occasione, quando segnò QUEL canestro, quello che cambiò la storia.

Il tiro da 4

Il momento chiave arrivò a 18.40″ dalla sirena di gara 5, quando il fenomeno serbo, con la Virtus in svantaggio di 4 punti, ricevette il pallone, si liberò da Wilkins, suo difensore, e segnò l’indimenticabile tripla con fallo che portò ai supplementari. Una giocata pazzesca, soprattutto perché Danilovic fino allora, in quella gara, fu sostanzialmente inutile: 7 punti con 3/5 da 2 e 0/5 da 3. Ma Messina, allora coach della Virtus, non ci pensò nemmeno un momento a toglierlo dal campo, sapeva che Sasha condizionava le scelte della difesa e, in qualsiasi momento, avrebbe potuto risolvere il match. Così fu.

Il “vantaggio” ulteriore fu che di fronte si trovò Dominique Wilkins, ex leggenda degli Atlanta Hawks, che in quella stagione fece vedere a sprazzi il suo talento, apparendo spesso svogliato. Quella gara 5, per importanza della posta in palio e per rendimento, fu la peggiore della sua annata, nella quale accusò anche una borsite al gomito destro, una scusa per un campione del suo calibro. Non riuscì a incidere in attacco, tantomeno in difesa, risultando dannoso proprio sul tiro decisivo, quello che cambiò il corso degli eventi. Messina lo sapeva bene, ecco perché costruì quell’azione per mandare Danilovic al tiro contro di lui. Il resto fu storia: arresto e tiro – con distanza che sarebbe stata da 3 anche in NBA – in faccia a Wilkins, che allungò la mano per sporcare il pallone, inducendo l’arbitro a fischiare (ancora oggi, senza un replay accurato, non si sa se fosse fallo o meno), mandando in lunetta Danilovic, che aggiunse al canestro da 3 il libero aggiuntivo, concretizzando quel leggendario gioco da 4 punti, che valse il supplementare.

Fu la giocata che, di fatto, consegnò alla V Nera il suo 14° scudetto, al termine di una partita, un derby, pazzesco, deciso poi definitamente dallo Zar negli ultimi 5′ con una penetrazione centrale, anche qui mal difesa ad Wilkins e la tripla della staffa, giocata meno mediatica della precedente ma altrettanto devastante.

Epilogo di un momento senza precedenti

La Virtus chiuse vincendo lì lo Scudetto e il 6° derby della stagione, a fronte dei 4 successi della F. Delle 10 stracittadine giocate, ben 7 terminarono con uno scarto inferiore ai 2 punti, o al supplementare, segno dell’equilibrio tra le due formazioni, che veniva di volta in volta spezzato dal talento dei singoli fenomeni che in quegli anni abbondavano sotto la Torre degli Asinelli. Bologna visse il punto più alto della rivalità cittadina che infuocò la fine del decennio più ricco e per molti versi spettacolare della pallacanestro italiana.

Il nome di Sasha Danilovic si erge tra i più grandi di quel periodo e di sempre, per la storia della Virtus Bologna e per tutto il basket europeo. E più passa il tempo, più il “tiro da 4” diventa leggendario, facendo scrivere di volta in volta nuovi testi con nuove curiosità prima inesplorate, facendo rivivere agli amanti della palla a spicchi un momento indimenticabile non solo per il nostro basket.