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“Ball don’t Lie!”. Chi almeno una volta nella propria vita cestistica non ha sentito questa frase? Letteralmente significa “la palla non mente” ed è stata in qualche modo coniata da Rasheed Wallace, uno che non si è mai trattenuto in campo. Atleta a dir poco fumantino, ha messo a referto una statistica particolare: 312 falli tecnici nella sua gloriosa carriera. Al di là di questo dato, che comunque fa capire il suo carattere esuberante, “Sheed” è stato uno dei giocatori più intelligenti ad aver calcato i parquet dell’Nba. E soprattutto, con lui in campo, i Detroit Pistons hanno vinto un anello nel 2004.

UNC e l’entrata in Nba

Nato a Philadelphia il 17 settembre 1974, Wallace frequentò la Simon Gratz High School, prima di essere notato e chiamato da UNC, la University of North Carolina, una delle più prestigiose d’America. Già si intuivano le sue capacità cestistiche: grande intelligenza in campo, spiccate qualità difensive e mani fatate, che gli permettevano, pur essendo un lungo di 210 centimetri per 100 chili, di segnare anche dalla lunga distanza con continuità.

Insieme a Jerry Stackhouse, anche lui atleta Nba dal 1995 al 2013, portò i Tar Heels alla Final Four Ncaa nel 1995: Corliss Williamson e Arkansas però sgambettarono UNC in semifinale, battendo gli avversari per 75-68 e ponendo fine al primo sogno della carriera di Sheed, autore di una doppia-doppia (10 punti e altrettanti rimbalzi, oltre a 7 assist).

Poco male, dato che nella stessa estate, precisamente il 28 giugno, l’ala/centro di North Carolina venne scelta con la pick numero 4, davanti a Kevin Garnett. I Washington Bullets decisero di scambiare Sheed già nella successiva stagione, cedendolo ai Portland Trail-Blazers: la carriera professionistica di Wallace poteva ufficialmente iniziare a splendere.

Le prime Western Conference Finals

A Portland, l’ala forte nativa di Phila giocherà per poco più di 7 annate consecutive, dal 1996 al 2004, per poi passare da Atlanta (una sola gara) ed essere girato subito ai Pistons. Sheed trascinò i Blazers ai playoff in ogni stagione in cui ha vestito quella canotta. La bestia nera di Portland in quegli anni si rivelò Los Angeles, sponda Lakers: i gialloviola eliminarono Portland al primo turno nel 1997, 1998, 2001 e 2002, oltre alle Western Conference Finals 2000 in una vera e propria battaglia. Wallace, infatti, divise lo spogliatoio insieme ad Arvydas Sabonis e anche alla leggenda Scottie Pippen, raggiungendo lo step delle Finals sia nel 1999 sia nel 2000. In entrambi i casi, i Blazers caddero contro la squadra che poi vincerà l’anello, ovvero gli Spurs e i già citati Lakers.

In particolare, la serie contro i gialloviola, guidati dal duo Shaq-Kobe in campo e da Phil Jackson in panchina, si risolse solo in gara 7: Wallace chiuse da miglior marcatore dei suoi in quelle sette partite a quota 23.3 punti e 7.3 rimbalzi, risultando un vero e proprio rebus per gli avversari e un totem difensivo per i suoi compagni di squadra, ma non bastò. Nell’atto finale, pur con un Sheed da 30 punti in 45 minuti, i Blazers, dopo essere stati avanti anche di 15, si infransero contro il muro dei Lakers, abili e cinici negli ultimi istanti a sigillare il successo – ormai storico è l’alley-oop di Bryant per O’Neal nel finale di partita.

I nuovi Bad Boys e l’anello

L’avventura di Wallace a Portland si concluse a metà della stagione 2003-04, quando venne scambiato ad Atlanta (come detto, solo una gara disputata), prima di spostarsi a Detroit. È proprio con la maglia dei Pistons che ottenne la gloria: Wallace creò un nucleo più che interessante insieme a giocatori del calibro di Rip Hamilton, Chauncey Billups, Tayshaun Prince e Ben Wallace, guidati in panchina dal leggendario Larry Brown. E dunque, quella Detroit rispolverò la storia, formando una sorta di Bad Boys 2.0, un gruppo solido mentalmente e unito in campo.

Quel roster riuscì a concludere la stagione regolare a quota 54 vinte e sole 28 perse, superando ai playoff Milwaukee, New Jersey e Indiana, prima delle Finals proprio contro i Lakers, la stessa franchigia che aveva sconfitto Rasheed nel 2000 (e non solo) quando vestiva la canotta dei Blazers. Sheed e Ben Wallace furono un duo resistente e concreto, come dimostrano i loro numeri alle Finals 2004: 13 punti e 7.8 rimbalzi per il primo, 10.8 punti e 13.6 rimbalzi per il secondo. Quei Pistons distrussero LA per 4-1 in una serie quasi mai in discussione, permettendo agli avversari di segnare solo 68 punti in gara 3, un vero e proprio capolavoro difensivo. Era il primo anello per Wallace, il terzo per la franchigia.

Nella stagione successiva, 2004-05, Detroit raggiunse nuovamente la finalissima, questa volta opposta agli Spurs di Duncan, Ginobili e Parker. Sul 2-2 nella serie, la gara che fece da spartiacque fu la numero 5: sul +2 a 9.4 secondi dal termine, San Antonio rimise in campo il pallone in attacco e Rasheed Wallace compì un errore fatale, ovvero raddoppiare su Ginobili e lasciare solo Horry, che segnò il tiro decisivo. Gli Spurs vinsero poi la “bella” e il titolo (4-3), lasciando a bocca asciutta i Pistons, volenterosi alla vigilia di un back to back.

Altro titolo sfiorato e il ritiro

Rasheed e i suoi Pistons rimasero una squadra di alta classifica nei tre anni successivi, raggiungendo in tutte e tre le occasioni le Eastern Conference Finals, senza però riuscire a tornare in finale. Nel 2006 furono i Miami Heat di Dwayne Wade e Shaquille O’Neal, poi campioni, ad estromettere Detroit dalla corsa; nel 2007 i Cavs di un brillante Lebron James si imposero ai danni del gruppo di coach Flip Saunders (che aveva sostituito Brown); nel 2008 invece furono i Celtics (anch’essi poi campioni) ad eliminare il quintetto dei Pistons.

Ancora una stagione, sconfitti da Cleveland al primo turno di playoff, e poi partì la ricostruzione della franchigia, con Sheed che finirà ai Boston Celtics, i quali, condotti in panchina da Doc Rivers, potevano contare sui Big Three, ovvero Garnett, Pierce e Allen (anzi i Big Four, se si considera anche Rajon Rondo). L’ala nativa di Philadelphia viaggiò a 9 punti di media e 4.3 rimbalzi in quella annata, contribuendo in maniera significativa al record più che positivo in RS (50-32) e, soprattutto, alla cavalcata playoff, in cui i Celtics agguantarono le Finals. I biancoverdi però si infransero nella finalissima, perdendo in una combattutissima gara 7 contro i rivali di una vita, i Los Angeles Lakers. Quello risultò l’ultimo anello sfiorato da Wallace, il quale, con ancora due anni di contratto, scelse di ritirarsi.

Sheed rimase lontano dai campi per circa due anni, poi firmò per i Knicks un contratto annuale, ma disputò solamente 21 partite prima che un nuovo infortunio lo fermasse per sempre. Concluse la sua carriera a quota 1109 gare disputate in RS e 177 ai playoff, sempre in doppia cifra per punti realizzati. E poi, la sua conoscenza del gioco lo portò ad ottenere alcuni incarichi da allenatore, iniziando la sua nuova carriera: nel 2013 fu assistente allenatore proprio ai Pistons, poi dal 2019 al 2021 accettò l’incarico alla Jordan High School di Durham, nel North Carolina, e infine diventò vice allenatore dei Memphis Tigers.