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Tra le figure definibili come leggendarie per la pallacanestro italiana, un posto speciale lo occupa sicuramente Pierluigi Marzorati. La sua è una storia vincente ma al contempo molto semplice, nata da una combinazione di talento, dedizione e una mentalità feroce che lo ha portato a diventare un’icona del nostro basket degli anni ’70 e ’80.

Marzorati è noto per essere stato uno dei pochi giocatori ad aver militato in un’unica società per tutta la carriera, sin dalle giovanili: la Pallacanestro Cantù.

Da Meda a Cantù: neanche 12 km per diventare un campione

Nato il 14 giugno 1954 a Meda, in provincia di Monza e Brianza, Marzorati ha iniziato col basket giovanile nella squadra dell’oratorio San Michele a Cantù, passando a 13 anni nelle giovanili biancoazzurre. Sin da piccolo si capiva che dietro a quel ragazzo serio c’era un grande talento, ma come ci insegnano i campioni di ogni sport: senza lavoro, dedizione e disciplina, il talento può anche servire a poco.

Svolte le giovanili in costante crescita, il suo esordio in prima squadra arrivò nel 1969, per la prima di 692 gare disputate con la maglia di Cantù in Serie A, con la quale ha realizzato 8659 punti. Di Cantù divenne simbolo oltre che punto di riferimento, raggiungendo diversi trofei: 2 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 4 Coppe delle Coppe e 4 Coppe Korac, risultando ad oggi l’8° giocatore per numero di presenze complessive e nei primi 20 per punti segnati nella storia del campionato italiano.

6 medaglie con la maglia azzurra

Un altro punto altissimo della sua carriera fu sicuramente il periodo legato alla Nazionale. Tra il 1970, anno del bronzo agli Europei U18 in Grecia, fino al bronzo europeo nel 1985 in Germania Ovest, ci furono altre 4 medaglie: 2 bronzi europei, 1 oro europeo in Francia nel 1983 e su tutti l’argento olimpico ai Giochi del 1980.

Il suo gioco elegante e intelligente lo rese un playmaker vecchio stampo che in campo sapeva fare tantissime cose, ma quella gli veniva meglio era fare canestro! I suoi compagni di squadra lo consideravano un leader naturale, per il talento, la visione di gioco ma anche per l’impegno sempre profuso, quello stesso che mise in età universitaria per conseguire la laurea in ingegneria civile – da qui il soprannome di “ingegnere volante”, che l’ha portato a esercitare successivamente la professione come progettista di impianti civili e sportivi.

Amato dai suoi tifosi, è sempre stato un giocatore in grado di farsi apprezzare anche da quelli avversari, mostrando rispetto e professionalità in ogni sua versione, in campo e fuori da esso. Dal 2010 al 2015 svolse anche il suolo di presidente del Comitato Regionale Lombardo del CONI, con il chiaro obiettivo di trasmettere, attraverso la propria esperienza, le linee guide verso un miglioramento del basket italiano.

Un personaggio positivo e di successo, che ha messo la propria impronta nella pallacanestro nostrana, diventando simbolo di Cantù, o come preferisce definirsi lui: portabandiera!